La morte non chiude la storia

In queste ultime paginette cerco di raccogliere il "sogno" che anima e sospinge in avanti le mie giornate. Non sono esattamente le mie attività che, intese in senso stretto, sono solo quelle possibili ad un vecchio che vive da solo (ops... scusa York!). Ma ciò che attiva le mie giornate e le rende brevi e sempre fin troppo corte per il tenere insieme direzioni differenti, problematiche che forse solo nella mia mente e nel mio cuore possono trovare connessione.
IL LAVORO CHE NON C'E' (... e la casa?) Gli ultimi miei 25 anni di lavoro si sono svolti nel capannone della Darsena, in via Virgilio 222. Prima il progetto di lavoro artigiano nel contenitore capace di raccogliere mestieri diversi, poi - man mano che il disagio e la disabilità vi trovavano occasione di semplici e povere produzioni in grado di "raccontare" esistenze invisibili - la dimensione cooperativa fino alla logica impietosa dei servizi per una pluralità di enti pubblici sempre più in affanno ad elemosinare visibilità e sempre meno in grado di dare indirizzi per una concreta politica sociale e solidaristica. Ora, mentre il contatto con il mondo del lavoro per me si fa sempre più debole e datato, mi rendo conto di quanto sia centrale il bisogno di lavoro nella marginalizzazione crescente. Che si tratti di italiani residenti o di immigrati e migranti, il lavoro continua ad essere il perno per una possibilità di svolta nella loro vita. E' possibile fare qualcosa, localmente è chiaro? E' tanto che ci penso e non mi riesce tirar fuori un ragno dal buco... Il primo passo è trovare un/a "alleato/a"! Non vorrei essere sempre più schiacciato nel ruolo di erogatore di servizi assistenziali sia pure minimi per i quali si bussa alla porta perché ci sta un prete. Non è che mi rifiuto di fare la mia parte, ma - come a volte dico con un'aggiunta di teatralità indicando la gente in strada e le case - "io conto per uno, chiedi in giro...", di fronte a richieste da centro d'ascolto caritas. Ascoltare le ascolto le persone, con il loro bagaglio di vita avvitata su se stessa, ed è tutto quello che posso fare nella mia condizione: dar loro la visibilità della narrazione di sè. Cercare di collegare e comunque dare forza a catene di solidarietà concreta e fattiva come quelle che potrebbero aprire non dico strade, ma anche solo tracce di viottoli verso un lavoro possibile, mi pare sia - come sempre - un moltiplcatore di speranza di vita e di condivisione. "LOTTAcomeAMORE"
Questo giornalino... è stato stampato e spedito ininterrottamente dal 1960. "Una lettera scritta agli amici" diceva Sirio, e per amici intendeva tutti quelli che negli anni lui/noi abbiamo incontrato. Fino a spedirne intorno a 2500 copie in Italia e non solo. Gratuitamente; perché - diceva Sirio - nessuno che scrive una lettera agli amici, chiede di restituire il prezzo del francobollo. Di contro tanti hanno contribuito volontariamente e liberamente alle spese di stampa e di spedizione. E il nostro orgoglio di essere stati sempre i primi a contribuire con il nostro lavoro. Pochi anni fa mi sono dovuto arrendere ai tagli statali dei fondi per l'editoria e quindi all'aumento quintuplicato delle spese postali. E alla sempre maggiore difficoltà di Poste Italiane a onorare la consegna della posta privilegiando il ruolo bancario. Una operazione di dimagrimento dell'indirizzario ha portato alla spedizione di due numeri l'anno per 500 copie circa. E comunque ogni spedizione incontra sempre maggiori difficoltà, e non è possibile sapere quanti giornalini ogni volta arrivano a destinazione. Ho messo in rete da alcuni anni tutto quello che è stato inviato sotto i titoli che si sono succeduti nel corso del tempo. Da "La Voce dei Poveri" al "Il nostro lavoro", dal ciclostilato "Popolo di Dio" al attuale "Lotta come Amore": www.lottacomeamore.it Mi piacerebbe concludere la spedizione in abbonamento postale e spedire a tariffa normale (anche se si aggrava l'onere finanziario) a chi ne fa richiesta rinnovandola ogni tanto in modo da mantenere aperto un "dialogo" a distanza sempre sull'onda della gratuità e dell'amicizia. Il 2018 e il 2020 segnano due ricorrenze collegate a Beppino e Sirio. Il prossimo 19 gennaio saranno 20 anni che don Beppe Socci è morto. Il 19 febbraio, 30 anni dalla morte di don Sirio Politi. Il 1 febbraio del 2020 saranno invece 100 anni dalla nascita di don Sirio. Anniversari che misurano inesorabilmente il tempo che passa e che ripropongono segni per una memoria viva che vanno preparati per tempo. Il giornalino farà la sua parte, se non nelle ricorrenze precise, almeno nel corso degli anni relativi. Vedremo. Intanto prepariamoci a vivere questo tempo, guardando vanti con fiducia, confortati dalla silenziosa presenza di questi due amici che ci hanno insegnato con il loro esempio, ad amare la vita.
PARROCO "A DISTANZA" Cinque anni fa ormai, la morte di don Beppone Giordano mi ha consegnato a un "servizio" nella parrocchia di S. Pietro a Vico a 35/40 chilometri dalla Chiesetta del Porto a Viareggio. E' passato il primo anno, angosciato, con il cuore in gola. Tra il dolore per l'amico di tante giornate, la solitudine che ancora una volta consegna ad un percorso tutto da inventare e la sempre maggiore difficoltà di risparmiare energie, non sono tuttora in grado di dire a me stesso come ho fatto a non crollare. Tre anni abbondanti per l'inevitabile passaggio di consegne, le misure da prendere, le partite da chiudere... Un susseguirsi di alti e bassi, di squarci di azzurro e dell'alzarsi di nebbie impenetrabili con la conseguente tentazione di abbandonare tutto. Amicizie vecchie e nuove mi hanno sostenuto e mi sostengono, una buona dose di testardaggine e la facilità di sorridere di poco e di entusiasmarsi di niente. In questo ultimo anno mi è diventato chiaro il possibile senso di questo mio servizio "controcorrente". La sensibile e crescente carenza di preti (che maschera una crisi generale di partecipazione alla vita della chiesa e delle sue tradizionali organizzazioni) ha indotto anche la mia diocesi di Lucca a volersi immaginare meglio assestata sul territorio. Così la parrocchia di S. Pietro a Vico (fondata nel VI° secolo da un vescovo che volle costituire un lascito a favore di una sua figlia...) si unirà alla parrocchia contigua di S. Cassiano a Vico. Poco più di 5000 anime, come si diceva una volta. Due paesi, due parrocchie le cui chiese sono distanti meno di 1 km. in linea d'aria, ma così diverse che non sarà facile metterle insieme. Un parroco (io) "a distanza" (la domenica due messe e una sera la settimana al più, un incontro), l'altro che ha superato felicemente l'invidiabile età di 90 anni di cui 50 celebrati in quella parrocchia. Inutile dire che andremo avanti così, ogni parrocchia sul suo binario, finché dura. Quando uno di noi due parroci o tutti e due, ci arrenderemo, sarà nominato un nuovo parroco per tutte e due le parrocchie. E allora cambierà tutto o quasi...
Inutile quindi per me cercare a S. Pietro a Vico una organizzazione sia pure nella linea di partecipazione attiva dei laici... tanto poi potrà cambiare tutto. Ho creduto e manifestato alla gente di S. Pietro che la cosa più sensata che possiamo fare e per cui posso dare una mano, è cercare di crescere la comunicazione di base e l'esperienza del lavorare inieme. Se queste capacità crescono, poi potranno essere utilizzate anche quando si tratterà di vivere più d vicino con i parrocchiani di S. Cassiano. Crescere la capacità di ascoltarsi e di parlarsi, fondamento di un andare avanti insieme. Proprio quello in cui mi riconosco più carente! Lo scherzo del destino, mi porta in fine vita a dare quello che non ho. Se Dio mi ha portato fin qui, mi affido a Lui e oserò camminare sull'acqua.

in Lotta come Amore: LcA Dicembre 2017, Dicembre 2017

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