Questa estate sembra non finire più qui a Viareggio. Le piogge di questi ultimi giorni hanno attenuato ma non spento il calore del sole che, appena fa capolino tra le nuvole, si fa sentire ed invita di nuovo alla spiaggia e al bagno in mare. Ed è più difficile anche per quelle povere cicale umane che, durante la stagione, hanno vissuto all'aria aperta nutriti dalla carità in libera uscita dei turisti, darsi da fare per cercare un riparo invernale. E partono un po' per volta come le rondini, mentre altri rimangono sul filo dell'incertezza, ancora riscaldati da temperature assai miti. Alcuni di loro si accampano nei pressi della Chiesetta e con loro combatto piccole, ma colorite "battaglie" per il controllo del territorio, sapendo già in partenza che non vogliono cambiare se stessi in formiche, ma solo sopravvivere in qualche modo attraverso le feste di Natale e il Carnevale, fino alla prossima stagione estiva quando si può raccogliere tutto quello che non si è seminato.
Invidio questo loro vivere alla giornata, la capacità di sopportazione del contatto umano anche il più avverso, l'attaccamento alle cose praticamente inesistente. Avverto anche nella mia vita un cambio di stagione che mi rende pensieroso dentro. E' tempo di lasciare, dimettere abiti indossati fin qui nel buono e nel cattivo tempo. E' tempo di verificare se davvero "sotto vestito niente" e ripartire dalla nudità dell'io. Sento che questo tempo è arrivato per me ancora una volta; stagione che si rinnova nella mia vita. Punto di svolta di un intreccio con la memoria d Sirio e di Beppe che ora mi spinge a cercare di "dire" ciò che abbiamo vissuto insieme, con "le mie parole". So di riuscire appena a balbettare, ma la cosa non mi frena dal tentare d articolare qualche parola in questo scorcio della mia vita. Alle persone che mi chiedono che cose farò "dopo" rispondo, senza vergognarmi, che non lo so. E spiego (certamente più a me stesso che agli interlocutori!) che se mi metto a pensan al dopo vedo che mi viene da progettare quello che in pratica ho già fatto in passato, in edizione migliorativa si intende. E non voglio far questo, ma riuscire a far emergere quello che ancora mi può sorprendere e incuriosire. Disposto ad innamorarmi di ciò che ancora per me non esiste. Sento che la vita va continuamente rigiocata, anche alla mia età e nelle mie condizioni. Sono fortunato, e me ne rendo appena conto: sono un vecchio "giovane ricco", ma non riesco a sottrarmi all'invito ad abbandonare tutto per seguire Lui. A cercarLo nella vita di oggi, nella storia di oggi, nel mondo di oggi. E so che ques mia ricerca è sempre passata per i "luoghi" che non lo riconoscono, per i crocevia fiocamente illuminati dei sotterranei della storia, per tutto quello che non appartiene ai vari palcoscenici d questo mondo. Non sto pensando ad un fantomatico "cimitero degli elefanti", non sto pensando ad un "numero ad effetto". "Scomparire" qui - che so io - per riapparire in qualche missione africana o cose simili che lascio alla vostra fantasia. Cerco solo di scendere ancora qualche gradino verso il "ground zero" non delle Torri Gemelle di New York, ma della identità umana così concreta, materiale, storica, limitata, differente, condizionata da tante paure, contraddittoria eppure sorretta da una istintiva ricerca del senso intimo e pregnante della vita.
Luigi
In questo numero...
In questo numero di Lotta come Amore ho voluto raccogliere la memoria viva di don Leandro Rossi. Gli incontri, brevi ma intensi, che ho avuto con lui alla Cascina di don Gino ad Ottiglio hanno avuto per me l'effetto di buone iniezioni di fiducia per guardare avanti nella vita.
Ricordo alcune sue righe che meglio ne tracciano la linea di vita di teologo e di credente: "Vangelo è un annuncio di Gioia, di Pace, di Amore.
E' l'opposto della repressione (anche se a volte noi "cattolici" ci aggrappiamo alla repressione della legge per dispensarci dall'annuncio profetico: come sulla indissolubilità, sulla difesa della vita, ecc.). Non è annuncio dei castighi, perché Lui 'Non vuole che il peccatore muoia, ma che si converta e viva"'.
Dobbiamo però riconoscere le nostre colpe di annunciatori-peccatori, che ora proclamano non solo il Dono, ma anche il "per/dono". E il dovere morale non è che la risposta al "dono" di Dio" (L'utopia del Vangelo, edizioni Qualevita).
Nel ricordo di don Leandro, anche quest'anno si è rinnovato l'incontro con don Gino nel calore di una amicizia fraterna. "Abbracciati" dalla sua vitalità e dalla sua inossidabile gioventù di spirito, ci siamo ritrovati Beppe Giordano ed io, insieme a Margherita e Sara, "interpreti" di una delle tre giornate del tradizionale incontro di ferragosto. Lascio il resoconto delle tre giornate a Matteo e Chiara Santin attraverso il loro periodico telematico "Isaiah". Dall'Inghilterra dove vivono e lavorano continuano ad alimentare relazioni ed impegni con un gruppo di amici italiani e comunque con chi desidera interagire Con lon Ho riportato nelle ultime pagine sia il resoconto di Matteo che quello "in poesia" di Chiara, sia pure in stralcio per mancanza di spazio. Non a caso due modi di guardare allo stesso avvenimento cui hanno partecipato, dove il "maschile" e il "femminile" si esprimono non solo con contenuti, ma anche con modalità differenti riguardo alla medesima esperienza. Ho aggiunto poi due testimonianze. Una - diffusa in internet - sul vertice dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) di Cancun in Messico, da parte di Franco Giampiccoli che sottolinea i risultati positivi della Campagna "Questo mondo non è in vendita" nel sostegno a quei Paesi poveri che, collegandosi, hanno resistito ai tentativi dei Paesi ricchi di imbrigliare il mercato attraverso l'estensione del protezionismo e la legalizzazione di politiche tese a favorire colossali concentrazioni di potere. L'altra, tratta da Koinonia, vivace pubblicazione dell' omonima associazione con sede in Piazza S. Domenico 1, 51100 Pistoia, riporta la notizia apparsa sulla stampa internazionale, di tre suore domenicane americane condannate per "aver attentato alla sicurezza nazionale degli USA". Questo episodio riporta allo scritto di fratel Arturo: "E' la sfida del povero al potere, l'opposizione sempre perdente e allo stesso tempo vittoriosa dell'umile, del povero, della condizione sociale di assoluta inferiorità contro la forza, la superbia, la prepotenza". L'ho incontrato e salutato a Lucca qualche giorno fa "spremuto" come un limone da una serie infinita di incontri, convegni, celebrazioni religiose, con i suoi 90 e passa anni. Eppure quando prende la parola, come quando usa la penna, una radicalità calda, essenziale, propositiva, riporta i problemi che ci ingabbiano ad una semplificazione sapiente e coraggiosa che vince l'annebbiamento che ci confonde e ci impedisce di trovare una via d'uscita, un senso ed una prospettiva di vita.
Lo scritto, pubblicato da Ore undici, è sintesi dei suoi interventi di tutta questa estate.
Infine vorrei ricordare che è deceduto lunedì 15 settembre nella notte a Parigi a 65 anni, per un cancro fulminante al pancreas, il compositore cileno Sergio Ortega Alvarado, uno dei grandi musicisti della "nueva cancion cilena", autore delle più famose canzoni dell'esperienza di Uuidad Popular di Salvador Allende, come Venceremos e El pueblo unido jamas serà vencido. Nato il2 febbraio 1938 ad Antofagasta, studi al Conservatorio nazionale della università del Cile, sotto la direzione di Gustavo Becerra Schmidt e in seguito di Roberto Falabella, nella stessa classe con Luis Advis Vitaglich; iniziò a lavorare come funzionario del "Instituto de Extension Musical" e per sei anni nel teatro "Antonio Varas"; professore di composizione del Conservatorio nel 1969 e 1970, tenne poi fino al 1973 la direzione artistica del canale della televisione della Universidad de Chile; da trent' anni risiedeva a Parigi dove si era trasferito in esilio dopo il colpo di stato di Augusto Pinochet, ed era direttore dell'Ecole Nazionale de Musique di Pantin.
"C'è una generazione, la mia, che ha conosciuto l'America Latina e se ne è innamorata attraverso il Canto general di Pablo Neruda; c'è una generazione, la mia, che sentì il golpe cileno come una ferita al nostro cuore, una ferita non più rimarginata. C'è una generazione, la mia, che ancora piange ogni volta che intona la Marsigliese o l'Internazionale o El pueblo unido jamas serà vencido. C'è una generazione, la mia, che aprì le sue case agli esuli cileni così come quegli stessi esuli e i loro genitori a suo tempo aprirono le case agli esuli di Spagna. Ma non è della nostra infranta gioventù che vogliamo qui parlare.
E' della scomparsa di Sergio Ortega, l'autore appunto di quel "pueblo unido" che "jamas serà vencido, una delle voci della nueva cancion cilena che con Violeta Parra e Victor Jara seppe portare quel sud dolente e coltissimo, festoso e austero, in tutto il mondo, all'orecchio e al cuore dell'umanità intera.
Della scomparsa di Sergio Ortega, ma anche della gratitudine per le magnifiche sue canzoni qui diciamo. Della scomparsa, ma anche della presenza. E, verrebbe quasi da aggiungere con linguaggio capitiniano: della compresenza. Hasta sempre, Sergio" (dal notiziario del Centro di ricerca per la pace "La non violenza in cammino" di Viterbo).
in Lotta come Amore: LcA novembre 2003, Novembre 2003
Luigi Sonnenfeld
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