Raul Zibechi: cambiare il mondo o creare un mondo?

Le basi d'appoggio zapatiste stanno creando un mondo nuovo. Se avessero optato per cambiare questo mondo, sarebbero entrate nella politica statale, anche senza partecipare alle elezioni. Cambiare questo mondo non è possibile: il risultato dei cambiamenti per i quali abbiamo lottato è il mondo in cui stiamo, qui e ora. I popoli vivono (l'hanno vissuto nel caso degli zapatisti) in spazi che somigliano al campo di concentramento, nel senso che gli dà Agamben: spazi dove lo stato di eccezione è la regola, e la vita umana si riduce a pura vita biologica (nuda vita), una situazione in cui chiunque può uccidere (l'indio, il nero, il meticcio) senza commettere omicidio (Agamben G. Homo sacer: il potere sovrano e la nuda vita, Einaudi, Torino 1995).
Gli Stati moderni, in particolare quelli dove i non europei sono una parte importante della popolazione, instaurano attraverso uno stato di eccezione permanente (non dichiarato, eseguito spesso da gruppi parapolizieschi-paramilitari) una guerra civile legale, per eliminare quelli che il sistema considera popolazione in eccedenza o scartabile. Chi considerasse eccessiva questa affermazione, può dare uno sguardo a quel che avviene in Messico da che il presidente Felipe Calderòn dichiarò guerra al narcotraffico (2006), nelle favelas brasiliane dalla dittatura militare in avanti (1964) e in tutti gli spazi dove, come diceva Benjamin (2010), la tradizione di resistenza e ribellione degli oppressi ci insegna che lo stato di eccezione è la regola.
Il campo di concentramento non è riformabile. Lo si può solo distruggere, mandare in pezzi. Per questo, come segnalava Fanon e come hanno fatto gli zapatisti, non c'è altro cammino che la violenza. La violenza di per sé non è una soluzione, ma qualunque soluzione passa attraverso la contrapposizione alla violenza del sistema e il recupero dei mezzi di produzione. Poi, Agamben ci ricorda che "dai campi di concentramento non c'è ritorno possibile alla politica classica" (Agamben o.c.) E ci dice che partecipare alla politica statale, con la sua liturgia di votazioni, comizi e discorsi mediatici, è come sedersi a negoziare con i guardiani del campo di concentramento qualche misura per temperare le condizioni della reclusione. Nel campo di concentramento, la democrazia elettorale è un'ipocrisia. Oggi la democrazia è la barriera antifiamma per isolare quelli che stanno in basso. La democrazia elettorale è il muro delle prigioni. Il filo spinato dei campi di concentramento, il modo di illudere i confinati che possono trovare alleati nella società rispettabile, "nobile" e bianca, quella che può votare le sinistre e sentirsi rappresentata da loro.
Gli zapatisti non si propongono di cambiare il mondo. L'idea di cambiare il mondo come una totalità, capitalista, per dar luogo a un'altra totalità, socialista, può intendersi solo a partire da una concezione che considera la società attuale come un campo di relazioni e di elementi omogenei e continui.
Il lavoro di Anibal Quijano è particolarmente illuminante sotto questo punto. Sottolinea che nel pensiero eurocentrico, il tutto mantiene un primato assoluto sulle parti, e una sola logica governa entrambi. Però in reltà le totalità storico-sociali sono articolazioni di elementi eterogenei, discontinui e conflittuali, in modo che quella totalità non è un sistema chiuso, una macchina e, pertanto, i suoi movimenti non possono essere unidirezionali; non si può muovere come un tutto perché coesistono logiche di movimento molteplici ed eterogenee.
L'analisi di Quijano ci permette di comprendere i tempi e gli spazi propri di indios, neri, donne, e di tutte le persone oppresse:
I processi storici di cambiamento non consistono, non possono consistere, nella trasformazione di una totalità storicamente omogenea in un'altra equivalente, sia in modo graduale e continuo, sia per salti e rotture. Se così fosse, il cambiamento implicherebbe l'uscita completa dallo scenario storico di una totalità con tutte le sue componenti perché un'altra che deriva da quella occupi il suo posto. Quella è l'idea centrale, necessaria, esplicita dell'evoluzionismo graduale e unilineare (..). Il cambiamento colpisce in modo eterogeneo, discontinuo, le componenti di un campo storico di relazioni.
Non si può cambiare il mondo senza cadere nel totalitarismo. E' necessario costruirne uno nuovo, con quelli e con quelle che siano disposti a farlo. Questo è il messaggio profondo dello zapatismo, il motivo del perché rifiuta l'unità e l'omogeneità e propone di creare spazi di incontro per lavorare insieme rispettando le differenze. E' un modo ben distinto da quello eurocentrico, non pretende che tutti siamo zapatisti, non pretende di portarci tutti verso un qualche luogo, è un'altra cosa. Possiamo cambiare il mondo solo cerando qualcosa di differente.
L'unica via d'uscita perché i colonizzati non ripetano, ancora e ancora, la terribile storia che li colloca al posto del colono, è la creazione di qualcosa di nuovo, di un mondo nuovo. E' il cammino nel quale i dominati possono smettere di fare riferimento al dominante, di desiderare la sua ricchezza e il suo potere, di perseguire il suo posto nel mondo. In quel cammino possono superare la condizione di inferiorità nella quale li ha posti il colonialismo. Non potranno superare quel ruolo litigando per spartirsi quello che esiste, che è il ruolo del dominatore, bensì creando qualcosa di nuovo: cliniche, scuole, caracoles, musiche, danze. Dovranno fare quel mondo altro con le loro mani, mettendo in gioco le loro immaginazioni e i loro sogni, con modi differenti di fare, che non sono calco e copia della società dominante ma creazioni autentiche, adeguate al <noi> in movimento. Creazioni che non hanno nulla da invidiare al mondo del colonizzatore. In quel movimento collettivo del camminare, avremo anche le condizioni per decolonizzare il pensiero critico.

Da "Alba di mondi altri" - I nuovi movimenti dal basso in America Latina, di Raùl Zibechi

"La conoscenza è un bene dell'umanità. Tutti gli esseri umani devono aver accesso al sapere. Coltivarlo è responsabilità di tutti".

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