Ho ancora un sogno

Martin Luther King è morto il 4 aprile 1968.

Sono già passati quattro anni da quando egli fu assassinato a Memphis, mentre portava avanti la lotta per la giustizia, alla testa di un movimento che aveva trovato migliaia di uomini disposti a combattere l'ingiustizia senza tentare di distruggere I'avversarlo. Con la ferma, testarda speranza che la luce avrebbe vinto le tenebre, che "i fratelli bianchi gravemente ammalati" si sarebbero lasciati curare. Una lotta tirata avanti fra mille pericoli, alimentata continuamente da una fede profondissima in Gesù Cristo.
Chi lo ha ucciso sembra abbia avuto partita vinta. L'America continua ad essere tutt'ora immersa fino al collo nell'ingiustizia. La logica della violenza è ancora l'ideologia che regge l'impostazione dei rapporti interni e esterni. La crocifissione di migliaia di creature continua inesorabile e i crocefissori sono tutti a piede libero, capi rispettati e accolti nelle piazze di molte nazioni.
Anche in tante altre parti del mondo la violenza è l'unica strada su cui gli uomini si ostinano a camminare per risolvere i loro problemi. Anche da noi c'è chi sogna di scardinare il sistema tra le fiamme di una rivolta fatta di dinamite, di bombe, di bottiglie molotov.
Noi pensiamo ancora al sogno che aveva Luther King, pensiamo alla sua morte nella luce e nella fiducia della Resurrezione. E preferiamo affidarci alla sua testimonianza, alle sue scelte, alle sue profonde intuizioni, per mantenere viva la sua voce di profeta e cercare di continuare a tracciare la strada per la quale egli ha lavorato.
Nel 1958 ricordando le lunghe lotte contro la segregazione razziale, Luther King scriveva: - oggi la scelta non è più fra la violenza e la non violenza. E' fra la non violenza e la non esistenza. Il negro può essere la voce di Dio in questa epoca; un'epoca che avanza rapidamente verso la sua distruzione. La voce divina prende forma di ammonimento "chi di spada ferisce di spada perisce".
Di questo concetto chiaro e preciso delta situazione storica che stiamo tuttora vivendo, King ne ha fatto un metodo concreto di lotta, una linea di vita. Nel suo impegno di liberazione dall'ingiustizia che gravava sui rapporti tra Bianchi e Negri negli Stati Uniti, egli si è sempre ispirato a questo principio sostenuto da una attiva, incrollabile fede: l'Amore e la Verità sono le armi più efficaci contro qualunque forma di oppressione e sono precisamente le armi che i poveri, gli oppressi, gli sfruttati, gli emarginati di ogni specie dovrebbero sempre adoperare. E' una proposta radicalmente nuova, che supera la contrapposizione delle classi spostando il campo della lotta: non lo sceglie più ,chi ha sempre preordinato tutto in anticipo organizzando la vita e prevedendo i modi per affrontare chi volesse porvi mutamento. Si è riscoperta con lui una tragedia sapiente e illuminata che colpisce gli avversari mediante la miracolosa unione di migliaia di negri che con lui hanno accettati mettersi in marcia verso la libertà senza causare sofferenza a nessuno, neppure a coloro che mediante il loro potere erano causa della loro umiliazione.
Siamo più che mai convinti che egli sia stato un uomo mandato da Dio, a indicare una strada dura, apparentemente assurda e utopistica, fallimentare, per il nostro comune modo di valutare la realtà. Una strada costruita da una fede incrollabile nella Presenza del Dio vivente, nel Dio della liberazione, della giustizia, della comunione. Egli ha dimostrato con la forza indiscutibile dei fatti che E' POSSIBILE LOTTARE SENZA FUCILE, è possibile affrontare il male senza uccidere, senza organizzare la distruzione l'avversario, ma organizzando semplicemente un popolo cosciente dei propri diritti, dei propri doveri, la propria missione e dignità - un popolo liberato dalla paura, e quindi non più schiavo, ma veramente libero e liberatore.
Ricordare la sua azione, la sua vita e la sua morte durante questa lotta per Amore, ci costringe a riprendere tutta una ricerca che dovemmo essere capaci di tirare avanti, non lasciandola cadere nel vuoto.
Essere cristiani non ci dispensa affatto dal caricarci dei problemi che travagliano la vita, dal partecipare alla costruzione di una società in cammino verso la Giustizia e la Fraternità. La lotta contro il male di ogni tipo e dimensione ci chiama direttamente in causa come gente viva che vuole essere protagonista del destino umano. Ma in quanto cristiani il nostro stile dovrebbe acquistare una crescente originalità e creatività.
C'è un modo di camminare che distingue immediatamente le persone ed esprime qualcosa della loro personalità più segreta. C'è un modo di lottare, di contestare, di fare la rivoluzione che deve essere particolarmente indicativo di un popolo, di gente che mette Gesù Cristo a fondamento della propria vita. Gente liberata da tutto ciò che vincola personalmente al punto che i legami creati (verso noi stessi o verso gli altri) diventano ragione stessa di vita; gente capace di libertà che è capacità di prospettive più ampie; gente sicura che la forza della verità è più potente di tutta la ferraglia che gli uomini schiavi hanno potuto mettere insieme. Gente che percìò si muove, si organizza, spinge, lotta, si mescola alle vicende umane, ma senza venir meno alla propria "utopia", al privilegio, come diceva spesso King, di amare. Abbiamo avuto per Cristo Gesù, il privilegio di scoprire che gli uomini sono fratelli e dobbiamo compiere la missione di rivelare a tutti questa realtà. Il traguardo della lotta è indubbiamente questo, perché è da questa scoperta che sarà possibile a molti intravedere il volto di Dio.
A noi è chiesto di essere gente rivoluzionaria capace di scoprire e far sorgere un volto umano, là dove valori superficiali, assurdi o inesistenti lo hanno negato.

* * * * *
Luther King è stato un formidabile e tenace obiettore di coscienza. Un uomo, un cristiano che ha avuto la capacità, la fede necessaria a trasformare un impegno personale in un impegno di massa. Egli è riuscito a organizzare la obiezione di tutto il popolo con mezzi pacifici - contro l'ingiustizia di un altro. Ha indicato così, concretamente, la possibilità di costruire un mondo nuovo quando appare un mondo nuovo. Il popolo dei poveri può fare questo contro il popolo dei ricchi, non per annientarlo, ma per costringerlo a passare dalla cruna dell'ago e così entrare nel Regno dei Cieli.
Il popolo sfruttato può fare questo contro il popolo sfruttatore, mantenendo nel proprio cuore un'insaziabile fame e sete di giustizia che non si lascia comprare né acquistare da concessioni né privilegi, perché il suo scopo non è quello di strappare il posto a ohi già lo detiene, è quello di trovare uno spazio di libertà non conquistabile con la lotta armata. E' un'altra la lotta da combattere, incessante, che si gioca palmo a palmo, là dove si è tentati di barattare continuamente la capacità critica, la propria dignità, una visione globale dell'uomo, la libertà di poter credere agli altri e di alzare gli occhi al di là del proprio orizzonte, con i valori di massa e le idee prefabbricate, con l'offerta di una vita confezionata per ognuno prima che nasca: dai suoi valori base, alla loro contestazione.
Un popolo simile sarebbe capace di mettersi in marcia verso una rivoluzione radicale della vita sociale: perché sarebbe un popolo creativo, costruttore di novità perché fatto di uomini nuovi. Gli uomini vecchi hanno bisogno di un tremendo arsenale per difendere l'ordine, la giustizia, la democrazia (come dicono): esercito, polizia, capitale, classi, codici, tribunali, e galere. Gli uomini nuovi sanno invece che l'ordine vero è quello che nasce dal pane spezzato e diviso.
Ci sembra che questo sia il momento, e quando non lo è nella storia? - che questa umanità nuova di cui i cristiani dicono di essere lievito, mostri il suo volto.
Non attraverso un'onestà di vita, nel difendersi ogni giorno dalle contaminazioni del mondo, nel cercare uno spazio dove poter respirare una boccata d'aria pura, e neppure in slanci anche eroici a mot-ivazione strettamente personale. Non più tra le mura di una casa o di una chiesa, nel profondo di una coscienza.
E' il momento di scendere per la strada, nelle piazze, dimenticando le paure, gli egoismi, le divisioni, perché parole di verità risuonino alle orecchie degli uomini. E' il momento di verificare se «comunione» fra noi vuol dire solo consolazione di saperci fra amici oppure è spinta, energia e forza a dividere quanto si ha, e quindi anche la povertà, l'impotenza, un cuore che ama capace di spezzare la violenza dell'uomo.
E sarebbe tanto bello conoscere ohi porta dentro questo seme per ritrovarci e sostenere in questo cammino di piena fiducia. Per osare di più. Per credere di più. Perché questa parola di vita nuova sia detta ad alta voce fino a gridarla fra gli uomini.




Don Beppe


in Lotta come Amore: LcA aprile 1972, Aprile 1972

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