Abbiamo letto su «Avvenire» del 13 maggio «le norme per la scelta dei Pastori della Chiesa».
A parte la tristezza e l'aridità così terribilmente burocratica del documento col quale la Chiesa intende provvedere agli Apostoli i loro successori e al popolo di Dio i suoi pastori (burocrazia giuridica, del resto, che disgraziatamente forse è inevitabile) ci impressiona sfavorevolmente che tutto il problema sia affrontato e interamente risolto nel breve giro del mondo ecclesiastico. Il popolo, il gregge, il governato, i cristiani, la gente credente, quella da evangelizzare, ecc. non rientra per niente in questo problema così fondamentale di Chiesa, di popolo di Dio. A meno che per popolo si intendano quei «laici (di cui all'art. 12 numero 2) prudenti e degni di fiducia, i quali posseggano sul candidato notizie utili da conoscersi» interpellanza da realizzarsi dal rappresentante pontificio a mezzo di questionario appositamente preparato.
E ci viene da immaginare, naturalmente perché siamo cattivi, che tipo di laici sono quelli sopra indicati.
A meno che non sia popolo di Dio chi possiede i non abrogati (nonostante il voto del Concilio Vaticano Secondo) «legittimi privilegi concessi o giuridicamente acquisiti e le procedure particolari approvate dalla Santa Sede mediante accordo o altra maniera».
Non abbiamo cultura sufficiente per precisare le cose (né ci interessa averla): pensiamo però che chi ha questi privilegi di interferire nientemeno che nella scelta dei Vescovi, non sia popolo o Chiese locali ecc; ma piuttosto governi concordatari. (Ci viene in mente il giuramento che i Vescovi italiani devono fare sul Vangelo al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica che, con tutto il rispetto, non giudichiamo né Chiesa, né popolo di Dio).
Ci è di enorme pena che ancora una volta non si sia tentato (non sappiamo nemmeno immaginare come, evidentemente, da quanto tutto è al di là anche di una possibilità di fantasia) di aiutare il popolo cristiano a prendere coscienza della sua responsabilità di Popolo di Dio nell'aiutare la Sacra Gerarchia a scegliere gli uomini che vi vivranno in mezzo come padre e pastore, fonte e garanzia della Fede di tutto il popolo.
Come ci è motivo di sgomento e quasi di umiliazione (è cosa sbagliata soffrire a causa di qualcosa nella Chiesa o è consigliabile fregarsene allegramente?) quella cantilena di referendum dell'articolo 6 n. 2 circa l'esame a radiografia totale, comprese le caratteristiche ereditarie, dei poveri candidati: «... se godano di buona reputazione, se siano di condotta irreprensibile, se abbiano retto discernimento, prudenza, carattere equilibrato e costante, se siano saldi nella fede ortodossa, se siano devoti alta Sede Apostolica e fedeli al magistero della Chiesa, se siano profondamente versati nella teologia dogmatica e morale e nel diritto canonico, se spicchino per la loro pietà, per il loro spirito di sacrificio e per lo zelo pastorale, se abbiano l'attitudine a governare. Occorre tener conto anche delle qualità intellettuali, del corso di studi compiuti, della sensibilità sociale, della disposizione al dialogo e alla collaborazione, della apertura ai segni dei tempi, della lodevole (sic) preoccupazione di restare al di sopra delle parti, dell'ambiente familiare, della salute, dell'età e delle caratteristiche ereditarie».
Abbiamo respinto la tentazione di commentare frase per frase «queste doti necessarie che distinguono un buon pastore d'anime e un maestro della fede» e ci teniamo nel cuore tutta l'amarezza di dover pensare che i candidati all' episcopato vengono vagliati con lo stesso crivello, su per giù, dei prefetti dei distretti provinciali, dei questori di pubblica sicurezza.
Ci verrebbe da aggiungere, dal momento che sono così tante, alcune altre indicazioni, facilmente trovabili nella Rivelazione, nella scelta degli Apostoli: nel grande e meraviglioso Mistero di Dio che sceglie uomini per farne uomini di Dio.
Ma da un decreto che è qualcosa da diritto canonico non c'è da aspettarsi qualcosa di diverso né qualcosa di più.
Vuol dire che tireremo fuori ad ogni nomina di Vescovo tutta la fede di cui siamo capaci per vedere in lui l'uomo di Dio e il segno di Cristo.
Confidiamo però assai nello Spirito Santo e crediamo che quello che è impossibile agli uomini o che gli uomini non vorrebbero (compresi gli uomini di Chiesa) è possibile a Dio e lo voglia la sua onnipotenza.
Successe così anche per l'elezione di Papa Giovanni.
don Sirio
in Lotta come Amore: LcA maggio 1972, Maggio 1972
Luigi Sonnenfeld
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