Sono dieci anni che il cuore di don Beppe Socci ha cessato di battere, schiantato da un infarto. Ma il ricordo di lui nella città, che si strinse in un abbraccio commosso il giorno del suo funerale al Palazzetto dello Sport, è sempre vivo, nella nostalgia della sua presenza calda e comunicativa di speranze, di sogni e iniziative di coraggiosa solidarietà.
Il suo grande cuore, la accoglienza sincera e partecipata di ogni realtà di vita povera, sofferta, dimenticata fino a farne motto del suo atteggiamento nei confronti degli altri (indifferente MAI), l'amore per il Gesù dei Vangeli, vera e propria stella polare della sua vita, sono stati i fili preziosi di momenti di memoria ravvivati dalla parola di fratel Arturo Paoli e sottolineati da canti, immagini, interventi.
Insieme ai dieci anni dalla morte di don Beppe ricordiamo i venti anni dalla morte di don Sirio. Anniversari che spingono a celebrazioni non del tempo che fu, ma della misteriosa permanenza più forte di ogni morire che attraverso il ricordo propone relazioni nuove che si alimentano nell'unico spirito di vita. No, non si vive di nostalgie ma di intrecci rinnovati, di confronti tuttora aperti. E questo parlare, sia pure nel silenzio, anche quando rinnova ferite credute ormai cicatrizzate, porta con sé lo stupore di essere parte di una avventura ancora attuale e ben lungi dall'essere esaurita: l'avventura umana che si affida e che spera nel sogno di Dio di una umanità giusta.
Ogni volta che ci avviciniamo ad una scadenza del tempo che rinnova il ricordo del fuoco acceso dalla storia di questa chiesetta, ci rendiamo conto di quanto calore ancora sprigiona la vita vissuta in una condizione di condivisione, di amore e di lotta. Suggestioni che parlano al cuore e attendono solo di essere raccolte e narrate con le parole di oggi. Non imitate, ma trapiantate; perché possano portare alla fame e alla sete di oggi il pane fresco e il vino forte di chi non si lascia imprigionare dalle complicazioni e dalle delusioni che sembrano rendere irrimediabilmente inutile ogni generosità.
Dieci anni, vent'anni.. e la consapevolezza che non possiamo troppo a lungo lasciare che il tempo passi invano, senza tentare un ricongiungimento con coloro con i quali abbiamo diviso e sogni e lotte e vita. E il cui ricordo ancora oggi ci intenerisce il cuore.
"Se noi glielo permettessimo" - è Sirio che ci richiama al valore del tempo che passa, in un articolo de La Voce dei Poveri del febbraio 1960, dal titolo: Il tempo ci fa tutti poveri - "il tempo ci trasformerebbe a poco per volta, proprio com'è nella sua natura. Può cambiare i nostri pensieri e rovesciare tante situazioni incresciose. Ammorbidire ed attenuare ogni durezza. Addolcire tanti dolori. Aprire e allargare tanti orizzonti. Piega tutto e prima o poi libera da tante illusioni e falsità e cattivi propositi. A poco a poco alza il velo di mistero e aiuta, senza nemmeno che sembri, a scoprire la verità. Ci spoglia di qualcosa ogni giorno e di qualcosa ogni giorno ci arricchisce. Tende a riportarci all'essenziale scavandocene dentro, come una goccia la pietra, profonde e misteriose esigenze. E conclude in ciascuno valori comuni a tutti: quei valori per cui l'uomo è uomo.
E' tutta colpa delle apparenze ogni differenza o ingiustizia, ma il tempo quando pazientemente le ha tolte tutte ad una ad una, scopre rassomiglianze perfette. Non possiamo rassomigliarci ed essere uguali per quello che abbiamo ma perfetta identità è in quello che tutti sicuramente non abbiamo e di cui tutti andiamo in cerca con ansia terribile: l'assoluto, l'immutabile, l'eterno".
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Nel tardo pomeriggio di venerdì 18 gennaio scorso, tanti amici hanno riempito il teatro Jenco nella Darsena, rispondendo all'invito della Chiesetta: "Ricordando don Beppe, incontriamoci per il 10° anniversario della sua morte".
Ho così introdotto l'incontro:
Maria Grazia ed io vi diamo il benvenuto, qui, insieme, nel nome di Beppe.
Dieci anni sono passati dall'intensa, indicibile emozione del suo funerale, per le vie della Darsena fino al Palazzetto dello Sport affollato come non mai.
E poi le fiaccolate, dalla Chiesetta a S. Andrea, passando davanti al Palazzo Comunale come simbolo dell'intera città. Percorsi sempre molto partecipati, intensi, vivissimi.
E poi? Silenzio?
Nooo.
Una per tutti, l'intitolazione - due (tre?) anni fa - della materna e della scuola elementare di Bicchio sulla vecchia Aurelia, la scuola don Beppe Socci. Abbiamo ascoltato la canzone scritta dagli alunni sulla musica di una famosa canzone di Lucio Dalla ed è solo un segno del lavoro bello e ricco di intreccio con la memoria di don Beppe, realizzato dai bambini e dalle bambine della scuola con il loro corpo insegnante. Perché la memoria si mantiene viva se viene offerta alle nuove generazioni perché la possano raccontare con le loro parole e i linguaggi sempre nuovi. Qualcosa di simile toccheremo con mano stasera andando da qui alla Chiesetta del Porto per vedere come dei giovani studenti delle scuole d'arte, cui abbiamo raccontato le storie di Sirio e di Beppe, hanno tradotto in disegni e colori la loro memoria.
Ma intanto abbiamo bisogno noi, tutti noi, di rinnovare la memoria di Beppe, ascoltando le sue parole, le sue espressioni che ci invitano a chiudere gli occhi e a rivederlo così come l'abbiamo conosciuto e amato. Non ci pare debolezza sentimentale se, per un momento, ci lasciamo andare e ci avvolgiamo nel ricordo di lui come in una calda coperta che ci preserva dai venti freddi della fatica di esistere.
Leggo un suo intervento sulla rivista dei Pretioperai della fine del 1995, intitolato proprio
Un'esistenza che resiste.
"Il mio intervento sarà molto semplice: prima di tutto vorrei esprimere una sensazione di profonda "meraviglia" per aver "resistito" fino ad oggi in un cammino che, nonostante tutte le difficoltà, non si è mai interrotto.
Certamente, la comunione profonda con gli amici con cui mi è stato dato di condividere la strada (Sirio prima di tutto) è stata l'elemento di forza della mia possibilità di resistenza, insieme all'amicizia ed alla "vicinanza" dei miei compagni di lavoro, delle persone semplici, dei poveri, di tanta gente con la quale mi è stato concesso di vivere e di incontrarmi. Soprattutto credo mi abbia aiutato a resistere in una scelta di vita sacerdotale, molto poco raccolta dalla Chiesa nel suo insieme, il sentimento di grande "accoglienza" che ho trovato nella realtà del lavoro, tra i contadini, i pescatori, gli operai, la "gente semplice": sentirmi accolto da loro è stata per me una energia grandissima.
L'altra cosa che vorrei dire è "un'immagine": proviamo ad immaginare un albero che rappresenta l'Esistenza. Se alla parola Esistenza aggiungiamo una "R" ecco che abbiamo la parola Resistenza!
Praticamente la Resistenza è l'Esistenza con l'aggiunta di una "R" (prendetela come una specie di "gioco" linguistico!). Basta aggiungere una "R" e l'albero dell'Esistenza acquista tante dimensioni, valori, significati, prospettive che formano l'insieme delle forze che possono aiutarci a far sì che l'Esistenza diventi una Resistenza. Sono davvero tante le realtà che si legano nel complesso cammino della vita: l'albero diventa allora il simbolo più espressivo di questa dimensione del cammino di chi cerca di "resistere": l'Esistenza con la "R" può consentire allora di non perdere mai le proprie radici, di non demordere dalla ricerca, dal rinnovamento, dalla passione per una continua rivoluzione, per rinascere, rifiorire, risorgere. Ed anche, quando giunge il momento stabilito, per una resa onorevole!
L'ultima cosa, la vorrei esprimere con la parola di una poesia che mi sembra particolarmente adatta al nostro tema e può indicare con forza dove riposa l'energia necessaria per "resistere".
don Beppe
Ci siamo ri-scaldati?
Possiamo allora toglierci di dosso la coperta dei ricordi e trasformarla in piccolo magico tappeto volante sul quale sentirci portare al cuore dell'avventura umana nelle parole forti di un uomo, giovane da più di 95 anni, fratello Arturo Paoli, amico da sempre di Sirio e che ha avuto agio di incontrare anche Beppe durante i suoi viaggi in Italia dall'America Latina, sua terra di lotta e testimonianza.
Luigi
Luigi
in Lotta come Amore: LcA aprile 2008, Aprile 2008
Luigi Sonnenfeld
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