"Perché siamo scesi in piazza il 25 ottobre"
Sono un figlio della negli ultimi 10 anni, determinando la cancellazione di diritti e la negazione di
opportunità per la mia generazione. Sono un figlio dello smantellamento della scuola e
dell'università pubblica per tutte e tutti. Sono un figlio della conseguente 'precarizzazione' del
lavoro. Sono un figlio del presente unico, dell'immediato, del subito. Sono un figlio di un periodo
troppo lungo in cui i deboli sono tornati debolissimi, gli ultimi esclusi, i poveri, poverissimi. Sono
un figlio di un paese in cui gli analfabeti sanno usare Facebook ma non hanno strumenti per
interpretare la realtà. Sono un figlio della fine dello Stato Sociale.
La cosa che più fa male è che non sono un caso, ma sono la regola. Una delle minuscole tessere
frammentate che compongono il mosaico di una generazione costretta alla solitudine, alle passioni
tristi e alla disillusione, che ha smarrito il senso della parola futuro. Siamo in tantissimi a non
poterci permettere di pagare migliaia di euro di tasse universitarie ogni anno, né tanto meno altre
centinaia in libri di testo, vocabolari e materiale scolastico. A causa del numero chiuso universitario
non ci possiamo nemmeno permettere di sognare da grandi di diventare medici, architetti o
veterinari. Quando usciamo dalle nostre scuole e dalle nostre università sempre più spesso non ci
possiamo permettere nemmeno di andare al cinema o visitare una mostra. Durante i nostri mesi
estivi siamo costretti a lavorare in nero o a chiamata, e non ci possiamo permettere di viaggiare, di
spezzare le nostre catene, liberare la nostra curiosità e la nostra voglia di scoprire il mondo, di
riabbracciare i nostri coetanei conosciuti durante i mesi passati in Erasmus.
Il 25 ottobre siamo scesi in piazza perché non ci possiamo permettere una riforma del mercato del
lavoro controllata dagli ordini professionali, senza welfare e politiche per l'occupazione. Non ci
possiamo permettere un'istruzione priva di edifici all'avanguardia, laboratori innovativi e insegnanti
appassionati e preparati perché non può esistere nessuna 'Buona Scuola senza Buon Lavoro'. Siamo
andati in Piazza San Giovanni perché non ci possiamo permettere un'Italia piena di professori, ma
senza maestri. Non ci possiamo permettere nemmeno un paese senza adulti che sappiano prendersi
le responsabilità nei nostri confronti delle scelte che ci riguardano.
Alberto Irone
Portavoce nazionale Rete degli studenti medi
in Lotta come Amore: LcA dicembre 2014, Dicembre 2014
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455