Primo numero

immagine:  Primo numero Siamo al primo numero. E ci trepida il cuore timoroso e gioioso come ad ogni novità.
E' il primo passo su una strada di cui non conosciamo bene il tracciato e lo snodarsi. E non sappiamo nemmeno se sarà lunga o breve, pianeggiante o ad arrampicate, diritta o tortuosa. Ed è an-che impossibile conoscere dove porterà.
Sappiamo soltanto che si tratta di mettersi a camminare. E senza prendere né oro, né argento, né rame nelle cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né calzari, né bastone... pronti a scuotere perfino la polvere dai calzari... e a fuggire di città in città... (Mt. 10).
Non abbiamo nemmeno cose particolari da dire, da raccontare: forse appena qualche ideale ci sbalugina e qualche sogno ci rapisce a sognare forse l'impossibile. '
Siamo piccola cosa, come persone e come comunità, così piccola e povera cosa che può sem-brare e forse anche essere, semplicemente, presunzione metterci in vista con un periodico, tirar fuori carta stampata, venire a scocciare gli amici, quasi pretendendo attenzione e considerazione.
Alle montagne di libri, di periodici, di giornali, aggiungercene un altro, sia pure di minime proporzioni e di possibilità quasi insignificanti, può sembrare letteralmente un'assurdità.
Una fatica buttata via., Tempo sprecato. Sbriciolatura d'impegni unitari. Manie irrepresse. Sognare a vuoto., e via dicendo.
Sappiamo bene tutte queste cose. Possiamo anche giudicarci assurdi e strani. Eppure non possiamo non insistere.
Siamo fermamente convinti, a voler lottare in questa guerra di scontro che travaglia il mondo e coinvolge inevitabilmente chi non vuole raggomitolarsi nel suo buco e bendarsi gli occhi per non vedere e turarsi gli orecchi per non turbarsi i sonni, che non è possibile scendere in campo aperto con schieramenti di forze massicce e ben attrezzate. Tanto più che queste forze di massa, almeno da una parte, nemmeno esistono. Ed è cosa penosa che la Chiesa, per esempio, s'illuda ancora di possederle queste forze combattenti, fatte di anime vive e non soltanto di energie morte, come il potere politico, economico, capitalistico, gerarchico, giuridico, ecc.
Lo spirito religioso, la testimonianza cristiana sempre più è affidata e consegnata là dove lo Spirito soffia liberamente a suscitare Fede e ricerca di autenticità cristiana.
Vorremmo semplicemente essere e aiutare questi spazi, piccoli forse come una zolla di terra, ma disponibili ad una apertura totale al Mistero di Dio e di Cristo e ad allargarsi dilatarsi fino alle misure di tutta la terra.. ..
E' questa responsabilizzazione sia pure in misure frammentarie, sbriciolate, ma intensamente coinvolte ed efficaci, che ha bisogno di essere costruita, sostenuta e incoraggiata da una lotta ad ogni angolo di strada, nello slargo di una piazza, nel chiuso di una stanza, a tu per tu, a cuore a cuore e nel frattempo in una universalizzazione perché all'aperto e allo scoperto, perché è bisbiglio sussurrato all'orecchio e gridato poi sui tetti.
Così vuole essere questo piccolo foglio: obbedisce e crede semplicemente ad una stretta di mano, ad un cenno del capo, ad un sorriso, ad una parola portata via dal vento: ad un piccolo foglio che si posa su un tavolo.
Può scuotere il mondo se inquieta un'anima e allarga senza misure un cuore. E vincere una grossa battaglia contro questo mondo pacchiano e banale che interessa soltanto al rumore dei quattrini e si impressiona unicamente alle grosse propagande pubblicitarie. '
Sentiamo poi e fin nel più profondo dell'anima, di cercare di essere vivi e impegnati nei problemi che travagliano la Chiesa. .
E' un momento quello che la Chiesa sta vivendo di un movimento, intenso e, violento, che il pugno di lievito sta agitando nella massa appastata e polentona della Chiesa.
Essere qualcosa di questo movimento è semplicemente doveroso e urgente. Ed è indispensabile cercare, sempre sulla linea della lievitazione, di rimescolare con forza più che sia possibile.
Starsene in pace e lasciare in pace, ora, è tirarsi fuori da una pesante responsabilità che volere o no grava sulla coscienza di tutti i cristiani.
Ciascuno a cui stiano a cuore i problemi del Regno di Dio nel mondo non può non rimanere coinvolto in una responsabilità di Chiesa.
Noi amiamo profondamente, appassionatamente la Chiesa, questa continuità e presenza di Cristo fatta di persone e di popolo, nella storia dell'umanità.
In questo momento che è il nostro momento ci sentiamo responsabilmente questa Chiesa. E non una pagina del registro dei battezzati.
E nemmeno una pagina del registro degli ordinati sacerdoti.
Abbiamo coscienza di portare nel destino della nostra vita questa consacrazione cristiana e sacerdotale che inequivocabilmente ci qualifica e ci costituisce Chiesa.
Noi siamo Cristianesimo e non come qualcosa di aggiunto, di sovrapposto che qualifica per quello che apparisce, è realtà connaturata nella nostra vita, è costruzione d'esistenza.
Ci vergogniamo fino all'incredibile di essere quel tradimento che siamo di questo Cristianesimo, di questa realtà di Chiesa che d'altra parte riconosciamo che è l'unica nostra possibilità di essere persone vere, giustificate a stare a questo mondo, ma nonostante questo terribile rammarico di non essere quello che si dovrebbe, non possiamo non cercare, non lottare per questa nostra sincerità.
L'autenticità cristiana non è mai però raggiungibile (e nemmeno immaginabile) in una ricerca personale: il mistero cristiano è realtà di comunione. La salvezza o è la ricerca di salvezza per tutti o' è perdizione: chi salva la sua anima la perderà, è chi , la perde per il Regno di Dio, confondendola con il destino di tutti fino all'impossibilità di non ritrovarsi, che la salverà.
Vorremmo gettare là, nell'immensa problematica della Chiesa, la nostra vita dimenticandoci di ogni motivazione personale, al di là di ogni polemica senza assolutamente riprometterci nulla, spinti e costretti unicamente dall'Amore alla Chiesa ad esserne realtà viva, spirito acceso, ricerca di fedeltà appassionata.
Tanto più che per noi (ma crediamo bene per tutti) non è la Chiesa per se stessa che conta e che amiamo; è Gesù Cristo che per noi unicamente decide fino ad essere Lui il nostro Amore, ed è a Lui la nostra fedeltà più assoluta.
Amiamo la Chiesa per il rapporto con Gesù Cristo, per il suo esserne parola viva, continuità storica, realtà sacramentale, Regno della Sua Resurrezione ...
E' da questo Amore a Cristo e quindi alla Chiesa che per noi (ma è per ogni cristiano) scatu-risce il dovere di una lotta che in fondo è semplicemente una identità più fedele che sia possibile fra Cristo e la Chiesa.
E' l'unica lotta che nella Chiesa deve essere combattuta e senza riguardi, né false e assurde carità e pigre, passive, irresponsabilità.
Si può rischiare di essere eccessivi in questa lotta, Dio voglia perché eccessivo è l'Amore.
Al di là di ogni misura, fino ad essere senza misura.
Ci sentiamo quindi profondamente fedeli alla Chiesa in tutto e per tutto.
E' perfettamente e sicuramente inutile mettere in dubbio questa nostra fedeltà alla Chiesa, anche gerarchicamente intesa.
Anche se intendiamo con profonda Fede cristiana e coscienza di Amore vero a Cristo e alla Chiesa, testimoniare quanto sia possibile e doveroso vivere fedeltà e libertà, comunione e ricerca personale, autorità e servizio, obbedienza e responsabilizzazione... E' amore che inevitabilmente deve essere lotta e lotta capace di lottare fino alle misure estreme totalmente giustificate dall'amore.
Pensiamo che non sia possibile (può darsi che sia anche, tutta presunzione, ma confidiamo che sia semplice e chiara coscienza) che succeda che possiamo essere piano piano spinti ai margini della Chiesa, nelle penombre dove non è più volutamente possibile distinguere se si è dentro ancora o se si è già fuori, nelle condizioni nelle quali furbescamente si scuote il capo e con paterno e fra-terno dolore si manifestano angosciose perplessità ...
Confidando nella grazia di Dio prima di tutto e in una serenità e chiarezza di coscienza, ci sembra che questo vecchio trucco per noi non avrà nessuna possibilità di successo.
Noi siamo e rimaniamo sicuramente all'interno, nel cuore della Chiesa, con una fedeltà che sarà testimoniata e rafforzata dai rischi, dalle responsabilità, dal pagare di persona e serenamente, con tutta pace, pur continuando logicamente ad obbedire a questo nostro Amore a Cristo e alla Chiesa.
Perché è là, nel cuore di Gesù Cristo, forse ancor prima della Pentecoste, che noi scopriamo quella Chiesa che amiamo così perdutamente. Questa è per noi la vera Chiesa "primitiva" da cercare di rendere viva nel nostro tempo. Con tutto il rispetto, l'amore, la venerazione della Chiesa che i cristiani hanno cercato di rendere viva nel loro tempo.
Concludiamo questa specie di introduzione al nostro periodico, rivolgendoci a tutti i nostri amici, pregandoli di molte cose, ma specialmente di non aspettarsi chissà cosa da noi. Siamo come tutti a guadagnarci il pezzo di pane quotidiano della Fede cristiana. Ma è con fatica, come per tutti i poveri a tirare avanti la propria giornata.
Forse non abbiamo altro da offrire che questa fatica: siamo contenti se qualcuno la mette insieme alla propria e non ne risente una fatica maggiore, ma una consolazione, un incoraggiamento, una speranza perché insieme cresce la fiducia di farcela.



Usiamo per alcuni numeri, ancora un paio forse, della vecchia testata de "La voce dei Poveri" che come abbiamo scritto sull'ultimo numero di ottobre ci è stata richiesta dai legittimi proprietari, con su stampigliato il nuovo titolo del periodico, essendo rimasta una giacenza di carta già stampata. Appena esaurita, abbiamo già pronto il cliché per la nuova testata.


LA REDAZIONE


in Lotta come Amore: LcA marzo 1972, Marzo 1972

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