Vorremmo mantenere viva l'attenzione del cuore - e quindi raccogliere tutto in una autentica comunione - per tutto ciò che è successo in questi ultimi anni nella Chiesa del Brasile. E' storia di ieri e di oggi, che continua in una testimonianza di fede e in una lotta estremamente dura e pagata fino all'ultimo spicciolo. Ricordare questa Chiesa non è un fatto sentimentale né una commemorazione: è necessità di un confronto di fede con la vita e l'impegno di uomini e donne, sacerdoti e laici, saldamente legati al destino del loro popolo in nome di Cristo, pugno di lievito mescolato e confuso nella pasta umana del proprio paese, nel processo storico che vi si va svolgendo,
Per noi significa spingere lo sguardo sotto la superficie degli avvenimenti e cercare di leggere i segni che il tempo matura, di contemplare i germi di vita nuova che lo Spirito di Dio fa esplodere, la nuova costruzione che lentamente emerge dalle rovine della vecchia casa. " Là sta agonizzando la vecchia Chiesa; là - nelle carceri e nelle favelas - vere nuove catacombe - sta nascendo la Chiesa dell'avvenire".
Accanto alla Chiesa compromessa col potere politico, con i privilegi e la tranquillità che il sistema le assicura in cambio del suo silenzio, e quindi sottomessa allo spirito del mondo, c'è tutto un popolo di uomini che rifacendosi direttamente a Gesù Cristo, alla sua parola e alla sua vita, alla sua lotta, hanno legato il loro destino di fede al destino dei poveri, degli oppressi, dei dimenticati, degli ultimi.
Una Chiesa quindi che diventa, per la strada della croce, proposta concreta, sperimentabile, di liberazione umana, luogo storico della rivelazione di Dio, prolungamento vivente dell'Incarnazione del Figlio di Dio che si manifesta in tutta la sua pienezza di Figlio dell'uomo.
IL SEGNO DEI CHIODI
Le carceri del Brasile hanno visto passare fra le proprie mura, in questi anni, molti cristiani. Tanti di essi vi si trovano tuttora. La polizia ha torturato atrocemente uomini e donne che stavano aiutando il popolo a prendere coscienza dello sfruttamento e dell'ingiustizia che lo schiaccia, della dignità e libertà a cui è chiamato. Lo «squadrone della morte» - un corpo di polizia specializzato in omicidi - ha assassinato sindacalisti, sacerdoti, militanti. Parecchi preti stranieri sono stati espulsi come "sovversivi" e nemici del Brasile.
Questa Chiesa brasiliana perseguitata, torturata, crocifissa (insieme a tutti gli altri "affamati di giustizia" ugualmente colpiti) porta nella propria carne il segno che autentica la sua testimonianza di fede e la fa serva obbediente del suo Signore, profondamente unita alla sua crocifissione. Così essa aggiunge ciò che manca alle sofferenze di Cristo per realizzare pienamente il disegno di Salvezza che non può avvenire fuori di altro segno che non sia quello dei chiodi. Solo le mani squarciate di Cristo e il suo petto spaccato provano la profondità del suo Amore, di quanto Dio abbia amato il mondo in Lui, autenticamente uomo nuovo, esistenza umana perfettamente rispondente al pensiero del Creatore, emerso dall'abisso della più totale umiliazione e del più assoluto schiacciamento. E sono le sue ferite, il suo corpo sacrificato e il suo sangue sparso per Amore - per fedeltà cioè a ciò che l'uomo e l'umanità dev'essere - che diventano il segno credibile della sua Resurrezione.
I cristiani brasiliani, segnati così duramente dalia lotta, portano l'annuncio di un mondo nuovo che matura e cresce lentamente, tessuto nella fedeltà coraggiosa e tenace al Dio di Gesù - al Dio che sceglie le cose deboli e quelle che non sono per confondere quelle che sono - e che in Lui ha preso il volto dell'uomo dei dolori, oppresso e fiaccato, disprezzato e respinto, caricato della salvezza di tutti, " per le cui piaghe siamo stati guariti".
E' una Chiesa diversa che appare, una Chiesa che non si siede più alla mensa dei potenti, che non accetta compromessi con i padroni del momento, che non si dimentica dell'uomo ferito dai banditi lungo la strada e non vuoi passare oltre. «Sarebbe gradito al governo che la missione della Chiesa fosse puramente spirituale e che essa trattasse gli uomini come fossero angeli, e che il buon samaritano avesse preso cura soltanto dell'anima dell'uomo ferito. Sarebbe molto gradito al governo che la Chiesa dicesse che non può immischiarsi nella politica e che poi collaborasse col governo. Tutto ciò sarebbe molto gradito; ma non sarebbe la Chiesa... Non possiamo accettare di essere dominati, non possiamo accettare di essere repressi. Accettare questo significa accettare di essere meno uomini, accettare la dominazione del peccato, poiché qualsiasi oppressione è peccato. Accettare questo è negare la creazione e la redenzione, negare che siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio, non più schiavi del peccato ma definitivamente liberati da Cristo. Non si può incrociare le braccia davanti alla situazione in cui è stato messo il Brasile: è nostro diritto lottare contro questa situazione», (cristiani del carcere «Tiradentes»)
E' una Chiesa liberata dalla paura di perdere se stessa, sicura di potersi ritrovare soltanto così. Sicura soprattutto di poter essere solo così Chiesa di Gesù Cristo.
A FIANCO DEI POVERI
«Amici miei, quando voi mi dite: "noi siamo al vostro fianco, padre", io non ne sono felice. lo sono felice quando voi gridate: "noi siamo tutti a fianco dei poveri" » (mons. Pragoso).
Se in Brasile ci sono dei cristiani perseguitati, e alcuni anche uccisi, il motivo è tutto nella scelta che essi, nella fedeltà allo Spirito di Dio, hanno compiuto: "saremmo cristiani se non dessimo ascolto alla voce del nostro fratello che chiama dalla terra?". Scegliere i poveri, gli umili, quelli che non contano e non hanno niente, i rifiutati e gli schiavi, mentre costituisce un atto essenziale del credente, porta con sé inevitabilmente la persecuzione. In un mondo pieno di contraddizioni e di ingiustizie, frantumato dalla divisione e dallo sfruttamento. posseduto dai demoni del denaro, del privilegio, della forza, il fatto di mettersi a fianco dei poveri, assumendone il destino e giocandovi il proprio, costituisce uno scandalo e attira la croce. Per questo è un atto fondamentale per il cristiano, un appuntamento che non può essere evitato, perché ripropone - incarnandola - la consacrazione di Gesù Messia e Liberatore: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo egli mi ha consacrato, per evangelizzare i poveri mi ha mandato, a guarire i contriti di cuore, ad annunciare ai prigionieri la libertà, a restituire ai ciechi la vista, a rendere liberi gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore".
Non sono parole, ma la storia fatta carne e sangue del Figlio di Dio, la dimensione salvifica del suo farsi uomo, la dilatazione dell'Incarnazione a tutta la realtà drammatica dell'esistenza, il compimento del disegno di Dio nel vivo tessuto della pasta umana. Una Chiesa che riscopre questa dimensione e vi aderisce dal più profondo di se stessa, non può non assomigliare al chicco di grano che viene macinato prima di diventare pane. Essa diventa realmente "il corpo di Cristo", dono di liberazione per gli uomini, fuoco vivo dove si fondono le catene che serrano le braccia di tutti i prigionieri.
UNA SPERANZA CHE NIENTE SPEZZA
«Io chiedo a Dio per voi, per me che sono debole come tutti voi, di mantenerci in una speranza simile a quella che Egli ci ha rivelato per mezzo di Gesù Cristo, Suo Figlio. Una speranza che non indietreggi di fronte a nulla». (mons. Fragoso)
La Chiesa che ci viene incontro da questi anni di storia brasiliana, la Chiesa incatenata in carcere, seviziata dalla polizia, la Chiesa perduta tra la folla dei poveri contadini del Nord-est, nelle cinture delle grandi città traboccanti di miseria e di fame, assomiglia a una madre che custodisce in sé, nel misterioso calore del suo grembo, i germi di una vita nuova, di una speranza senza fine. I suoi dolori sono veramente quelli del parto, doglie che accompagnano la venuta di un uomo nuovo al mondo. Un uomo che non ha più i lineamenti dello schiavo, del dannato della terra, del servo, ma quelli del figlio, dell'uomo libero, dell'amico. E insieme all'uomo, è anche un cristiano nuovo che appare, mescolato col popolo, con le sue lotte, compromesso con la vita, quella che scorre nelle fabbriche, nelle scuole, nelle proprietà terriere, nelle foreste, nelle miniere. Un cristiano dalle mani aperte, senza difese e senza separazioni, che si vergogna di non farsi tutto a tutti.
"Devi solo guardarti dalla chiusura in te stessa, perché ti perderesti, come l'albero che rimane solitario nel deserto, ululando al vento, o come la conchiglia in fondo al mare, che si apre solo per dare rifugio alle alghe ed espellere i rifiuti. Ci sono uomini che vivono come questo albero e questa conchiglia; ma l'uomo è più di questo. L'albero dà i suoi frutti alla terra affinché nascano altri alberi e i frutti si moltiplichino. Ma tu e io e tutti quelli che amiamo, non abbiamo bisogno che qualcuno ci prenda: noi ci doniamo, ci offriamo ". Francisco Juliào, lettera dal carcere).
E' una speranza forte quella che sale su dalle tormentate vicende della Chiesa del Brasile; una speranza radicata profondamente in Cristo, che nasce come la sua da un abbandono totale alla potenza liberatrice di Dio, che non rifiuta la croce, ma vive in pieno i rischi dell'assunzione della vita umana, con una capacità di accoglienza in cui c'è posto per tutta la solitudine degli uomini.
Una speranza che è il segno di una fede che non vuoi dire separazione, una fuga, un ritirarsi fuori dalla vita, ma che invece agisce con urgenza sempre crescente, un immergervisi dentro, uno sparirvi interamente a seminare il seme di Dio.
E' una Chiesa che ci chiede di confrontarci con essa, molto seriamente, senza paraventi di prudenza né maschere: la sua speranza chiama in causa la nostra, la sua lotta coinvolge anche la nostra. La Parola che essa tenta di far diventare carne, anche a prezzo di lacerazioni dolorose, è Parola che ci chiama ad uscire dalle nostre pigrizie e a camminare sulla strada dove è in marcia il popolo dei poveri.
Essa ci fa comprendere che essere cristiani non vuoi dire entrare in una città ben custodita, ben protetta dalle sue leggi, dai suoi tribunali, dalle sue guardie, dai suoi templi e dai suoi sacerdoti. Comporta invece un entrare nell'unico spazio sacro che è l'Incarnazione del Figlio di Dio, per mescolarsi al grande fiume dell'esistenza, per appartenere per sempre al proprio popolo che è l'umanità, alla propria città che è tutta la terra, alla propria storia che è quella di tutti.
Questo vuoi dire, perciò, accogliere l'invito a lasciare il proprio angolo di pace per entrare in un terreno dove ci attende la lotta: lotta di liberazione, perché il popolo degli uomini sia un popolo libero da tutti gli idoli ai quali si pretenderebbe di sacrificar!o. Perché esso sia veramente popolo di Dio.
don Beppe
in Lotta come Amore: LcA maggio 1972, Maggio 1972
Luigi Sonnenfeld
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