Obiezione di coscienza, segno dei tempi

Abbiamo ricevuto dalla famiglia di un obiettore di coscienza, detenuto in un carcere militare italiano, il testo di una lettera anonima passata tranquillamente tra le maglie della censura: segno del clima repressivo contro chi compie certe scelte.
"Quello che la gente non sa è quello che avviene entro le carceri militari. Per gli obiettori hanno instaurato un regime di oppressione e di vessazione ossessiva da non credere. Non ultima l'introduzione di lettere anonime (di cui allego copia) quando molte lettere più attese per gli obiettori non vengono consegnate".
Questo il testo anonimo:
"X, ti sta bene! Pensi di esserti comportato da "eroe" mentre sei soltanto un mezzo uomo, un mentecatto che si mette contro corrente per sentirsi importante; ed ora paghi giustamente le tue colpe.
Aspettiamo con ansia che tu esca dal carcere per darti la "parte" di nostra competenza che ti meriti e possiamo assicurarti che non saremo affatto teneri.
Ti faremo rimpiangere la permanenza in galera e così ti passerà la voglia di agire da vigliacco.
Un gruppo di giovani che ti disprezza

Questa lettera e la situazione che essa esprime, ci offre l'occasione - anche se molto amara - di riflettere su questo problema che a noi sembra non solo degno del massimo rispetto, ma soprattutto di essere approfondito e offerto alla ricerca di tutti i cristiani, specialmente dei giovani.
E' chiaro che tutta la lotta al militarismo e allo spirito di guerra non può esaurirsi e limitarsi al puro fatto di dire di NO alla leva militare: la lotta perché sia autentica - bisogna che abbracci tutti gli aspetti della struttura sociale e politica e impegni molto profondamente la propria vita fino a caratterizzarla in tutte le scelte.
Certamente il rifiuto di coscienza di "servire la patria in armi" da parte dei giovani obiettori è una fase molto seria di questa lotta: vorrei cercare di cogliere il significato essenzialmente evangelico, cristiano, della testimonianza di tutti quelli che hanno fatto una simile scelta a seguito delle loro convinzioni religiose.
Mi pare, anzitutto, che essi ci ricordano che credere in Dio, accogliere Cristo nella propria vita non vuoi dire alienarsi dalla realtà, fuggire dallo scontro col mondo così come secoli di storia lo hanno modellato, appartarsi in una beata tranquillità dello spirito. La Fede in Dio ha lo spessore della vita, deve fare i conti con le leggi degli uomini, discuterle, metterle in crisi e quando è necessario ri-fiutarle.
Con questo, l'atto di Fede in Dio Padre di tutti, in Cristo fratello per tutti, diventa un atto che qualifica la propria esistenza, uscendo dal segreto del proprio cuore e venendo apertamente alla luce. Anche se ad uno sguardo superficiale può sembrare il contrario, il merito dei giovani obiettori mi sembra proprio quelle di offrire l'immagine di un cristianesimo impastato nel tessuto storico dell'esistenza, di una vita giocata e impegnata nei valori del Regno di Dio al "di dentro" del corso delle vicende umane. Il loro NO non ha il sapore di una fuga, di una ritirata: significa l'accettazione cosciente dell'ambiguità della realtà, della necessità dello scontro, della libertà, dei liberi figli di Dio che non si piegano davanti alle discutibili tradizioni umane.
Questa opposizione radicale alla legge con cui gli uomini del potere costituito hanno sempre cercato di contrabbandare la difesa della pace, diventa perciò il segno di una Fede nella potenza dello Spirito di Dio, di una fiducia in un uomo diverso. In una umanità non più reciprocamente omicida. Essi rendono più credibile il sogno di Dio: «Venite, saliamo al monte del Signore .... Egli giudicherà le nazioni e a popoli numerosi detterà le sue leggi; così che trasformeranno le loro spade in vomeri e le loro lance in falci. Un popolo non alzerà più la spada contro un altro, e non impareranno più l'arte della guerra». (Isaia 2, 3-5)
Questa scelta acquista così le caratteristiche di una luce - anche se appena appena percettibile - che diffonde sulla casa della famiglia umana, affogata ancora così tanto dal sangue fraterno, la Speranza di una creazione nuova. Creazione rifatta a misura dell'immagine dell'uomo che Dio ci ha rivelato in Gesù Cristo: uomo vero, pienezza di umanità, segno chiarissimo di che cosa Dio abbia inteso quando disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza". (Gen. 1, 26)
Il loro gesto, che spesso finisce nella solitudine e nell'isolamento di una prigione militare e nell'indifferenza della maggior parte dei cristiani, ricorda il gesto del seminatore che spande il suo seme senza guardare troppo dove va a cadere. Saranno pietre o spine a soffocarlo e a farlo morire; ma sarà anche terra buona dove maturerà il frutto della Pace. Di fronte all'impazzimento di tutti quelli che sotto segni diversi dominano le nazioni e asserviscono il popolo agli interessi del loro potere, il NO di questo piccolissimo gruppo di giovani che dichiarano di credere nella Pace allarga il cuore. Una Pace che deve poter nascere dalla fraternità, dall'amicizia, dalla collaborazione e soprattutto dalla Giustizia - e non dai cannoni, dalle bombe e dai cimiteri di guerra: ciò rende più credibile la Parola di Cristo e fa affiorare sulla terra bruciata dalle divisioni la sorgente d'acqua che ha il sapore del Regno di Dio. La scelta degli obiettori è anche un atto d'accusa per tutti i compromessi di cui è piena fino ai nostri giorni la storia della comunità cristiana. Essi sono nella Chiesa stessa "segno di contraddizione". rivelando le infedeltà di un sacerdozio compromesso col potere militare fino ad essere da quello mantenuto e protetto; di un popolo cristiano che non si ribella alla legge della guerra, che non reagisce di fronte alla produzione delle armi, che non lotta contro lo spirito militaresco di tante manifestazioni. I giovani obiettori sono senza dubbio, da diversi anni, un appello concreto a tutta la Chiesa: ci invitano a una conversione del cuore, a lasciarsi invadere dal sogno di Dio, a credere all'impossibile. A credere che se le nostre mani sono incapaci di costruire la Pace, Dio è capace di crearla se gli offriamo le nostre mani. * * * Raccogliere l'obiezione di coscienza come "segno dei tempi", quindi come frutto della continuazione creatrice dello Spirito che plasma e dà forma alla storia, comporta senza dubbio renderci conto come per il cristiano il fronte dell'obiezione che nasce dalla coscienza alimentata dalla sorgente evangelica sia vasto e profondo. Le obiezioni di coscienza sono davvero molteplici: c'è tutta una realtà d'esistenza, un modo di pensare e di vivere contro cui ci è chiesto di essere in continuo, tenace stato di obiezione. Il cap. V di Matteo ne è un'indicazione chiara e precisa, come del resto tutta la vita di Gesù. L'immagine del credente che viene su dal confronto serio e scoperto con la Parola di Dio non è davvero quella di un uomo pronto all'accordo con tutti, ad accettare e a condividere ad occhi chiusi le idee, le leggi, le sistemazioni dell'esperienza umana: è un uomo che non può esser disposto a servire a due padroni. Non è neppure in pace con se stesso: egli sa che alla radice del proprio essere gli è richiesto di formulare la prima obiezione di coscienza: «Se uno vuoi venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi la perderà per me, la ritroverà». Obiezione radicale al possesso del «se stessi»: offerta totale all'Amore da cui ognuno è nato e per cui è essenzialmente ordinato. Necessità di vivere in completa apertura agli altri, là dove è continuamente viva la Presenza di Dio: nel fiume della vita, nel procedere degli avvenimenti, nelle ferite e nella solitudine dell'umanità che ci cammina al fianco. Dentro tutto questo ribollire della storia, spesso portata avanti in modi così distorti e tanto lontani dalla Verità, dalla Giustizia, dall'Amore, il cristiano sa che spesso l'unico modo che gli resta per continuare l'opera di salvezza è quello di obiettare, di pronunciare di fronte ai propri fratelli il NO che nasce dal cuore di Dio. Tutto questo gli può procurare persecuzioni, odio, incomprensioni, scomuniche; gli può comportare la croce e costare anche la vita: «Vi condurranno davanti ai tribunali, sarete flagellati nelle sinagoghe e comparirete davanti ai governatori e ai re per causa mia, a rendere testimonianza davanti a loro» (Mc. 13, 9). Ma se l'obiezione nasce dall'Amore per i propri fratelli e dalla tenace volontà di rendere testimonianza al Signore della storia, questo dolore sarà come le doglie della madre che dà alla luce il figlio. Sarà un dolore attraverso il quale Dio continua a generare la nuova umanità, a preparare «nuovi cieli e nuove terre».


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA settembre 1972, Settembre 1972

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