Il problema più grosso (perché sta alla radice, è nascosto nel midollo) del cristiano cosciente del significato della propria scelta cristiana e consapevole di questa responsabilità così pesante davanti a Dio e davanti agli uomini, è ritrovare le possibilità di una presenza viva e vitale nel proprio tempo.
E' veramente conclusa tutta una religiosità individualistica che nasceva da un battesimo che significava l'entrare a pieno diritto e con esclusività da autentico privilegio. nella salvezza e si concludeva sul letto della propria agonia con il sacerdote accanto a moltiplicare le assoluzioni e le benedizioni, compresa quella papale, dopo una vita di sacramentalizzazione per purificazioni e santificazioni a garanzia di salvezza eterna.
E si è iniziato il tempo in cui l'essere cristiano vuol dire il caricarsi di una responsabilità universale da precisarsi e croncretizzarsi in una realtà di servizio che coinvolge letteralmente se stessi fino al niente riservabile, nei confronti di tutta la vita, di tutta l'esistenza.
Non esiste persona o popolo, non vi può essere valore o avvenimento, realtà presente o futura che non coinvolga la responsabilità e il dovere d'interessamento del cristiano fino ad un coinvolgimento di tutto se stesso.
E il rapporto di servizio e cioè di dedizione, di incarnazione, non si ferma a qualcosa dell'uomo e dell'umanità: ai suoi problemi economici per esempio, associativi, politici, storici, temporalistici che possono anche essere giudicati contingenti, epidermici - e sono già problemi di entità gravissima capacissimi di togliere il cristiano dal suo buco di salvezza personale con programmazioni più o meno sfacciatamente borghesi, di quietismo a sufficienza religiosa personale o tutt'al più familiare. Il rapporto di servizio del cristiano è a tutto l'uomo e quindi comprende - con precisazioni e intensità senza fine - tutti i valori interiori, profondi, quelli che coincidono con i motivi dell'esistenza, del mistero della vita e del complesso dei suoi problemi e arrivano fino alla soglia della morte.
Il cristiano è l'uomo che si propone agli altri, all'altro uomo e all'umanità, con l'enorme tremendo infinito problema di Dio per far luce e tentare di risolvere il groviglio spaventoso del problema umano e della sua storia, personale e universale.
L'atteggiamento, la realtà di servizio che proviene dall'enormità di questa proposta non può non precisare il rischio a cui inevitabilmente si espone il cristiano: il rischio di essere letteralmente mangiato (sopraffatto e travolto) dalle misure estreme - necessariamente - di questo servizio e il rischio di risultare inadeguato, vigliacco, traditore e quindi delusione e quindi vomitato da tutti, da Dio e dagli uomini, nel rifiuto dell'inutile, del non serve a nulla. O peggio ancora nei valori del soprammobile.
E' il grave problema di cui la conservazione testarda e a occhi bendati della Chiesa ancora non si decide ad accorgersi e continua a far spingere ai margini della vita, dell'esistenza, della storia, il Cristianesimo, contentandosi di farsi notare e di affacciarsi alla ribalta, con apparizioni più o meno a fuochi d'artificio che sono già spenti appena hanno abbarbagliato gli occhi.
E' il terribile, angosciosissimo problema, capace di sconvolgere fin nel più profondo dell'anima, rischiando perfino crisi praticamente inguaribili, di chi - e il numero cresce sempre di più - la propria scelta cristiana gli significa una rottura con se stesso e con tutto un mondo che è tutt'uno con il se stesso, e un gettarsi là a capofitto a compromettersi e a perdersi in una ricerca di presenza viva ed attiva nella totalità del problema umano che nasce dalle misure e profondità di Dio, e si allarga alle realtà universali dell'umanità intera per arrivare fino alla sbriciolatura quotidiana delle persone che vivono accanto, degli ambienti nei quali siamo immersi.
E qui il sapere cosa voglia dire, cosa comporti, a cosa costringa l'essere cristiano, è davvero drammatico.
E così tanto, che spesso, specialmente nei giovani, l'unica soluzione onesta e responsabile che si impone è il chiudere la propria scelta cristiana, l'abbandonare perfino la speranza di qualche possibilità di affrontare la vita con la fiducia di qualche incidenza, di un qualche, sia pur minimo, apporto per la soluzione delle problematiche della vita, attraverso un impegno cristiano.
Tanto più che nel nostro tempo la specificazione unicamente personale è qualificata come incapace di significare qualcosa in un mondo ormai organizzato, dove la forza d'incidenza è considerabile a base numerica, di gruppi, di organizzazioni, di masse.
E a guardarsi intorno con un cuore che cerca e un ideale che urge dentro, è quasi impossibile incontrare anche una semplice comunità del «due o più» che, secondo il Vangelo, garantisca la presenza di Gesù Cristo e dove sia possibile trovare le condizioni indispensabili per la comunione di ricerche personali di essenzialità e autenticità cristiana.
E dove questa comunità o gruppo che sia è dato incontrare, non passa molto tempo, appena che l'incontro si è logorato nella lettura del/a Parola di Dio e nella interpretazione più o meno intellettualizzata, raffinatissima quanto si vuole e apertissima a tutte le problematiche dell'oggi, che l'inaridimento e la stanchezza si tramutano facilmente in delusione amara e in uno svuotamento di fiducia nelle possibilità esistenziali di una Fede cristiana.
Il vuoto che travaglia e paralizza e svuota la ricerca cristiana del nostro tempo - che pure in se stessa è incomparabilmente ricerca più vera e più responsabilizzata di quella dei tempi passati - è il vuoto di proposte.
Il Cristianesimo, il mistero di Cristo - parola e storia della vita di Gesù - è una meravigliosa, infinita proposta. Terribile e sconvolgente proposta quanto si vuole, di rotture rivoluzionarie impressionanti e di costruzioni esistenziali appassionanti, quasi da far paura da quanto sono radicali, assolutistiche, estreme, ma sempre una proposta ripresentabile ad ogni tempo e all'umanità.
Da far pensare e credere ad una alternativa sempre possibile, offerta ad ogni angolo di strada, ad ogni bivio della storia.
E' su questa proposta che la nostra Fede cristiana deve convergere la propria ricerca. Ogni cristiano. Le comunità, i gruppi cristiani. Le Chiese locali. La Chiesa universale.
E a costo di pagare prezzi altissimi di smontaggio e di abbandono di attrezzature semplicemente ingombranti e alienanti e a costo di affrontare misure di rischio per scontri inevitabili, rotture coraggiose e tentativi sostenibili forse soltanto a forza di speranza, è necessario e urgente che la proposta cristiana, ancora viva e fresca nel Vangelo e presente e incalzante per il vivere di Cristo risorto e palpitante di fuoco e di luce per la Pentecoste di ogni giorno, si precisi, si attualizzi, si concreti, con chiarezza e violenza, in proposte di lotta, in strategie di guerriglia (perché lottare bisogna per una liberazione) e in proposte di costruzione appassionata di valori cristiani, di iniziative responsabilmente espressive di autenticità cristiana. Perché costruire è la continuità e la pienezza della liberazione.
Non abbiamo proposte se non ideali, ma proprio per questo non seriamente proponibili, da offrire a noi stessi e ai nostri amici e al nostro tempo.
Avvertiamo dolorosamente queste «miseria», (che non è affatto consolabile giudicandola povertà) e ne sentiamo la terribile responsabilità.
Per il momento ci rende onesti, appena appena, il soffrirne e il vergognarcene come di vuoti e di infedeltà imperdonabili e il desiderio, la volontà, la violenza di cercare. Di cercare cosa vuol dire e come è possibile rendere carne e sangue e se non altro Croce, la formidabile proposta cristiana: la proposta di Dio agli uomini attraverso Gesù di Nazaret e di Cristo risorto e vivente in tutta la realtà del mistero umano.
A questa fatica vorremmo piegarci. A questo rischio vorremmo esporci. Con questa Fede vorremmo credere. Con questo Amore vorremmo lottare. Ed essere vivi in questo tempo della Chiesa e della storia del mondo.
Non importa sembrare e forse anche essere ridicoli per la sproporzione immisurabile della propria nullità nei confronti dell'enormità del problema. Anche il ridicolo può avere la sua serietà se riuscissimo ad 'avere Fede quanto un granello di senapa da poter dire alla montagna: levati di lì e gettati in mare. Anche se è soltanto per lasciare libero uno spazio dove dei bambini possano giocare tranquilli.
Don Sirio
in Lotta come Amore: LcA marzo 1972, Marzo 1972
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455