6 - La testimonianza dei demoni
Sono Marco e Luca a riportare l'episodio della guarigione di un indemoniato nella sinagoga di Cafarnao.
«Che vi è fra noi e te, Gesù di Nazareth? Sei tu forse venuto per perderci? lo so chi sei tu: il Santo di Dio», grida il demonio con parole in cui già risuona la disperazione per una lotta impossibile da sostenere, indicazione di una realtà nuova tale da determinare un vero e proprio capovolgimento di fronte nell'ambito dei valori presenti nella storia.
Non c'è niente che accomuni, in qualche modo, i demoni tesi a possedere gli uomini e Gesù, cresciuto a Nazaret in clima di piena libertà condividendo senza privilegi di alcun genere la vita e le responsabilità degli uomini.
Non c'è niente su cui poter far leva per cui tutt'un mondo posseduto dal demonio si ritrova impotente di fronte a chi, in perfetta libertà, si abbandona alla Vita. Tutt'un mondo di uomini abituati a trattare con gli altri sulla base dell'interesse, del denaro, mondo legato alla stessa strategia di possesso, di strano e terribile desiderio di un amore impazzito fino a compiacersi della schiavitù degli altri. Abitudine ormai incallita, che tutto ha un prezzo e tutto può essere comprato.
Gesù sfugge a questa logica e si propone agli uomini quale strada verso la libertà da tutto ciò che immiserisce l'uomo e lo rende oggetto da possedere, spazio da conquistare. In questo, la testimonianza dei demoni non poteva essere più precisa: «che c'è tra noi e te, Gesù di Nazaret?». Non c'è assolutamente nulla all'infuori dell'assoluta signoria di Cristo Gesù che sottomette anche la potenza dei demoni.
Ed è in questo clima che si sviluppa la lotta, scontro tra tenebre e luce che avvolge questo mondo. La unica lotta possibile è, per il mondo posseduto dal demonio, la lotta fino all'annientamento e alla distruzione. Com'è avvenuto contro Gesù. Gesto disperato di chi, sentendosi impotente nell'affrontare un problema, tende inevitabilmente a liquidarlo uccidendo e togliendo di mezzo chi si oppone a questo modo di risolver le cose.
Non c'è da attendersi un diverso atteggiamento oggi dal mondo del potere e del denaro verso chi lotta per una coscientizzazione ed una liberazione autentica degli uomini. Il morire, l'essere schiacciati giorno per giorno è dimensione di lotta da prendere molto sul serio: e bisogna esservi preparati per poter resistere. E' quasi destino inevitabile per chi si pone su una certa strada. E' insieme testimonianza delle tenebre sconvolte dall'apparir della luce.
L'essere diversi dagli altri, spesso in pesante solitudine, è dura fatica che prepara e accompagna questo morire per le violenze di un mondo che non vuole cedere. E' tattica ormai collaudata da parte di un mondo che non si ritrova con chi crede nella liberazione, l'isolare chi lotta perché questa liberazione avvenga. Fino a tendere il sottile agguato di un dubbio che si insinua nel cuore: perché sei diverso dagli altri? che sono queste parole e queste idee, da dove ti vengono? E poi tutta questa sicurezza nella verità di ciò che affermi, da dove ti viene?
Arte consumata per far crollare ed uccidere dentro il cuore ciò che in libertà vera vi cresce. Tentativo sempre ricorrente per ricondurre posizioni irriducibili al livello di differenze non più scandalose. Questo mondo di tenebre non può sopportare la luce. Questo mondo che si regge sul dominio del denaro e della proprietà non può sopportare chi vi giuoca la vita in piena libertà. Chi si sente chiamato a lottare è bene che non si illuda; non solo: deve considerare tutto questo come normalità d'esistenza, come il quotidiano da affrontare.
don Luigi
in Lotta come Amore: LcA ottobre 1972, Ottobre 1972
Luigi Sonnenfeld
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