Ricordo la sua gioia quando, dopo circa 10 anni di lontananza, tornò a vivere alla Chiesetta del Porto. Era l'87, i quattro figli che aveva avuto in affidamento erano tornati dai propri genitori e per lui si ripeteva un ciclo della vita.
Tornava all'origine, in una casa dove aveva iniziato la sua grande avventura viareggina, là dove il richiamo di don Sirio lo aveva attirato, spingendo anche lui a vivere mescolato alla gente, mantenendosi con il lavoro delle proprie mani: una vita semplice ed evangelica, a servizio di molti.
In Chiesetta, in quegli anni, c'erano don Sirio, già malato, e don Luigi. E così Beppe tornò a riprendere il suo posto: lui uomo ormai fatto e padre di famiglia abitò nuovamente la sua piccola camera che si affacciava a guardare lo specchio d'acqua della darsena Toscana. Erano tanti gli oggetti e i libri che aveva accumulato, la cameretta ne traboccava e, nonostante la sua capacità di ordine, stava un po' stretto, ma non si lamentava. Anzi, da quando era lì, la casa risuonava nuovamente del suo buon umore, la sua abilità nel cucinare il pesce veniva apprezzata e il suo carattere affettuoso rasserenò gli animi nei tempi difficili della malattia di don Sirio.
Maria Grazia
Sento molto la sua mancanza. Non soltanto sul piano mio personale, quanto nei confronti di tutta la situazione che stiamo vivendo, nel quartiere, nella città, nel mondo. La mancanza di uno spirito dolce, disponibile, accomodante e, nello stesso tempo tenace dentro fino all'incredibile. Perché Beppe quando si metteva in testa qualcosa non stava a considerare le difficoltà più ovvie, e anche se ascoltava tutti, continuava con pazienza a portare avanti le sue considerazioni, le sue richieste fino ad ottenere non quello che era l'ideale, ma quello che concretamente era possibile.
E Beppe ci ha "intrecciati" tutti, ottenendo da ciascuno di noi qualcosa di concreto. Non per se stesso, che lui è stato davvero un povero. Ma per "i suoi ragazzi". Che non erano solo i portatori di handicap con i quali divideva il lavoro di impagliatura delle sedie. Ma anche gli zingari accampati dietro la piscina comunale, piuttosto che i primi "extracomunitari" che cominciavano ad abbaraccarsi sul nostro territorio. Le persone anziane sole, i giovani sbandati senza lavoro, i bambini senza una vera famiglia, gli uomini e le donne privati di ogni considerazione e stima, alle prese con difficoltà ricorrenti per la casa e il lavoro.
Il dono che Beppe ci ha fatto - la sua eredità -, è questo suo invito a spostare la nostra attenzione rispetto ai criteri della cosiddetta pretesa normalità di chi sta sul suo, ad una visione di condivisione di bisogni e di risorse nella comune condizione umana. Al di là di ogni differenza che spesso ci mette gli uni contro gli altri.
Luigi
in Lotta come Amore: LcA aprile 2008, Aprile 2008
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455