Amare profezie
Chi leggerà questo ennesimo fascicoletto di Lotta come Amore, troverà in alcuni articoli note più o meno amare riguardanti deviazioni rispetto a percorsi di autentica e generosa testimonianza di uomini e donne che hanno lasciato traccia di sé nella storia dei poveri e nella ricerca di riscatti e nuovi percorsi di giustizia e dignità. Questo avviene anche nella Chiesa. La profezia disturba da sempre la pretesa linearità di progetti teoricamente anche di rilievo. Mi pare come se i tentativi di conversione al Vangelo della Chiesa stessa, anche quelli coniugati da piani pastorali sapienti e nati da lungo ascolto della realtà abbiano a partorire rigidità che finiscono per mettere in ombra, se non addirittura cancellare, ciò che era sorto in virtù di sperimentazioni in campo aperto, di sensibilità non riconducibili a quanto coltivato, ma nate apparentemente dal niente, come i fiori che nessuno ha
seminato se non il vento.
Ricordo alcuni scritti di don Sirio, pubblicati su Lotta come Amore nella seconda metà degli anni '70 nella forma di lettere "Alla Santa Madre Chiesa". Chiede ascolto don Sirio, non tanto per sé quanto per la testimonianza di quanti cercano di vivere il Vangelo nella fragile quotidianeità della loro vita innamorata di Gesù. Nel luglio 1979 così si esprime: "ti scrivo ancora una lettera: non so se sarà l'ultima, il Signore solo lo sa e sia fatto come a Lui piace. Può darsi però che anche la stanchezza, e quella dell'Amore è particolarmente micidiale, mi sopraffaccia e mi svanisca quella fiducia e quella fedeltà di attesa che ancora mi trepidano in fondo all'anima: difatti basta un accenno e si riaccendono subito le speranze. Ma se poi, come ormai succede puntualmente, ricadono spente, allora l'amarezza è ancora più amara e il vuoto è sempre più abisso senza fondo. Scrivendo a te, santa madre Chiesa, non è che scrivo al papa: non faccio distinzioni tra te e lui, ma nemmeno unificazioni. La Chiesa, non è un uomo, sia pure papa e tanto meno un personaggio anche se di eccezionale rilievo
nell'attenzione del nostro tempo. Da un papa mi attendo un cristiano, assolutamente null'altro. D'altra parte nella tua realtà storica santa madre Chiesa, il papa quasi ti
sostituisce se non proprio ti costituisce e alla fine risulti per quello che è il papa. Ne sei perfino la storia: storia di papi, storia di chiesa. Succede quindi che scrivere a te è come scrivere a lui, al papa felicemente regnante. Perché delle parole le ha dette lui ma non so bene se sono anche tue queste parole. Penso di no, anche perché sono contraddittorie, preoccupanti e bellissime, affogano le speranze e le riaccendono. Ma è meglio pensare che sono parole di uomo, anche papa e quindi parole (dal dire al fare c'è di mezzo il mare) e poi oggi sono così e domani possono essere altre. Tu saprai, santa madre Chiesa, che qui a Viareggio, dal 21 al 24 aprile scorso è stato tenuto il decimo convegno nazionale dei pretioperai italiani (vi erano anche rappresentanti dei pretioperai francesi). Un convegno semplice e schietto dove la visione di Fede è stata tutta impegnata nella ricerca di
un'analisi dell'ingiustizia che imperversa nel nostro tempo e particolarmente nella fabbriche e nella società. Ingiustizia che si perpetua anche nella scissione fra una scelta di Fede e l'operare la giustizia. Non sto a raccontarti di tutto il convegno, .. non posso però non raccontarti che per me, vecchio prete operaio, quel convegno ha significato come un dono. Perché è stato tenuto qui, nella mia città dove si è iniziata e allora sono stati durissimi tempi di solitudine e di isolamento, quest'avventura di un prete, che lascia la sua talare per sostituirla con la tuta operaia nel mantenimento e nella crescita del suo sacerdozio. Non ci aspettiamo niente, santa madre Chiesa, ma se è possibile, da te e quindi dal papa, dai vescovi ecc. chiediamo di non essere indotti in tentazione e cioè come è sempre successo che non succeda ancora di «essere costretti a scegliere fra Gesù Cristo e i nostri compagni di lavoro», E poi ti chiediamo che tu ci liberi dal male e, cioè dal perpetuarsi di una diffidenza assurda, di una emarginazione ecclesiale preconcetta, da una realtà di solitudine che scava inutilmente ferite irrimarginabili... Perdona la presunzione, ma devo dirti, cara santa madre Chiesa, che noi non ci preoccupiamo che ci manchi la tua benedizione, ma è motivo di grande pena che tu non senta il bisogno del nostro Amore e della realtà operaia che noi portiamo nella nostra carne e più ancora segnata a fuoco nella nostra anima sacerdotale...".
Luigi
in Lotta come Amore: LcA Dicembre 2018, Dicembre 2018
Luigi Sonnenfeld
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