Il prezzo di una denuncia profetica

Hanno detto e hanno tentato di far credere al mondo che l'Irak nascondeva armi di distruzione di massa e che la guerra era inevitabile perché bisognava scovare ed eliminare quelle armi (mai trovate, per la verità). Ma se qualcuno prende sul serio questo discorso e cerca di disattivare, anche solo simbolicamente, queste armi micidiali, va a finire in prigione, per aver attentato alla sicurezza dello stato. E' quanto è accaduto a tre suore domenicane negli Stati Uniti. Ecco i fatti. Suor Ardeth PIatte (66 anni), Suor Carol Gilbert (55 anni) e Suor Jeckie Hudson (68 anni), appartenenti alla Congregazione "Grand Rapids Dominicans", il 6 ottobre 2002 (anniversario dell'inizio della guerra in Afghanistan) sono entrate in una base missilistica vicino a Greeley nel Colorado, hanno colpito con un martello il cemento del silos che contiene missili "Minuteman III" a testata nucleare e vi hanno disegnato sopra delle croci con il loro sangue. Poi si sono raccolte in preghiera e hanno cantato: "O Dio, insegnaci ad essere costruttori di pace in un mondo ostile".
Dopo circa 40 minuti, diversi militari con le armi puntate hanno fatto irruzione nel recinto e hanno ammanettato le suore.
La questione è stata portata davanti alla corte distrettuale statunitense di Denver, che si è posto questo problema: le tre suore pacifiste, armate di cesoie, di martelli di uso domestico e del loro sangue, hanno costituito una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti d'America? La sentenza definitiva si è avuta il 25 luglio scorso: per la "pericolosa irresponsabilità" del gesto compiuto sono state condannate a tre anni e cinque mesi Suor Ardeth, a due anni e nove mesi Suor Carol e a due anni e sei mesi Suor Jackie. Inoltre dovranno restituire la somma di $ 3.080,40 e pagare una multa di $ 200 per ciascuna.
Pur trattandosi di una manifestazione evidentemente simbolica, e di un gesto di resistenza civile garantito dal diritto internazionale, le tre suore sono state punite in modo esemplare. Colpisce il fatto che la più grande potenza militare della terra si senta messa in pericolo da tre suore inermi.
Ma colpisce ancora di più il coraggio e la radicalità testimoniati dalle tre donne, non solo in quel gesto ma in tutta la vicenda del] loro detenzione e delle fasi del processo. Suor Carol Gilbert ha spiegato i motivi che le hanno spinte al loro impegno: "A ispirarci è stata una conferenza tenuta tempo fa dalla celebre pedagogista Helen Caldecott, duram la quale ha spiegato gli effetti che la guerra nella psicologia dei bambini ed anche il fatto di essermi trovata a parlare con un gruppo d sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki.
Per me ormai è chiaro che tutti noi abbiamo la responsabilità di parlare con forza contro le armi di distruzione di massa, in qualsiasi mano si trovino".
Durante il processo, nonostante le continue obiezioni del pubblico ministero sulla pertinenza, le suore hanno continuato la loro azione non violenta di protesta contro l'uso di armi illegali. Hanno detto di avere una coscienza, di aver fatto dei voti che chiedono loro di dare testimonianza. Nella loro chiesa, di fronte al loro Dio, la povertà, la fame, la mancanza di casa e le armi di distruzione di massa sono un abominio. "Qualsiasi arma nucleare, per il solo fatto che esiste, è un crimine di genocidio".
Mentre il pubblico ministero parlava della distruzione volontaria che avevano provoca del loro affronto alla legge, all'ordine e alla sicurezza militare, la piccola Suor Ardeth ha ringraziato tutti - i giurati, il giudice, il pubblico ministero, perfino gli agenti dell'FBI. Ha parlato loro di fede, di pace, di umanità, di guerra e di morte; ha detto che bisogna cercare di vivere una vita pura, autentica, santa. La stessa suora tempo fa, in risposta ad una lettera di solidarietà che le avevo scritto insieme a delle suore domenicane italiane e ad altri amici, diceva "Siamo tutti per le soluzioni non violente dei conflitti e non per guerre drastiche e barbari assassinii di bambini, di donne e di uomini, come sta succedendo ora per le strade dell'Irak. Non possiamo che piangere per questa tragedia... Preghiamo perché qualunque sacrificio dovremo affrontare, se saremo trattenute in carcere, possiamo farlo con animo pacificato".
Il loro coraggio ha raccolto molti consensi nel mondo e molte iniziative sono state organizzate negli Stati Uniti per appoggiare la loro causa. Il 26 luglio, all'indomani della sentenza, è stata organizzata la giornata "Adotta un silo di missili", per diffondere la consapevolezza dell' esistenza illegale e pericolosa di arsenali nucleari negli Stati Uniti, in coerenza con la lotta delle tre suore condannate. Esse affermano che gli alti investimenti in armi, in particolare quelli destinati alle armi di distruzione di massa, sono soldi tolti alla lotta per lo sradicamento della povertà e della fame. Gli Stati Uniti hanno missili nucleari di massima allerta, pensati per uccidere indiscriminatamente.
Le suore hanno creduto fosse loro dovere - in considerazione dei principi di Norimberga, della legislazione internazionale e dei dogmi della loro fede - di opporsi ad essi.
Poco prima della sentenza, una di loro ha dichiarato: "Qualunque sia la sentenza che riceverò, l'accetterò come un mio contributo alla causa della pace e con l'aiuto di Dio spero che la prigione non abbatta il mio spirito". E poi rivolta al pubblico della sala ha esclamato: "La speranza del mondo poggia sulle spalle di noi tutti. Noi la nostra parte la stiamo facendo. E voi?" .
E' davvero un paradosso! Diane Barman ha scritto sul Denver Post (08/0412003): "La fede delle suore colpisce il punto debole degli USA... Alcuni dicono che sia stata un'azione inconcludente, altri che sia stato un sacrilegio, altri che sia un idealismo invaso da furore omicida. Per le suore è ciò che dà significato alla loro vita. Esse hanno preso posizione per la pace. Hanno obbligato il governo USA e la gente a prestare attenzione. Il verdetto non ha importanza. Esse hanno vinto" .

Aldo Tarquini o.p .
(Koinonia n.9 settembre 2003)



in Lotta come Amore: LcA novembre 2003, Novembre 2003

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