La posta di fratel Arturo

Cari amici,
la dimensione spirituale della nostra vita è una relazione e per questo è sempre la stessa ed è sempre nuova. Con I'AMICO si attraversano periodi di buio e momenti di luci; non ci si annoia mai. Il tedio, il lungo attendere che tramonti il sole su una giornata che non finisce mai, non fa parte di questa difficile e splendida relazione. Da qualche tempo I'AMICO mi dice "Fermati e rispondi alla domanda che ti viene rivolta da molte parti: dove possiamo trovarti?". Non posso tardare più e ho deciso di accettare la proposta dell'Arcivescovo di Lucca Mons. Italo Castellani che amorosamente mi accoglie nella sua e nella mia Lucca indicandomi un luogo di facile accesso per gli amici vicini e lontani.
Dando un'occhiata retrospettiva al mio lungo cammino, sento un'infinita gratitudine verso l'AMICO per le tante volte che mi ha detto: "Alzati e va dove ti indicherò". All'epilogo devo solo dirgli "Grazie, non ne hai sbagliata una". Vi saluto e vi attendo. Lucca, 1 febbraio 2006
PER INCONTRARCI:
tutte le domeniche alle ore 11 fratel Arturo celebra la Messa nella Chiesa di San Michele in Escheto di Lucca. La Chiesa si raggiunge dall'uscita Lucca est dell'autostrada seguendo le indicazioni verso Pisa. Dopo circa 2 km sulla destra si trova la deviazione per San Cerbone, e subito dopo c'è l'indicazione per la Chiesa di San Michele. E' possibile scrivere a fratel Arturo presso Pardi Fabrizio, via statale Abetone 271, 56017 San Giuliano Terme (Pisa) oppure inviare un'e-mail a oreundici@oreundici.org

Intervista a fratel Arturo per Oreundici

- Che cosa è per te l'amore? Che cosa significa amare?
Io penso che l'amore è la grande energia che sta dentro l'essere umano e che lo aiuta a raggiungere l'identità. Abbiamo bisogno di staccarci dalla nostra famiglia, dalla madre soprattutto, per raggiungere l'identità, che è la nostra originalità per cui ognuno è uguale a tutti e allo stesso tempo unico e qui è la radice della nostra solitudine. Quanto più è marcato questo distacco, tanto più la persona può assumere il proprio compito nella storia e nel tempo. L'innamoramento può fermarsi all'attrazione per l'altra persona oppure unire all'interesse fisico un interesse sociale, anche spirituale, che va oltre la persona. L'altro allora ti proietta verso il mondo e l'amore diventa veramente liberante. L'amore è una forza unica per liberarci dal nostro io, per farci persone e soggetti. In gioventù quello che mi ha liberato è stato l'amore per una ragazza ricchissima di idee, di interessi, che aveva una enorme ricchezza umana. Anche da sacerdote mi è capitato di incontrare una persona - di cui velatamente parlo nel libro // sacerdote e la donna - che aveva un tale senso della vita come dono di sé che ha arricchito dentro di me questa capacità di amare. In fondo il grande problema umano è la liberazione dell'io, perché tutto quello che fa il male nel mondo è l'amore all'io, che quando non si apre agli altri e all'Altro diventa sempre più esigente, orgoglioso, potente. L'amore ti porta verso l'altro e verso gli altri fino al punto di perderti: Gesù dice "chi vuole salvare la propria vita la perderà", cioè chi vuoi salvare se stesso si deve perdere. Levinas parla dell'altro che ti sveglia dal sonno, ti porta fuori da te. Quello che ti sveglia non è soltanto il volto di una persona, ma il fatto che questo volto è simbolo di un dramma che supera l'individuo: la grande miseria del popolo o l'oppressione politica, e si proietta su un orizzonte molto più vasto della storia del singolo individuo.
Per concludere direi che l'amore è la forza eccentrica che ti porta fuori dell'io, senza la quale non diventi mai persona. Evidentemente questa forza non funziona in modo spontaneo come il crescere biologico, questa forza passa attraverso incidenti, errori, confusioni ma alla fine ti accorgi che l'io emerge liberato perché senti che hai il tuo posto nel mondo, sai che cosa fare. L'amore è sentire che tu interessi all'altro, e che l'altro ha bisogno di te perché tu lo aiuti ad estrarre delle cose che sono in lui e che altrimenti non verrebbero fuori.
- Chi sono le persone che ti hanno insegnato ad amare?
E' un po' difficile definirle. Intanto devo dire che l'amore comincia dalla famiglia e mia madre era una donna semplice come tante, ma molto altruista, qualche volta al punto da farmi essere geloso. Quando i miei compagni di scuola venivano in casa, aveva tanto interesse per loro, li ascoltava con tale attenzione da ingelosirmi, ma più tardi ho capito che questo interesse per gli altri è una cosa molto buona. Non era una madre possessiva, paurosa, pretendeva che andassimo incontro al mondo coraggiosamente e questa sua apertura
è stata per me un principio importante credo.
Poi, come ho ripetuto tante volte, ho vissuto questo traumatico incontro con le lotte politiche quando avevo otto anni, ho visto il sangue scorrere in una piazza e questo per me è stato fondamentale per il mio orientamento futuro. Con lo sguardo dell'infanzia queste cose si ingrandiscono, diventano ancora più terrificanti di quello che sono nella realtà: ci furono due morti e una trentina di feriti, forse non è eccessivo rispetto a certe tragedie che accadono, ma per un bambino è uno spettacolo indimenticabile.
- Nella tua vita ci sono alcuni grandi amori: i poveri, l'America Latina, la chiesa... che cosa rappresentano per te?
Io direi due cose. Ho sempre sentito, come principio fondamentale che ha guidato la mia vita, la necessità di fare qualcosa che possa favorire la pace e l'incontro fra gli esseri umani. Mi hanno sempre stimolato le discordie, le lotte, i contrasti come inviti all'amore e alla pace. Allo stesso tempo ho sempre provato un grande interesse per la persona: che cosa pensa, che cosa dice, come vive. Questo grazie anche a certi incontri che ho fatto da giovane, ad esempio con La Pira. Avevo alcuni amici con i quali mi sentivo particolarmente in sintonia - uno di loro è Carlo Del Bianco - e provavo ammirazione per la sua capacità di captare certi valori che parevano perduti nella dittatura fascista. Era un amore per la persona che pensa, che si inquieta nel cercare il senso del suo vivere. Questo mi ha sempre accompagnato. E poi ho avuto la fortuna di incontrare una ragazza di cui mi sono innamorato, che è morta molto prematuramente e che aveva tutto. Era una bella ragazza, molto interessata alla politica, alla religione, alla fede. Ho trovato in lei tutto quello che potevo desiderare. Morì improvvisamente per una infezione, altrimenti probabilmente l'avrei sposata. Ci pensavo e anche lei ci pensava, era un amore che pensavo si sarebbe concluso nel matrimonio.
- Come è nato in te il pensiero di diventare sacerdote?
E1 difficile rispondere perché nelle vocazioni c'è molto mistero. Nelle scelte vocazionali c'è qualcosa che istintivamente ti porta lì. Nelle nostre riunioni politiche giovanili, mi interrogavo sul problema della democrazia: che cosa può aiutarla ad affermarsi e crescere. La democrazia è valida quando le persone che vi partecipano portano con sé la gratuità. Quello che la rovina è il potere. La democrazia mi è apparsa come forma religiosa, perché per poter funzionare ci deve essere disinteresse e gratuità. Evidentemente deve anche avere una struttura politica, se no rimane un'idea ma poi questa struttura favorisce facilmente la crescita del potere. Viene meno la pazienza di aspettare che tutti possano parlare, di mettere d'accordo le diverse opinioni, è più facile dominare, affermare la capacità di governare. Anche la storia biblica del popolo che cammina nel deserto ha attraversato queste vicende, e si vede che Dio manda Mosé perché il suo interesse è concentrato su questo popolo e accetta le sue vicende.
E' un popolo che coraggiosamente è uscito dalla terra di oppressione, si è messo in cammino con coraggio poi facilmente si scoraggia. Sa di avere Dio con sé ma spesso lo tradisce, non accettando questa dipendenza che gli sembra limitare il suo desiderio di libertà. E' esattamente la storia che noi viviamo. Ho capito che la democrazia ha bisogno di un supplemento di spiritualità e di gratuità. Volevo partecipare alla vita politica non come un concorrente del potere ma come sale e lievito. Allora pensai che il sacerdozio mi dava questa capacità e infatti mi sono dedicato particolarmente a formare i giovani al dono di sé, all'altruismo, alla responsabilità sociale. La chiesa dovrebbe essere la scuola di una politica senza potere, senza ambizioni, come servizio e gratuità. Oggi nella società, nella politica, nelle relazioni appaiono molta negatività e molto male e una persona religiosamente profonda deve rispondere con il bene, facendo magari la parte dell'ingenua, perché è indispensabile affrontare il male o la furbizia dell'altro con il bene. Bisogna stare attenti a non cercare il successo, la vittoria.
- Tra i tuoi tanti libri ce n'è uno, II sacerdote e la donna, centrato sul rapporto con la donna. Che cosa hai imparato dalle donne sull'amore?
Oggi quello che domina nel mondo è il consumismo, prendere e buttare, la nostra società esclude l'uomo dal mondo invece di dargli spazio al suo interno. Un esempio semplice? Il tempo che si dedicava a coltivare i fiori, la cura e l'attesa per cui a primavera c'era la gioia di vederli sbocciare. Questo esempio ci fa capire che l'intervento dell'uomo sulle cose non solo produce oggetti di una bellezza originale, ma causa degli effetti trasformatori sull'operaio o sull'artista. L'uomo nel suo operare si fa capace di produrre bellezza e armonia e il lungo tempo di attesa per compiere il prodotto delle sue mani conferisce all'uomo la capacità di essere contemplativo. E questa è la sua vera vocazione; togliere questo spazio è interrompere la relazione dell'uomo con la natura. Riceviamo dalla tecnica oggetti compiuti spesso sofisticati che hanno la caratteristica della provvisorietà. Ci impongono di usarli con fretta, una volta usati gettarli. E tutto questo modo di vivere riempie il tempo del silenzio, della riflessione, della contemplazione che è il tempo dell'amore e dell'amicizia.
Provvidenzialmente io ho potuto vivere l'amicizia con tante donne che ho incontrate. Penso ad una donna argentina di cui ho scritto tante volte e che aveva una ricchezza immensa, sia affettiva che intellettuale. Ho vissuto questa amicizia con grande gioia e senza turbamenti perché ho sempre sentito che in queste relazioni si arricchisce il mondo, si da al mondo il meglio di ciò che viene fuori da noi e che non esce se si è soli. Penso anche a Gaudy, che ho visto rinascere alla ricchezza dell'identità femminile, l'ho vista crescere attraverso il dialogo, a partire dalla più assoluta povertà. Quante donne povere, calpestate, emarginate hanno questa ricchezza sepolta. Mi accorgevo che proprio io che ho rinunziato con dolore a possedere una donna e una famiglia, trovavo il centuple perché sentivo che questo amore-amicizia creava qualcosa di inedito. Purtroppo nel mondo religioso questo non si vive e non si capisce, c'è troppa inibizione. E l'inibizione è come il rovescio del possesso: sono le due facce della stessa medaglia, rinunziare per obbedienza o non rinunziare per trasgredire raggiungono lo stesso risultato distruttivo. La chiesa non insegna questa capacità di dare se stessi fondata nella ricerca di solidarietà, di amicizia, di riconoscimento reciproco.
- Che cosa diresti a chi soffre perché non si sente capace di amare o non si sente amato?
Questa situazione mi si presenta continuamente attraverso tanti incontri, perché è molto vero che per saper amare bisogna sentirsi amati. E questo non lo si può dare artificialmente, deve essere una esperienza autentica. Se la religione resta qualcosa di esterno non serve a nulla, se invece senti che qualcosa di nuovo è entrato nella tua vita allora appare molto positiva. Sono convinto che l'amore ha una sola sorgente, che io chiamo Dio, Spirito, che avvolge il mondo e che noi possiamo assumere soprattutto attraverso gli incontri. Questo amore supera tutti i mali, ci risuscita. La mia missione oggi è quella di trasmettere questo amore che vivo e che devo dare agli altri. Ho sentito molto questa funzione tra i poveri perché i poveri e specialmente le donne hanno bisogno di comunicare la sofferenza di non essere amati. Il fatto che tu accolga la donna e l'ascolti con interesse perché il suo racconto fa parte della tua storia è molto importante. Questa persona che viene a te ha sempre cercato di dire qualcosa di profondo, di vero, d'importante e non ci è mai riuscita. Finalmente quando riesce a raccontare se stessa si sente liberata.
- Tu parli spesso dell'amore di Dio come tenerezza del Padre. Che cosa vuoi dire? Qual è la tua esperienza?
C'è una frase che ripeto tutte le mattine nella preghiera: Dio consolatore. Questo Dio vicino è capace di cogliere le tue sofferenze
interiori e di lenirle. Tutti i giorni, per una ragione o per l'altra, mi capita di sentire qualche grande sofferenza a cui non trovo soluzioni e nella preghiera sento che essa viene sciolta, non diventa angoscia. In questo io sento la tenerezza di Dio. C'è un pensiero di Pascal che ho sempre sentito molto vero: "se tu vedessi chi sei veramente, tutta la tua miseria, ti dispereresti, ma mentre la vedi con i tuoi occhi sei avvertito che la tua angoscia è stata cancellata da questa tenerezza che ti invade ". Questa liberazione interiore che sento è la tenerezza, è un amore che ti libera senza farti dimenticare il peso che hai portato fino a quel momento. Oggi sento che tutto questo peso di ricordi, di insuccessi, di errori è relativo: tutto ha servito per la tua crescita.
Se dovessi dire che cosa è per me la vecchiaia, direi che è leggerezza che non vuoi dire superficialità: vuoi dire che tutto quello che senti, che avviene, che vivi è come illuminato, leggero, non incontra ostacoli per essere assimilato dentro di te.

Arturo Paoli


in Lotta come Amore: LcA giugno 2006, Giugno 2006

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