La sirena e la campana

Mi sono accorto di suonare la campana della mia Messa, nella minuscola chiesa nascosta fra il lavoro del porto e dei cantieri, mentre sta morendo, in quella sua voce roca e bassa da baritono raffreddato, lo squillo violento, spiegato, splendente della sirena del cantiere qui accanto. Suonano le sirene qua e là al mattino, quasi come a richiamo fra loro, si svegliano una con l'altra e gridano squillanti <buon giorno> nel sole ora già acceso e alto sull'acqua ferma del porto, segnando sull'acqua luminosa le ombre chiare delle barche. D'inverno è ancora buio, l'aria è pesante d'umidità, spesso piove e allora le sirene non sono grido allegro ma feriscono l'aria fredda tagliandola a lunghi e penosi lamenti. Avevo la fune in mano della piccola campana, stamani, e la sirena urlava come pazza. Era inutile che suonassi i poveri tocchi della mia piccola campana finché durava quel grido violento: nessuno l'avrebbe udita, timida e riservata com'è. Ho aspettato perché bisogna andare d'accordo. Che serve metterci in contrasto: tu suoni la tua sirena e io la mia campana? No, no. Ogni cosa al suo posto perché tutto avrebbe il suo significato preciso e il suo valore, se fossimo disposti alla pace. D'altra parte io sono qui non per imporre qualcosa, stavo pensando tenendo la fune in mano mentre la sirena gridava, e in pochi istanti ho rivissuto tutto il mio problema. Sono venuto a offrire qualcosa, è sicuramente una gran cosa, ma ho voluto essere come quelli che offrono ai passanti, all'angolo della strada, la loro merce, in silenzio, senza richiamare attenzione, senza dare fastidio. Ogni mattina che suono la campanella, quasi nascosta sul tetto dal verde dei pini, è con trepidazione, con timore, forse vi è perfino un'ombra di pudore. Lavorano già, là fuori, da un pezzo e caricano e scaricano i motovelieri di tronchi. pesanti, di marmo, di mattoni. Di qua sta ancora agitandosi il mercato del pesce e grida ancora, scandendo i numeri, quello che offre, all'incanto, le cassette colme di pesce azzurro, fresco d'acqua di mare. È l'ora che se ne vanno al lavoro all'imboccatura del porto i rimorchiatori e le bitte e qui dietro fanno la curva del canale in questo momento: sento il respiro affannoso di vecchio fumatore a pipa, del rimorchiatore a vapore. E sulla strada filano in bicicletta o in moto gli operai del cantiere: la sirena sta suonando e i cancelli si chiudono, il cartellino non si timbra e si perde un'ora guadagnando soltanto un cicchetto e un avviso a muoversi la mattina. A quei tempi, a quest'ora, a questi minuti, e spesso erano istanti, anch'io ero a correre a perdifiato sulla strada: le curve strette strette in bicicletta e arrivavo e la buttavo là contro il muro e saltavo - e spesso erano spinte allegre, fra gli operai felici di rimproverarmi il ritardo - saltavo a timbrare il cartellino perché vi fosse stampigliato 7,25 e non, misericordia, 7,26. A quei tempi era quasi buio anche d'estate quando suonavo appena appena la campana, perché il silenzio della darsena è stupendo al mattino e mi dispiaceva turbarlo, tanto sapevo che a quell'ora quasi nessuno l'avrebbe ascoltata la mia campanella per venire così presto alla mia Messa di prete
operaio. Ora la sirena non mi chiama. Ma gli altri li chiama ancora, con quel grido prepotente. Sa di essere lei a comandare a tanti uomini, li tiene prigionieri, legati mani e piedi dal suo gridare e ne è orgogliosa, lo sento bene, spesso l'ho giudicata perfino cattiva, quasi che gridasse con malignità, come una suocera rabbiosa. Ora non mi chiama più. Sento le sirene più lontano alzarsi improvvise su dal silenzio del mattino e chiamare. E questa qui accanto comincia con voce dolce e suadente, si alza a ventata stupenda e vola lungo un arcobaleno di voce. Si ferma lassù in alto, a compiacersi un istante e poi ritorna adagio a calarsi calmandosi come dopo una violenza d'amore. Ma non le ubbidirò. Non potrà convincermi. Non ne ho paura. Appena, appena, ora, mi fa battere il cuore, ma non per timore di fare tardi, è soltanto palpito di rimpianto, di nostalgia, Perché forse mi sembra d'essere meno vivo a non correre per la strada dietro la sua voce che fa correre milioni di uomini, meno fra loro schiavi di quel grido, non sincero per sincerità di fatica e di stesso lavoro. Quell'urlo di sirena copriva un silenzio nascosto e segreto. Mi sperdeva dentro una folla che correva alla fatica. Mi chiamava ogni giorno da un mondo lontano e staccato, obbligandomi a vivere, allo scoperto, nella dura realtà quotidiana, invito ad una incarnazione fino alla croce. Ora sono io a chiamare con una povera corda in mano e una campanella sul tetto, mezzo nascosta dai pini, in un angolo di terra, quasi interamente circondato dall'acqua e dalle barche di pesca. Non vi sono case e famiglie qui d'intorno. Non vi è nessuno che aspetta che la campanella suoni, per venire alla Messa. Allora che suono a fare questa piccola campana sul tetto? È vero, non è per chiamare qualcuno. Non è per dire: ci sono anch'io. E nemmeno è per dare importanza alla chiesetta. Non vi sono motivi e è per questo che tiro la fune con timidezza, quasi con pudore, come di una cosa abusiva, strana, assurda. Mi ci vuole coraggio. Lo sento bene che è un atto di Fede. Adesso la sirena ha terminato il suo borbottare affiochito da baritono raffreddato. E su quel tetto della mia chiesetta, fra i pini, quella povera campanella batte piccoli tocchi, pressanti, fitti, fitti, uno accanto all'altro, quasi a rincorsa. Ho ripreso coraggio perché ogni atto di Fede è sempre coraggio. E tiro la fune della campana con convinzione e sicurezza. Non è per chiamare qualcuno o per attirare attenzione. È però il segno d'inizio del Mistero che lega Dio agli uomini e gli uomini a Dio. Batte i suoi tocchi sul mondo intero questa piccola campana, stamani. E suona dopo la sirena che chiama al lavoro, perché il dovere lo unisce e lo raccoglie in chiese fatte di fatica, di sacrificio, di pena, questo popolo umano in cui la ricerca del pane quotidiano scava abissi di dolore e quindi di bisogno di Dio. · E adesso suono con violenza - e sembrano singhiozzi i tocchi sul tetto - perché so bene che la mia campanella sta chiamando veramente qualcuno: chiama Lui, Dio, Gesù, a venire fra noi, fra loro, fra tutto il popolo congregato al lavoro. Chiama la Pace, la Giustizia, l'Amore. Chiama la Salvezza, la Redenzione a scendere dal Cielo nel vivere e nel morire degli uomini. La sirena e la campana. Gli uomini e Dio. Il mondo operaio e la Chiesa... e mi avvio con un'infinita speranza nel cuore a celebrare la Messa.

don Sirio


in Lotta come Amore: LcA Dicembre 2017, Dicembre 2017

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