Fu all'inizio del 1972 che la Chiesetta del Porto divenne la mia attuale residenza. Condivisa con don Sirio, Beppino e Maria Grazia, la Chiesetta rappresentò (dopo che don Miro Matteucci fu nominato parroco del quartiere di periferia di Viareggio, il Varignano; lui che vi abitava da quando nel 1965 Sirio e Rolando accettarono di iniziare - insieme a Maria Grazia - quella avventura calda e appassionata che è stata la Comunità di Bicchio) il ritorno ad una testimonianza di vita che sgorgava dall'ascolto del Vangelo e dal giocarvi tutto di sé, caratteristica più di una "fraternità" che di una parrocchia. Allora mi fu dato dai miei compagni la possibilità di ricavare una cameretta dalla parte a ovest della grande sala, sacrificando un caminetto d'angolo che non cessava di fare fumo, ma che - ancora in quegli anni - costituiva l'unica fonte di riscaldamento nelle case povere della maggior parte della gente. Sirio aveva la sua a fianco della cappella, Maria Grazia quella "degli ospiti" da lei stessa abitata nel percorso di avvicinamento a Sirio, Beppino la piccola stanzetta all'ingresso, così piccola da assomigliare a una cabina di nave da carico. Assaporammo per alcuni anni la vita di una famiglia. Intorno a Sirio, noi tre eravamo "i giovani". Di lì a pochi anni ognuno di noi avrebbe approfondito il solco della propria vita pur rimanendo la Chiesetta punto di attracco della "navigazione" di ciascuno. Ma intanto era la cucina, la stanza che ci raccoglieva per il pranzo e la cena, alla fine della giornata conclusa in cappella con la celebrazione della messa o una lunga preghiera silenziosa. Ci raccoglievamo intorno al piccolo tavolino anche se avevamo ospiti amici che frequentavano la casa e eravamo affezionati a quello spazio che della casa e della famiglia che l'abitava rappresentava il cuore. Noi di casa si andava in cappella passando dalla camera di Sirio che era quella più frequentata con la finestra aperta sul canale, il mercato del pesce, le barche che si accalcavano per scaricare il pescato. La sala era un po' il nostro "laboratorio" aperto all'incontro per i tanti anni di "scuola popolare", gli incontri di preparazione del "teatro", le discussioni di gruppo da noi indette o ospitate. Nuvole di fumo denso e fortissimo l'odore delle sigarette che ci accompagnava tutta la notte, dopo serate appassionate. Durante il giorno, il lavoro. Beppe rovesciava anche l'anima in mare, sui grandi pescherecci detti "lampare" per i gozzi che venivano calati in mare al centro della rete immensa con forti lampade che avevano il compito di attirare e far concentrare i grandi banchi di pesce azzurro che allora ancora popolavano il mare da Civitavecchia su fino a Genova. Maria Grazia si iscrisse alla Scuola Infermieri e iniziò quel lavoro nell'ospedale della città. Sirio mantenne fedelmente il suo impegno con Rolando (don Rolando Menesini, compagno della prima ora di don Sirio, rimase nella casa di Bicchio, essendo parroco di quella frazione, fino al 1991) e continuò a raggiungerlo tutte le mattine nell'officina di ferri forgiati. Sirio mi trovò lavoro a 300 mt. dalla Chiesetta, su un barcone in via di trasformazione che mi dette il battesimo del lavoro industriale dopo gli anni di lavoro agricolo. Poco alla volta la cappella ritornò ad essere lo spazio di una preghiera personale, la sala il luogo aperto a tutto l'impegno profuso in quegli anni nella lotta per la pace e le sue attività, la cucina - alla sera - si affermò ancora di più come il cuore pulsante della casa e della piccola famiglia che continuava ad abitarla. Le due panchette di legno di ciliegio, la lampada in ferro forgiato sagomata da Sirio come un fiore che dà luce al tavolino d'angolo, le due sedie impagliate da Beppe, dicono del ruolo assunto da questo luogo raccolto di incontro e di vita. Anche oggi, che vivo da solo nella Chiesetta da quasi 20 anni, è questo l'angolo in cui mi sento veramente a casa. E' l'angolo opposto alla porta di ingresso e, per chi viene di fuori, l'abitazione sembra esaurirsi nella sala con la sua ampia vetrata e la parete colma di libri fino al soffitto. Chi vi occhieggia dall'esterno non coglie la presenza e spesso mi sento dire: "non ho visto nessuno, non c'era nemmeno una luce accesa". Oppure chi suona il campanello crede che io sia lì vicino in mezzo ai libri al grande tavolo lungo la vetrata, e non ha la pazienza di aspettare che io arrivi dall'angolo opposto della casa. Per cui quando arrivo ad aprire la porta non vedo nessuno perché nel frattempo
chi mi sta cercando comincia a fare il giro della casa per cogliere qualche segnale di umana presenza. A voi capita mai di ritirarvi dentro la pancia della mamma?
Luigi
in Lotta come Amore: LcA Dicembre 2017, Dicembre 2017
Luigi Sonnenfeld
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