Padre dalle viscere materne: un uomo

Passarono gli anni, la solitudine si trasformò in depressione; non volle curarsi ma si prese invece cura dei suoi vecchi genitori finché vissero, anche loro rattristati per questo figlio sfortunato e deluso.
Non si rendeva conto che isolarsi equivaleva ad arrendersi senza combattere, senza gli anticorpi necessari per difendersi dalla marea montante di stupidità, arroganza, volgarità di cui era da tempo malata la società italiana. Non si reagiva più, si era come rassegnati ad una escalation di ipocrisia secondo cui si faceva passare per bianco ciò che era nero in un diabolici sovvertimento di valore che non aveva uguali nella storia del nostro paese se non al tempo della dittatura fascista. Invano si alzavano qua e là voci ora sdegnate, ora satiriche che denunciavano una deriva inarrestabile.
L'unica via d'uscita sembrava essere una nuova "resistenza" per coloro che si opponevano a tutto ciò. Ancora ne esistevano e non si distinguevano più per l'appartenenza ad una ideologia e neppure per essere dentro o fuori la Chiesa; la distinzione era semplicemente tra "esseri pensanti" e "non pensanti".
In una atmosfera sociale del genere la solitudine in cui si era rifugiato Stefano lo aveva portato ad un pessimismo sempre più marcato sul futuro del Paese e sulla sua situazione personale, duramente compromessa dalle vicende che conosciamo. Si sentiva circondato da un mondo indifferente e persino ostile, nel quale si trovava fuori posto. In una parola era venuta meno quell'irriducibile speranza nei valori più nobili dell'uomo, che soli possono costruire il futuro dell'umanità, quella "spes" che non viene meno anche quando svaniscono le speranze umane.

Tutto il romanzo è autobiografico. Franco costruisce la storia cucendo insieme le vicende di cui è stato spettatore, o - più precisamente - ascoltatore e attore, coinvolto fin nel midollo della sua umanità e della sua fede. A maggiore ragione sono autobiografiche queste ultime righe: lo descrivono così come l'ho visto l'ultima volta che è passato dalla Chiesetta con la moglie nella loro vecchia Panda. Avrei voluto trattenerlo, leggere insieme con lui pagine del suo libro, soprattutto quelle che possono ancora aprire il libro delle memorie di persone care che hanno attraversato anche la mia vita senza più uscirne. Ma l'oggi pretende troppo e mi pesa terribilmente la stanchezza e soprattutto la difficoltà ad uscire dai solchi che le pre-occupazioni del presente scavano dentro e mi impediscono di alzare la testa (e soprattutto il cuore...) alle sorprese che la vita riserva. Avrei voluto abbracciare quell'uomo mite nella duplice accezione di non violento e di forte, invincibile fedeltà alla sua vocazione. Padre di tanta vita giovane, bella e insieme stravolta dalla crudeltà delle storie e dai violenti propositi dei mercanti di carne umana. Padre innamorato, padre disperato, padre dalle viscere materne: un uomo.
Luigi

Questo dunque era Stefano, giunto alla soglia dei settant'anni. Uno Stefano segnato da numerose prove, ma anche investito di una missione particolare che solo lui può svolgere. Perché ogni essere umano ha la sua strada da percorrere per il bene suo e degli altri. "Ogni morte di uomo mi diminuisce" afferma John Donne, ma è il pedaggio che si paga per continuare a vivere. "Tribolati ma non schiacciati, sconvolti ma non disperati, colpiti ma non uccisi" scrive San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi. E Stefano, poco alla volta, stava imparando la lezione della vita. C'erano voluti 70 anni? Non importava. L'essenziale era ritrovare il "filo rosso" di una missione che richiedeva ancora tempo, impegno, fatica e soprattutto amore.. Perché l'amore è ciò che dà sale a tutto il resto ed era quello che Stefano aveva conosciuto e vissuto con l'aiuto di Valentina; era ciò che poteva donare, finché fosse vissuto. Nell'attenzione verso chi soffre ed è perseguitato, poteva ancora sentirsi unito a Valentina e, forse, anche a quel misterioso Dio che aveva permesso quella fine prematura..
A Otranto scese dalla corriera con la mente confusa, ma con il cuore in attesa di qualcosa che sarebbe dovuto accadere al termine di quel lungo viaggio della memoria. Il sole era tramontato e la sera scendeva rapidamente accompagnata da nuvole sempre più scure, premonitrici di brutto tempo per l'indomani. Si infilò nel primo B&B che trovò e si addormentò di colpo per le emozioni che quel viaggio aveva suscitato.
Quella notte Stefano fece un sogno, forse le immagini che aveva rievocato nel lungo viaggio popolavano ancora il suo inconscio o forse qualcuno voleva comunicare con lui attraverso il linguaggio misterioso e pieno di suggestioni che abitano il sonno di noi mortali.
Gli sembrava di essere in un giardino meraviglioso, pieno di fontane ed alberi fioriti. Valentina, vestita di una candida veste, gli veniva incontro e lo introduceva in un palazzo pieno di luce. Attraversavano una stanza dietro l'altra e, al loro passaggio, volti conosciuti li salutavano sorridendo. C'era anche don Giustino che li benediceva e li incoraggiava a proseguire oltre. Ad un certo momento il palazzo e Valentina scomparvero e Stefano rimase solo in quella luce abbagliante. E una voce disse: "Ancora dieci anni ed entrerai in questa luce". Stefano non si sentiva pronto per quel viaggio e rispose: "Vorrei aspettare ancora: non ho amato abbastanza per entrare nella luce": La voce riprese: "Aumenterà la tua luce se amerai ancora, l'amore non conosce limite ed io ne sono la misura".
(Il campo dei girasoli, pag. 122 e s.)

in Lotta come Amore: LcA settembre 2015, Settembre 2015

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