"Fratel Scienza proviene da un ordine religioso tradizionalmente di cultura elevata. Si è trovato ridotto a fare lezioni di teologia nella loro università. E poi, oltre alla scuola, c'era il silenzio della cella. Quelle celle una accanto all'altra in quei corridoi immensi, dove ad ogni angolo trovi busti di cardinali e pontefici, che ti guardano con cipigli severi, come a ripeterti: fila dritto, figliolo. Perché sono loro i padroni della situazione, continuano a dominare e a comandare anche se sono di marmo.
Insomma gli era capitato, a seguito di amici conosciuti lungo le vie di Dio che come si sa sono infinite, di venire a conoscenza dell'idea della comunità. Aveva resistito per un bel pò ' di tempo. Nelle anime religiose il problema della fedeltà crea spesso come delle disponibilità al martirio. Reggere a costo di tutto...In ogni modo si vede che qualcosa era successo in quell'anima, d'altra parte estremamente retta e chiara: era un uomo sicuramente disponibile e aperto. La fedeltà si era tramutata in un'altra fedeltà. Con una borsa con dentro le sue cose personali, era arrivato all'eremo senza libri ali'infuori della Bibbia. Però era veramente uomo di scienza, di vastissima cultura e di una capacità di parlare dolcissima, suadente... La comunità sapeva benissimo che sempre più, ora, la sua scienza non sarebbe stata altro che la strada sulla quale gli uomini si ritrovano insieme nel loro camminare verso Dio". (Sirio Politi, Antico sogno nuovo, ed. Gribaudi 1983 pag. 47 e seg.). Così don Sirio Politi, dal 1956 prete operaio nel porto di Viareggio, descrive uno dei monaci appartenenti alla comunità di fede e di vita quale "vita vissuta, nonostante la diaspora delle vicende personali, in un sogno più reale della realtà e in una realtà meravigliosa come un sogno " (id. pag. 11). Ed è facile per me, come per tutti quelli che l'hanno conosciuto, rintracciare in questi tratti padre Dalmazio Mongillo e gli immensi corridoi della Pontificia Università dell'Angelicum.
Sirio e Dalmazio si conobbero tramite Maria Grazia Galimberti che ebbe Dalmazio insegnante di Diritto alla Scuola di Servizio Sociale a Roma. Maria Grazia, venuta giovanissima a vivere, nel 1965, con don Sirio e don Rolando Menesini, nella Comunità Agricola di Bicchio presso Viareggio. E di questa comunità sognata e vissuta da uomini e donne, padre Dalmazio fu amico fraterno; delicato e attento nel seguire le vicende personali di ogni componente, fino a pochi giorni prima della sua morte.
Si fermava a Viareggio facendone tappa intermedia nei suoi spostamenti per raggiungere luoghi di lavoro per lui, infaticabile nel lasciarsi coinvolgere in incontri, conferenze, ritiri, settimane di studio. E sempre l'incontro era sovrabbondante di affetto, ma insieme di un sincero interrogarci sulle ragioni profonde della fede. Era la sua una autentica sete di incontro con Dio attraverso il confronto con le persone e gli eventi umani. Ogni tanto mentre parlavamo, tirava fuori dalla tasca un piccolo taccuino o, semplicemente, un foglietto dove scriveva brevi annotazioni per spunti ulteriori di riflessione che non voleva perdere. E ci guardava con gli occhi insieme sorridenti e pensosi; gli occhi di chi è abituato a guardare "oltre". Inizialmente mi meravigliava questa suo desiderio di ascolto. Lui, un maestro, che poteva insegnarci molte cose... Poco per volta, capii che i suoi interlocutori privilegiati non erano i "sapienti e gli intelligenti", ma i "semplici", la "povera" gente in presa diretta con la vita. Chiedeva di scambiare, non tanto le notizie relative al "fare" (anche se era attento e delicato nel percepire la fatica e la sofferenza di tanto fare), ma al senso, al significato dello sforzo umano, della fiducia, della speranza, del progetto di vita. "Non si è verificato sempre che la dottrina è stata ripensata in base ai risultati dell 'esperienza vitale orientata e sapientemente vissuta? L'espressione teoretica dell'esperienza vitale è subordinata ad essa, la trascende e la valorizza. La vita vissuta infedeltà allo Spirito è la verità " (P. Dalmazio Mongillo, La Voce dei Poveri, giugno 1971) Egli era profondamente convinto che l'apertura di prospettive nella vita dipende sempre dal criterio ispiratore della ricerca. "Se è ricerca di verità e non opportunismo, paura, difesa dello status quo, la soluzione emerge e la mancanza di luce è in qualche modo connessa alla mancanza di fiducia e alla diffidenza che guida i rapporti reciproci"(ibi).
E, come amava ripetere: "la verità non c'è bisogno di difenderla, anzi è lei che difende noi". (Antonieta Potente in "Superare le distanze: le figlie e i figli di Domenico fanno teologia" Edizioni Domenicane Italiane, Napoli 2005 pag. 141).
Dalmazio, uomo dal cuore grande, consumato dalla ricerca di verità e dalla sete di vita. Davvero la sua scienza non è stata altro che la strada sulla quale uomini e donne si sono ritrovati insieme nel loro camminare verso Dio.
in Lotta come Amore: LcA giugno 2006, Giugno 2006
Luigi Sonnenfeld
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