Il racconto e l'impegno di chi ha subito una tragedia
Pensavamo succedesse solo nei film, roba da farwest. Urla, spari, fuoco, panico, inseguimento, fughe, sconcerto, rabbia, paura, morte. No, non è la sequenza di una pellicola cinematografica, è successo proprio qui, in Italia, in Toscana, a Massarosa, una piccola frazione in provincia di Lucca, in una calda giornata di luglio, mentre tutto scorreva apparentemente calmo come ogni giorno nell'azienda dove tante persone lavorano ancora oggi, ma dove quel 23 luglio del 2010 Luca Ceragioli, mio marito, e il suo collega Jan Hilmer, persero la vita per mano di un ex collega con gravi disturbi psichici che deteneva una pistola e un regolare porto d'armi, e che quel giorno era con loro in riunione per chiedere consigli su una sua fantomatica attività lavorativa.
La lotta per evitare altro dolore
Inutile cercare di raccontare il dolore che ha devastato due famiglie e tanti amici di due persone davvero speciali, un dolore che dopo otto anni fa bruciare ncora le ferite di questa tragedia. Invece vorrei raccontare, facendomi portavoce anche di chi in questi anni ha condiviso con me un cammino di ricerca e di speranza, quello che è successo nelle nostre coscienze e quello che forse sarebbe potuto accadere se avessimo lasciato che il mondo che ci era crollato addosso ci seppellisse
togliendoci anche il poco fiato che avevamo. Ci è stato chiaro fin da subito che qualcosa non ha funzionato nel nostro sistema legislativo se un soggetto che per due volte ha tentato il suicidio e con un passato di gravi disturbi psichici e sociali, avesse un'arma detenuta regolarmente. Una delle prime frasi che ho sentito tra le lacrime e la disperazione delle mie figlie è stata "non deve succedere ad altri quello che è successo a noi". Ognuno di noi, all'interno del proprio cammino di elaborazione della perdita, è riuscito a trovare lo spazio per affermare il valore della giustizia intesa come impegno nel voler colmare le lacune legislative in merito al possesso di armi da fuoco, sempre strumento di offesa letale.
La nascita di ognivolta
E così nel 2012 nasce "ognivolta Associazione familiari e amici di Luca e Jan". Ci siamo costituiti proprio il 23 luglio, perché questo giorno diventasse oltre che memoria anche speranza in un futuro che comunque abbiamo scelto di vivere. "Ognivolta" è un invito a riflettere su ciò che ci gira intorno, evocando a ciascuno di noi il richiamo di un'attenzione alnostro quotidiano in cui abbiamo bisogno fermarci "ogni volta che...", e ogni volta far sì che le nostre scelte siano migliori perché la
prossima volta sia meno dolorosa. Nel nostro cammino non abbiamo mai cercato di colpevolizzare soggetti, enti, associazioni. La nostra è una lotta pacifica alla ricerca di una maggiore sensibilità e confronto. Un confronto che attraverso le nostre svariate attività comincia dai giovani, adulti di domani, nei quali è importante
sollecitare uno spirito critico in merito al possesso di un'arma da fuoco. Proprio per questo abbiamo istituito da anni una borsa di studio nell'Istituto Commerciale "Carlo Piaggia" di Viareggio, incentrata sul tema del possesso di un'arma, e più in generale sull'idea di una difesa nonviolenta Abbiamo organizzato convegni a Viareggio e a Lucca sul tema "Sicurezza nell'uso delle armi da fuoco in Italia" nei quali si è affrontato il tema sviscerando più aspetti, da quello degli interessi
legati alla diffusione delle armi, all'idoneità nel rilascio di un porto d'armi, fino all'analisi del Ddl presentato in Senato sulle modifiche alla legge sul porto d'armi. Sono intervenuti rappresentanti delle istituzioni politiche, sanitarie, legali, delle autorità di sicurezza, di categorie sportive, di associazioni dei cacciatori. Sono state occasioni per analizzare il tema da diversi punti di vista, in modo da cercare una strada comune che conduca ad una maggiore sicurezza sociale.
L'opera di sensibilizzazione
Ogni anno organizziamo anche una "giornata di sensibilizzazione" dandole ogni volta una connotazione diversa per renderla un momento di arricchimento e di crescita. Nei vari anni abbiamo invitato fotografi, pittori, che, con la loro arte, hanno espresso temi ed emozioni legati in qualche modo allo spirito dell'associazione. Fondamentale per noi è far sapere che ci siamo e che possiamo divenire una risorsa per tutti quelli che purtroppo sono stati colpiti dalla nostra stessa tragica sorte,
un punto di appoggio e riferimento. Anche se niente ci restituirà i nostri cari, noi stessi sappiamo quanto sia importante condividere il cammino insieme a persone che hanno subìto il nostro stesso lutto.
Abbiamo conosciuto i familiari delle vittime della strage di via Carcano a Milano, siamo entrati in contatto con la città di Aci Castello, con i familiari dell'avvocato ucciso al Tribunale di Milano, cercando di creare una rete per rafforzare la nostra lotta, per unire le nostre energie, per intrecciare le nostre speranze, anche quando il ripetersi continuo di stragi per mano di squilibrati in possesso di armi ha minato la nostra fiducia e le nostre attese. Desideriamo condividere il lavoro di questi anni sulla conoscenza delle leggi e sui possibili miglioramenti, i risultati del confronto con gli addetti ai lavori e con alcuni politici sensibili a questo problema. E' importante sapere che non si è soli, che qualcuno prima di noi ha già intrapreso questa strada così faticosa, che ci richiede un impegno civile nonostante il dolore, la disperazione e la rabbia.
La difficoltà in Parlamento
Diverse proposte di legge sono state presentate in questi annio. In particolare ci riferiamo al Ddl 1558 del 2009 presentato dalla senatrice Marilena Adamo e da altri firmatari, decaduto nel 2013 e ripresentato con alcune modifiche con il Ddl 583 del 2013 assegnato alla Commissione Affari Costituzionali dalla senatrice Manuela Granaiola. Come ben potete immaginare tali disegni di legge hanno subìto attacchi e pressioni ostative da parte di categorie che vedono in essi una minaccia alle
loro attività o alle pratiche sportive o di caccia. Sia Marilena Adamo che Manuela Granaiola, oltre ad alcuni nostri politici locali, in questi anni hanno lottato insieme a noi, facendoci partecipi delle loro richieste, delle loro proposte in Parlamento, spesso rimaste senza risposta. Nel giugno 2017 siamo stati ricevuti in Senato per una conferenza stampa e per la consegna di una raccolta di firme per sollecitare il Ddl. Speriamo che questa battaglia possa continuare e trovare riscontro anche nelle coscienze di politici attualmente in carica al Governo. Ci teniamo altresì a sottolineare il nostro impegno per un continuo confronto con quanti, nella catena del rilascio del porto d'armi e nei controlli di identità dei medesimi, possano comunque far funzionare meglio le norme che già esistono, nell'attesa, che auspichiamo possa avvenire presto, di modifiche anche sostanziali della normativa attualmente in essere, a partire dai medici di base che con il rilascio del certificato anamnestico sono i primi ad attestare l'idoneità per ottenere un porto d'armi.
L'appello per dire addio alle armi
Chiediamo alle autorità politiche di riprendere in esame le proposte di legge che ncora aspettano di essere analizzate dalle Commissioni di competenza e di sollecitare un iter legislativo che porti al più presto a rivedere alcune norme che, allo stato attuale, non garantiscono la sicurezza della collettività minata da armi da fuoco detenute da persone che potrebbero farne un uso letale, stravolgendo la vita di famiglie come le nostre. Dalla nostra storia speriamo possa continuare a crescere un sentimento di rifiuto di tutto ciò che genera violenz, un "addioallermi", nella certezza che si possa costruire un futuro migliore privo di rassegnazione e rabbia, ma generatore di sentimenti di pace e di sereno impegno civile.Il racconto e l'impegno di chi ha subito una tragedia
Pensavamo succedesse solo nei film, roba da farwest. Urla, spari, fuoco, panico, inseguimento, fughe, sconcerto, rabbia, paura, morte. No, non è la sequenza di una pellicola cinematografica, è successo proprio qui, in Italia, in Toscana, a Massarosa, una piccola frazione in provincia di Lucca, in una calda giornata di luglio, mentre tutto scorreva apparentemente calmo come ogni giorno nell'azienda dove tante persone lavorano ancora oggi, ma dove quel 23 luglio del 2010 Luca Ceragioli, mio marito, e il suo collega Jan Hilmer, persero la vita per mano di un ex collega con gravi disturbi psichici che deteneva una pistola e un regolare porto d'armi, e che quel giorno era con loro in riunione per chiedere consigli su una sua fantomatica attività lavorativa.
Gabriella Neri - 24 luglio 2018 - addioallearmi.it
in Lotta come Amore: LcA Dicembre 2018, Dicembre 2018
Luigi Sonnenfeld
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