Fede che lotta

immagine:  Fede che lotta A lungo andare può darsi che questo nostro insistere sul tema della lotta, intesa e vissuta come precisa realtà di Amore e Amore imparato nientemeno che in una riflessione evangelica, in un approfondimento, contemplativo ed esistenziale, del Mistero cristiano, può darsi che sia giudicato come una fissazione, un dirizzone polemico, un tentativo cocciuto, quanto presuntuoso, di rimescolamento dell'acque chete e stagnanti del vivere cristiano da parte della Gerarchia, lungo tutto l'arco religioso della cristianità, fino alla rappacificante devozione popolare. Può anche darsi che sia così.
Potrebbe anche essere però (e lo speriamo tantissimo) un profondo atto di Fede, il nostro, un credere appassionatamente che il Cristianesimo, nonostante la scoloritura, la slavatura a forza di un rimanere diluito dentro la mediocrità, la banalità umana, possa significare ed essere concretamente, storicamente, un potente grumo di lievito da smuovere il mondo, una luce accesa da illuminare tutta la terra. E cioè una carica di valori di forza tale da investire una vita e impegnarla fino a costruirla interamente in una realtà di esistenza di pienezza e sovrabbondanza, che di più è impossibile. Una vita con capacità e concretezza di rapporti con il momento storico vissuto, con l'ambiente nel quale si è immersi, con tutta la realtà umana con la quale si è coinvolti, da poter esserci motivo di fiducia, prospettiva di speranza, ma specialmente realtà di coraggio capace di reggere a costo di tutto e d'impegnarsi fino ai limiti estremi.
Un immenso e coraggioso atto di Fede, dato che si tratta di credere nella realtà storica di Dio venuto a vivere la vita umana per ricostruirla in esistenza perfettamente rispondente al suo Pensiero, ma specialmente secondo il suo Amore. Un atto di Fede nel Cristianesimo, quindi, come pietra fondamentale, angolare, capace di reggere e sostenere tutta una concezione nuova e diversa della vita, nata e cresciuta non secondo gli uomini, ma da Dio e costruita dalla forze dello Spirito Santo, modellandola sulla vita storica e sulla Parola del Figlio di Dio fatto Uomo, Gesù Cristo.
Perché credere in Gesù Cristo, in fondo, vuoi dire semplicemente Fede nel tipo di vita, nella realtà d'esistenza, per se stessi, per gli altri, per l'umanità intera, progettato da Dio, vissuto da Gesù e da Lui proposto a tutti gli uomini. Fino al punto che l'essere credente in Dio vuol dire Fede che è Dio che ha creato l'uomo e la sua vita e il suo destino e l'essere cristiano vuol dire Fede in Gesù Cristo come indicazione vissuta e vivente del modo di vivere, realizzazione d'esistenza chiara, inequivocabile, concreta perché fedele continuità di Lui, delle sue scelte, della sua storia.
Tutta la Fede nel Cristianesimo non può non essere polarizzata e terribilmente impegnata nel credere che tutto Dio in Gesù e nello Spirito Santo si è coinvolto nell'umanità per costruirne Lui la storia.
Sono la luce del mondo, gridava e grida a tutti gli uomini Gesù Cristo, e sono venuto perché l'umanità abbia la vita, e l'abbia in sovrabbondanza.
Crediamo così perdutamente in Gesù Cristo, che ci angoscia con sofferenza indicibile la svalutazione, così ormai spaventosamente diffusa, del .Cristianesimo come possibilità di esistenza vera, come capacità d'impegnare responsabilmente tutta una vita. Non è creduto il Cristianesimo una strada sulla quale si può camminare sempre, dal primo all'ultimo giorno, dalla nascita alla morte, come camminando sulla propria strada, come camminando sulla strada degli altri, di tutti, del destino dell'umanità. Non è vivere accanto agli altri (assolutamente nessuno escluso) lottando la dura battaglia di ogni giorno, rischiando tutto ad ogni passo. Immersi nella folla, nella moltitudine, condividendo, fino ad ogni misura di richiesta, la sorte dell'essere uomo, dell'essere e riconoscersi umanità.
Una scelta di vita che non comporta, ma quasi dà l'impressione - e di qui nasce la respinta di complicare, di rendere difficile, per non dire impossibile, un coinvolgersi totale, in tutta la problematica umana, assumendone le responsabilità, i pesi e la gloria, la croce e l'incessante resurrezione. E l'inesauribile speranza.
E' sacrilegio che la prospettiva cristiana della vita che nasce da Dio che si fa uomo risulti e apparisca come una strana, mistificata disincarnazione. Come una inevitabilità di stare alla finestra a guardare. Accuratamente e prudentemente separati, custoditi e difesi. Lontani dai pericoli. A lavarsi continuamente ad acqua santa. Per una purificazione che in definitiva vuoi dire sollevarsi da ogni responsabilità, da ogni possibilità di rimanere compromessi, da ogni pericolo di macchiarsi vivendo come vivono gli altri, mescolandosi alla vita e al destino di tutti.
Gesù Cristo ha lottato terribilmente contro questo cristianesimo che ai suoi tempi si chiamava fariseismo, ma che in fondo è l'identica religiosità del cultualismo, del ritualismo, tendente a falsificare la vita rendendola «religiosa» e cioè letteralmente disumanizzata. Qualcosa che per onestà va semplicemente respinto. E assistiamo ad una respinta crescente ad ogni giorno che passa, specialmente per il venire avanti di una gioventù che ormai annusa anche da lontano il puzzo di candele e respinge un'idea di Dio, una scelta di Cristo, una realtà di Chiesa, una prospettiva esistenziale cristiana, che svuota la vita di una concretezza di valori umani, di scelte e responsabilizzazione a tutti i livelli, di possibilità d'incidenza storica nel momento in cui vive: vita svuotata da riempire poi di remissività e passività totali, con liturgie più o meno sentimentali, con devozioni sospirose e al massimo con impegni di opere buone.
Ci ribelliamo semplicemente contro questo svisamento di Cristo, contro questa svalutazione dell'esistenzialità del Cristianesimo.
E in questo risentirci, in questo scandalizzarci, specialmente se fatto a lamentele tipo riunioni di suore e di clero, o a toni più altisonanti a nostalgia apologetica fatta di stolti trionfalismi, ci ritroviamo tutti d'accordo. Dal Papa che parlando al mondo del lavoro, schiacciato com'è da tremendi problemi, parla di simpatia della Chiesa verso il mondo operaio nell'ormai battezzato e devozionalizzato 1° maggio, fino alla vecchietta ridotta a rosario nell'angolo di casa, ci troviamo tutti d'accordo nel constatare questa scissione della Fede dalla vita, della religione dalla storia e nel condannare quello spiritaccio laicizzante che s'infiltra ormai dovunque a deprezzare i valori della Fede, a disorientare da una fiducia nella Chiesa, a svanire sempre più le possibilità d'incidenza della Fede cristiana nella storia e cioè nelle scelte e nelle determinazioni della vita individuale, familiare, sociale, politica.
Essendoci stufati di piagnistei inutili che sarebbe invece più opportuno e lodevole sostituire, se non altro, con rammarichi cocenti di pentimento per responsabilità che ci crollano addosso, rimbalzate da un secolo all'altro della storia della Chiesa, abbiamo deciso di incaponirci a testardaggine che non ascolta saggi consigli, in un credere appassionatamente, e cioè con fiducia totale, che Gesù Cristo è ancora vivo e vivente a faticare nel mondo la costruzione cristiana della vita, la liberazione dell'uomo, la redenzione dell'umanità e non soltanto per la salvezza eterna, ma anche per un'esistenza storica, di ogni giorno e in ogni angolo della terra.
Evidentemente allora non è possibile non rifarci alla speranza che insieme alla fiducia in Dio, alla Fede in Gesù Cristo, conta e si affida tutta alla lotta.
Lotta inevitabilmente da portare e combattere là dove la chiarezza di Cristo è annebbiata. La sua iden-tità, pur annunciata con assoluta fedeltà dottrinalmente, è come introvabile e impresentabile per incrostazioni sovrapposte da strappar via impietosamente e cioè per Amore appassionato a Cristo e a chi ha infinito, vitale bisogno di Lui.
Non è più il tempo di carità untuosa, così miserabilmente polarizzante l'impegno cristiano fin quasi ad esaurirlo e buona soltanto a coprire piaghe nascoste purulente, a trattare i nostri mali con cataplasmi ammorbidenti, a scambiare vicendevoli rispetti che riescono unicamente a coprire o a smussare, arrotondandole, tremende responsabilità.
Responsabilità di ridurre la potenza creatrice e costruente d'esistenza umana degna di Dio e traboccante di Mistero di Cristo, segno evidente della sua resurrezione, capace di convincere l'uomo e l'umanità a tentare l'avventura di vivere la vita a esistenza cristiana, in una slavatura culturale e rituale, a complicazioni di giuridicismi a labirinto, ad amministratività di piccole e grandi aziende commerciali, a saggezze diplomatiche, a compromessi furbeschi, a salvezze personali, alla conservazione di privilegi, a devozioni promettenti, a grande religione lodevole e ammirevole per tante cose come la grande cultura teologica e umanistica, la potenza economica a livelli mondiali, l'organizzazione, almeno fin qui, veramente invidiabile..
E tante altre cose ancora che possono essere colte abbondantemente nel giudizio, impietoso e parziale quanto si vuole, ma giudizio della storia e dell'uomo che ti cammina accanto, nella fabbrica dove lavori, nella scuola dove studi, al bar dove prendi il caffè e se tu hai occhi per vedere e orecchi per ascoltare, ma specialmente anima anche appena capace di sognare il Mistero di Dio e di accendersi alla lettura del Vangelo, anche nella chiesa dove vai a pregare e nella Chiesa dove vai a cercare il segno di Dio.
Lottare semplicemente perché la Chiesa, popolo di Dio, sia la Parola di Dio che s'incarna nella realtà quotidiana della storia a viverne la vita, tutta la vita, per lievitarvi la speranza di un mondo diverso. Una Chiesa che cerchi, pagando qualsiasi prezzo e a misura di qualsiasi Croce, la liberazione dell'uomo lottando per la giustizia, ribellandosi alla sopraffazione, facendosi tutt'uno con l'oppresso, il povero, l'affamato di giustizia, chi si rifiuta contro tutto ciò che non è pace, il dissanguato dallo sfruttamento, l'ammazzato da qualsiasi polizia, lo sterminato da qualsiasi guerra...
La Chiesa, e cioè chi unicamente può farla questa ribellione e questa lotta a nome di Dio, sulla parola di Cristo, con la libertà e la violenza della Croce.
Per favore, non è questa azione sociale, temporalismo rivoluzionario, un lasciarsi andare a tentazioni sociologiche, un mescolarsi a confusionismi ideologici, un compromettersi con marxismi e materialismi, un benedire la rivolta e un consacrare la rivoluzione....
E' semplicemente realizzare in concreto e non mettere limiti alla lotta perché sia parola finalmente vera, e non una vuota e falsa parola, quella preghiera che diciamo continuamente con le labbra e mai ci compromettiamo e ci giochiamo la vita: Padre nostro. Dio padre di ogni uomo. Ogni uomo, ogni uomo, ogni essere umano figlio di Dio.
E' cercare di fare qualcosa, almeno un tentativo, almeno un tormentarcene dal desiderio, per obbedire all'unico comandamento che Gesù Cristo ha comandato ai cristiani: amatevi come io vi ho amato.
Ci vergogniamo a morte per questa incapacità di lotta a testimoniare che il Cristianesimo è Dio a co-struire la vita, a fare l'uomo uomo, l'umanità umanità. E non branco feroce condannato a dilaniarsi dentro un rinserraglio di dove è impossibile uscire altro che mangiati, divorati. Annientati perfino nei valori più fondamentali della vita, annullati fino ad una impossibilità di ribellione, di lotta, di tentativo a rovesciare l'enorme gabbione e ritrovarsi fratelli, figli tutti dello stesso Padre.
Gesù Cristo è questa violenza di Amore liberante. E' questo tentativo appassionato di fraternità umana. E' questa testimonianza adorabile di paternità divina.
Credere in Lui non può non voler dire lottare. E lottare fino a morirne. Per una risurrezione che è continuità di lotta. Finché non sia venuto il Regno di Dio.
Discorriamo incaponiti di lotta e non siamo capaci nemmeno di muovere un dito, nemmeno di rischiare un capello. E' rimprovero questo che nessuno ci fa, tanto meno ce lo fa la Chiesa, che anzi è in timore per noi già per il solo fatto che parliamo e scriviamo di lotte.
Abbiamo fiducia a poco a poco di trovare fratelli e amici, riuniti così tanto nel nome di Cristo da costringerci a vicenda a questa lotta.
Ci permettiamo, in questo numero, di guardare alla Chiesa del Brasile e imparare qualcosa, anche se può essere soltanto ad avere vergogna di noi.


La Redazione


in Lotta come Amore: LcA maggio 1972, Maggio 1972

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -