Succede che determinati modi di dire si facciano strada velocemente nell'uso corrente fino a costituire affermazione di valore in sé al di là di ogni preoccupazione di coerenza con quanto affermato.
In queste settimane ad esempio, incrocio la reazione di don Luigi Ciotti rispetto ad un uso generalizzato e disinvolto della parola "antimafia" con la quale si vuole allontanare da sé ogni sospetto di atteggiamenti e comportamenti mafiosi dichiarandosi "anti". Lui propone piuttosto di invitare a comportamenti positivi che definisce "responsabili" e che nel loro essere positivo sono "anti" in sé.
Mi pare che questa stessa cosa succeda anche nella Chiesa e non c'è tanto da meravigliarsi in quanto la Chiesa ha i piedi (purtroppo a volte anche il cuore), nel mondo.
Sempre più spesso, in incontri di carattere spirituale, sento rivolgere esortazioni di questo tipo: "ascoltiamo la parola di Dio e poi scambiamoci quello che lo spirito suggerisce ai nostri cuori". Due
azioni (l'ascolto e il confronto nello spirito) che sembrano andare in automatico come se l'ascoltare la lettura di un brano biblico fosse già "parola di Dio" e l'intervenire con personali riflessioni fosse
immancabilmente frutto dello spirito.
La Bibbia non è propriamente parlando "parola di Dio", ma contiene la parola di Dio. E' parola di Dio quando il suo seme feconda la vita umana e la parola si fa carne in continuità con il mistero
dell'amore divino per l'umanità.
Lo spirito, a sua volta, non è improvvisazione, stato emozionale, istintività pura, ma piuttosto frutto della fatica del confronto, della ricerca di senso senza pregiudiziali od obiettivi scontati.
L'ascolto quindi di brani della Bibbia ha bisogno di calarsi in un contesto concreto di vita - quello che gli ascoltatori stanno sperimentando nella loro esistenza o proprio nel momento della
proclamazione. [ancora 2500 battute max] E' così che l'ascolto si fa preghiera.
Quando penso alla preghiera, ho in mente una "cartolina" della darsena viareggina al tempo delle lampare: lungo il molo, dalla vecchia passerella in su, venivano scaricate dalle barche le
lunghissime reti che circondavano i banchi di sardine e le stringevano a poco poco in fondo al sacco. Ogni tanto i varchi aperti dai delfini a caccia di cibo fresco dovevano essere chiusi e lo
facevano, naturalmente a mano, i più anziani dell'equipaggio mettendosi a sedere su degli sgabellini di legno e passandosi la rete sulle gambe mentre la mano esperta individuava gli strappi e li ricuciva con l'aguscella carica di filo nuovo. Questa paziente opera di rammendo, ricostruendo le maglie una ad una, mi pare segno della preghiera. Ritrovare il filo della vita negli occhi e nel cuore di Dio,
annodando a mo' di rete le antiche storie della Bibbia e la storia dei nostri giorni resa viva nell'esistenza e nell'esperienza personale. Comprendo il bisogno di Gesù di una preghiera ai margini
della giornata, non invasiva del tempo da spendere tra gli umani, ma indispensabile per ricostituire il tessuto di relazione e di fiducia mangiato da una esistenza che non innalza barricate per difendere
l'io. E mi rendo conto che anch'io - pur nella incessante frantumazione della mia consapevolezza -
ho finito per privilegiare la prima ora della giornata che mi tira giù dal letto e mi strattona fuori casa dietro Frido, il vecchio cane che mi fa compagnia, su per i viottoli della pineta fin sulla spiaggia del mare. E la mezz'ora almeno che mi concedo sulla terrazza della chiesetta, tra un limone che affonda le radici in un grande vaso e l'enorme pentolone da formaggi che mi fa da orto.
Questo tempo iniziale e finale della giornata, mi è divenuto indispensabile. Costituisce per me il tempo del "rammendo", dell'incontro tra la sbriciolatura del mio quotidiano e la direzione di senso che abbraccia cieli e terra e mi riconsegna a me stesso. Tempo di pacificazione non perché alla fine i conti tornano, ma perché tutto quello che "non torna" trova la sua ragion d'essere nel lasciare aperti i varchi del mistero che avvolge la vita umana e la storia di questo mondo. Non ci sono parole per dirlo, eppure - nel silenzio - tutto appare chiarissimo come un cielo in assenza di nuvole. Non rientro nel quotidiano con una soluzione in tasca. Tuttaltro. Ma con la serenità di chi accetta di non sapere e appoggia tutta la sua fiducia, con l'ingenuità i fanciullo, in colui che sa.
Luigi
in Lotta come Amore: LcA luglio 2014, Luglio 2014
Luigi Sonnenfeld
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