La "lunga battaglia contro i cappellani militari" e più precisamente, contro la compromissione della Chiesa attraverso la presenza dei suoi ministri ordinati nelle strutture militari, gradi compresi, è punteggiata da lettere che puntualmente don Beppe invia ai giornali in risposta ad interventi dei vescovi militari che si succedono negli anni alla guida della "diocesi militare". Lettere mai pubblicate, senza una riga di risposta, nella più completa indifferenza anche solo per una reprimenda nei confronti di un così tenace contestatore.
A proposito di questa sua lotta nella Chiesa, ricordo un episodio nei primi anni della sua permanenza a Viareggio, quando era imbarcato su una "lampara" che inseguiva i banchi di acciughe tra La Spezia e Fiumicino. Per una serie di circostanze la barca su cui lavorava Beppe si trovò a ridosso di una delle isole dell'arcipelago toscano e perdurando il mare sfavorevole, l'equipaggio (una quindicina di uomini, capo pesca compreso) scese a terra godendo di un paio di giorni di inattività. Circostanze analoghe avevano portato alla fonda anche una nave militare sulla quale era imbarcato un cappellano, militare pure lui. Gli equipaggi si incontrarono al bar del paese e venne fuori che anche la lampara aveva a bordo un prete, sia pure come semplice membro dell'equipaggio. Il cappellano militare saputolo, invitò don Beppe a concelebrare con lui nella piccola chiesa parrocchiale. Beppe, più tardi a Viareggio, ci disse di aver avuto più di una crisi di coscienza e forse avrebbe trovato il modo di manifestare la sua contestazione nei confronti dei cappellani "con le stellette". Ma l'intero equipaggio della barca da pesca era talmente contento di far vedere che, anche tra di loro, c'era un prete che non si vergognava di essere come loro, che dovette accettare e la messa fu concelebrata alla presenza di tutto l'equipaggio della lampara al gran completo e di numerosi militari.
Per qualche tempo lo prendemmo fraternamente in giro alla Chiesetta, ma lui allargava le braccia come a dire di essere stato "costretto" dai suoi compagni di lavoro. E questi l'hanno sempre ricordato come il "parrino" (l'equipaggio, salvo poche eccezioni, veniva dalla Sicilia per la stagione di pesca) che lavorava agli spruzzi del mare come loro.
Mi domando, come avrebbe reagito Beppe alla notizia che Papa Francesco aveva ricevuto i Cappellani militari partecipanti ad un corso di formazione al Diritto internazionale umanitario (qualcosa che ha a che fare anche con la "guerra umanitaria"?):
Rivolgendosi ai Cappellani Militari partecipanti al IV Corso di formazione dei Cappellani Militari al Diritto internazionale umanitario, Papa Francesco ha voluto parlare della guerra, che "lascia sempre un segno indelebile" provocando "sofferenze, in chi la subisce, certo, ma anche in chi la combatte", perché "sfigura i legami tra fratelli, tra nazioni, e sfigura anche coloro che sono testimoni di tali atrocità". "Come cristiani", ha proseguito Bergoglio, "restiamo profondamente convinti che lo scopo ultimo, il più degno della persona e della comunità umana è l'abolizione della guerra", "non dobbiamo mai cedere alla tentazione di considerare l'altro solamente come un nemico da distruggere", ma "impegnarci a costruire ponti che uniscono e non muri che separano".
Il Papa ha poi voluto sottolineare l'importanza dell'appello evidenziando l'unicità di un momento storico in cui "stiamo vivendo in una terza guerra mondiale a pezzi". "Anche nel mezzo della lacerazione della guerra non dobbiamo mai stancarci di ricordare che ciascuno è immensamente sacro" ha precisato il Pontefice, ponendo l'accento sul primato dei diritti umani, gli unici che possono "salvaguardare i principi essenziali di umanità in un contesto, quello della guerra, che è in se stesso disumanizzante".
(E, Ruggero in Notizie.it 27 ottobre 2015)
Certo, le affermazioni di Papa Francesco non lasciano dubbi e "l'abolizione della guerra", pur collocato nelle finalità "ultime", è sempre contenuto nell'orizzonte della nostra vita. Entra quindi, a buon diritto nelle opere di cui la coscienza cristiana cerca la realizzazione, sia pure per gradi nell'impulso di una utopia che si fa storia.
L'idea propugnata da Francesco, di una Chiesa più sinodale e meno centrata sul ruolo egemone del Papa di Roma, porterà forse a prassi che possono maturare anche nell'ambito delle Chiese locali. Chissà che in un futuro non troppo lontano, qualche Vescovo non inizi percorsi nuovi con i suoi preti e le sue comunità cristiane per proteggere il volto sfigurato dalla guerra di chi la soffre e di chi la combatte - volto sfigurato di Gesù -, dal cuore devastato della disperazione umana?
Don Beppe avrebbe avuto ben chiara la sua scelta. Nella rappresentazione scritta da don Sirio e portata in scena in varie parti d'Italia, tra il 1983 e il 1986, dal gruppo teatrale della Chiesetta del Porto, "Le ombre di Hiroshima", Beppe, nel ruolo di un cappellano militare, avanzando sulla scena, le braccia appena allargate, le mani aperte, la voce rotonda e sicura, faceva con estrema convinzione la sua obiezione di coscienza:
"Ho capito, dopo sedici secoli, ho capito
che la croce sui labari dell'esercito romano
issata da Costantino a benedire la guerra
fu dissacrazione sacrilega, blasfema
di Cristo Crocifisso.
Segno di Amore supremo, infinito, la Croce
diventata incitamento al furore guerriero,
progetto divino di fraternità umana
trasformata in spada a versare fiumi di sangue.
E fu proclamata e predicata la guerra
giusta, santa e diventò crociata.
Lacrime e sangue di Cristo e di povero popolo
tradita nella fede in Dio Padre di tutti
nel Amore di umanità famiglia di fratelli
nella Speranza di un sogno di pace universale
Stato e Chiesa, Chiesa e Stato
per bramosia di potere, di sacro Impero,
incontro e alleanza che ha consacrato
benedetto e santificato la guerra
cioè il delitto, l'assassinio, la strage,
lo sterminio.
Ho capito: io sacerdote di Cristo
parola di fraternità, Vangelo per tutti
gli uomini, sotto lo stesso sole, figli di Dio,
ho capito che insieme
pace e guerra, pane e distruzione
vita e morte, fratelli e nemici
Sacramenti ed esercito, croce e stellette,
insieme sono equivoco sacrilego
davanti a Dio e inganno per la povera gente.
lo ho finalmente capito, per grazia di Dio,
Vescovo pastore delle forze armate
sacro generale di corpo d'armata,
ho capito e restituisco a vostra Eccellenza
le stellette di cappellano militare.
Le strappo di sulla mia coscienza di prete
perché la croce di Cristo soltanto
segni la missione del mio sacerdozio
annuncio e sacramento di pace
di fraternità umana, di Amore universale".
(Sirio Politi, Le ombre di Hiroshima, testo teatrale 1982)
Luigi
in Lotta come Amore: LcA dicembre 2015, Settembre 2015
Luigi Sonnenfeld
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