E' forse una delle affermazioni di Gesù (è il suo comandamento) più sconcertante di tutto il Vangelo. A pensarci bene fa paura dover accogliere Gesù nella vita non soltanto come esortazione o anche come comandamento di Amore ma come metodo, come misura di Amore.
Non lascia possibilità di scelta a questo valore così fondamentale della vita, così essenziale realtà di vita fino ad essere l'identità più profonda e più costruente del proprio io, come è l'Amore.
Vi è una differenza abissale fra il dire: amatevi e il dire: amatevi come vi ho amato io.
Quel "come", avverbio comparativo così breve, ma così violentemente determinante, strappa via ogni facoltà di iniziativa, ogni libertà di scelta, perfino ogni possibilità di quella bellissima fatica di essere tu a costruirti l'Amore. Di mettere su pezzo a pezzo la tua vita, di ammirarne la costruzione e di abitarvi godendone la gioia anche se
a rischio di potenti lacerazioni e disperazioni.
E' Gesù che si sostituisce a tutto chiedendo di essere Lui l'Amore.
Ogni e qualsiasi motivazione che mi fa palpitare il cuore, tutto il mio andare verso l'altro, il modo di vivere l'altro, la tenerezza, la passione, il logorarsi di desiderio, il donarsi senza misura, la sopportazione senza fine, il contrastare violentemente, il lottare fino a rimetterci la vita, il sognare senza stanchezze, lo sperare sempre di più, l'aspettare con pazienza inesauribile, il piangere disperato, la gioia prorompente, la felicità che trabocca e una Fede spaventosa che abbracci tutto Dio e creda perdutamente in tutta la umanità... insomma l'Amore, bisogna impararlo da lui.
Bisogna che questo Amore che investe e travolge la vita (se è vita responsabilmente di uomo e di donna) sia il suo Amore. L'Amore con il quale Lui ha amato.
E dice che Lui ha così veramente amato da chiedere di non amare con qualsiasi altro Amore ma con il suo Amore.
Dice, è chiaro, che non può esistere altro amore, che qualsiasi altro modo di amare non può essere Amore.
E' evidente che non rimane altra alternativa se io non voglio
sbagliarmi nell'amore, nel sognare l'Amore, nel cercare di viverlo, nel tentativo di essere in qualche modo un po' di Amore.
E' la scelta più pesante che il Cristianesimo pone ad ogni uomo, all'umanità tutta. E' la proposta più assurda che l'impegno cristiano comporta e non può non lasciare perplessi, sgomenti. A meno che non si annacqui il comandamento di Cristo con amorazzi più o meno
occasionali fatti di qualche sospiro, di qualche opera buona, di associazioni assistenziali, di un vogliamoci bene, di benedizioni a grandi segni di croce, di preghiere, di "ascoltaci Signore" alla preghiera dei fedeli...
Sarebbe tanto più giusto allora lasciare da parte Gesù Cristo e cercare l'Amore dove è così facile, semplice, istintivo e quindi immediato il trovarlo, cioè in se stessi, diventando il "se stesso" motivo, metodo e finalità di questo Amore, operando quel piccolo e spaventoso imbroglio che rende così schifoso questo mondo: Amore mascheratura di egoismo.
A gradualità più o meno intense, ma l'Amore che non cerca di essere come il Suo è condannato a essere egoismo, sia pure sfumato di penombre e di buio fino alle tenebre della malvagità.
Oppure cercare di amare in modo diverso da quello di Cristo. Amore ma non come il suo, copiato da lui, imparato da lui. Amore venuto su come fuoco che brucia, dalla constatazione della sofferenza, della ingiustizia, della schiavitù che grida a reclamare libertà, diritto alla vita. Amore violento, placabile soltanto distruggendo, uccidendo.
Amore che si scontra con l'egoismo in un duello fatto ugualmente di odio. E il mondo è un eterno e orribile campo di battaglia, sempre affogato di sangue e di lacrime, di macerie e di desolazioni.
Amatevi come io vi ho amato.
Vorremmo tanto impegnarci a riscoprire il significato e tutto ciò che comporta quel piccolo avverbio «come». Meriterebbe spendere tutta una vita, e tutta la storia (almeno quella della Chiesa) a cercare di tradurre in esistenza quel piccolo avverbio. Perché è questo «come»
che decide perfino della visibilità della Resurrezione di Cristo, e della possibilità che possa essere testimoniata. Si tratta di un'immensa, adorabile scoperta del vivere «umano» di Dio, del come Dio che è Amore, questo Amore ha vissuto e continua a viverlo, in un pezzo di terra, in un momento di storia, con una, dieci, cento persone, con le folle in un popolo, nei confronti di tutta una realtà umana che in fondo ha tutto quello che l'esistere umano significa e comporta.
Si tratta di intuire e può comportare indifferenza o infinito amore, di scoprire come è costruito quell'uomo che è Cristo, da quell'Amore. Se e quanto lo realizza, comporta valori di pienezza, di autenticità, umana, se quell'Amore ha fatto veramente l'Uomo. Quell'Uomo che legittimamente è possibile, doveroso, e meraviglioso adorare come Dio.
E' constatare in sé stessi, negli altri, in una realtà comunitaria come è o dovrebbe essere la Chiesa: se, nell'esistenza, nella storia, quell'Amore (certo, esattamente, fedelmente quell'Amore) può costruire una vita fino alla pienezza, dieci, cento, innumerevoli esistenze, una realtà di esistenze, una comunità umana, forse anche la storia.
Se non altro se può essere veramente una luce accesa l'Amore come quell'Amore, un pugno di lievito un fuoco ad incendiare un'inquietudine sconvolgente una nostalgia inguaribile.
Un valore per cui si può vivere.
Un motivo capace di portare anche a morire, una speranza che doni anche di potere sorridere, una certezza che l'Amore significa veramente qualcosa, nella vita, forse molto, anzi che può decidere di tutto.
Come di Dio e come dell'uomo, come di Dio e dell'uomo, come dell'uomo e di Do. E così ugualmente come da uomo a uomo.
don Sirio
in Lotta come Amore: LcA ottobre 2012, Ottobre 2012
Luigi Sonnenfeld
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