Albert Einstein ebbe a dire, una volta, che l'ingresso dell'umanità nell'era nucleare faceva diventare definitivamente urgente l'affrontare un problema già allora drammatico, ovvero l'eliminazione delle guerre tra gli uomini come mezzo di risoluzione delle loro controversie. Purtroppo sappiamo che ciò non è avvenuto. Purtroppo, gli scienziati sinceri sanno anche che la condizione della guerra moderna è assai più grave di quella del passato, a causa dell' aumentata distruttività delle armi impiegate. E' sufficiente, poi, osservare i dati, per rendersi conto che, a partire dalla prima guerra mondiale, la percentuale di vittime civili si è sempre accresciuta.
Già don Lorenzo Milani osservava che si andava verso un tipo di guerre combattute sostanzialmente contro la popolazione, mentre i militari sono, in confronto, i meno colpiti.
Osservando quanto è accaduto in Cecenia, in Yugoslavia, in Afghanistan, dobbiamo ammettere sconsolati che aveva ragione.
Bin Laden fa crollare, a sorpresa, due grattacieli popolati da persone che lavorano, mentre Blair e Bush sostengono da dieci anni un embargo sull'Irak che fa mancare medicinali agli ospedali e provoca la morte di migliaia di esseri perfettamente curabili; intanto Putin mantiene in Cecenia carri armati che cannoneggiano le abitazioni.
Questa è l'amara verità, e non c'è bisogno, purtroppo, di addentrarsi nella conoscenza della fisica nucleare per capire quanto orrende siano tali situazioni.
Purtroppo la politica segue ancora oggi i principi ispiratori che già furono di Machiavelli, secondo cui "il fine giustifica i mezzi". Ciò, all'occorrenza, si traduce nel fatto che il fine di prevalere sull' avversario giustifica la strage come mezzo. Non vedo quale altro termine si possa usare se non questo: "strage". Guardiamo i fatti. La caccia a Bin Laden si è svolta bombardando i villaggi afgani. La caccia ai sequestratori di Mosca si è conclusa con l'uccisione anche di cento sequestrati. Non ci siamo forse abituando a tutto? Se nostro figlio fosse nelle mani di un sequestratore, accetteremmo come soluzione l'idea di lanciare una bomba che uccida entrambi, il colpevole e l'innocente? Eppure, a questo ormai siamo. Tuttavia ci sono stati altri uomini che hanno insegnato a ragionare e vivere in tutt'altro modo. Si può citare l'esempio di Gandhi, che insisteva nel ricordare: "Il mezzo sta al fine come il seme sta all'albero: dal seme di mango otterrete il mango, non mai il banano, e così è per le nostre azioni" .
Già, così è per le nostre azioni. Dalle azioni violente non potremo che ricavare risultati violenti, dalle azioni nonviolente otterremo nonviolenza e pace. Ho cercato, a scuola, di spiegare il concetto in questo modo, agli studenti.
Io ho il compito di insegnarvi la fisica, ho detto. Per farvela imparare, potrei immaginare molti svariati metodi. Potrei immaginare un metodo violento: mi procuro un manganello, e chi non ha studiato viene picchiato.
Il fine di farvi studiare lo otterrei, perché, mossi dalla paura, studiereste per evitare le botte. Ma otterrei anche, quasi certamente, che molti di voi svilupperebbero odio nei miei confronti, e desiderio di farmela pagare.
La violenza del manganello non sarebbe priva di conseguenze analogamente violente.
E' molto meglio il mezzo non violento del voto sul registro.
Così è nella nostra vita. Azioni violente generano altre azioni violente, mentre azioni di pace generano altre azioni di pace:
AV __ AV __ AV __ AY...
AP __ AP __ AP __ AP ...
seguendo il principio che ogni causa genera conseguenze dello stesso tipo della causa.
La scintilla genera il fuoco ("parva favilla gran fiamma seconda" , diceva Dante), ma per spegnere il fuoco dobbiamo usare l'acqua, non altro fuoco.
Alcuni sostengono, non a torto, che dobbiamo poterei difendere da un eventuale aggressore.
Questo è vero, ma ciò, forse, giustifica tutto? Possiamo dire che ci si sta difendendo da un aggressore quando si bombardano le case di un villaggio? Facciamo attenzione e pensiamoci bene, perché questi sono esattamente gli stessi mezzi di Bin Laden: egli ha bombardato le case del villaggio di New York, mentre i suoi avversari hanno bombardato tante case di altri villaggi.
Non è forse la stessa cosa? Queste azioni ci qualificano come esseri civili o barbari?
Che colpa avevano i civili delle Towers?
E che colpe avevano gli abitanti delle case di Kabul, di Bassora, di Mazar El Sharif e tutti gli altri? Fermare Saddam Hussein o Bin Laden giustifica qualunque azione?
Da capo, pensiamoci bene, perché secondo Bin Laden, fermare Bush giustifica qualunque azione o quasi. Sicché rischiamo di scoprire che, alla fine, tutti stanno ragionando nello stesso modo, dicendo, cioè, di accettare la violenza a fin di bene, e generando, nella realtà, non il bene, ma solo altra violenza.
Le guerre, tutte le guerre, sono sempre nate così: entrambi gli avversari ritengono di avere ragione, ed entrambi si sentono autorizzati a qualunque violenza come mezzo per prevalere. Le guerre finiscono solo quando si ha il coraggio di spezzare questa catena apparentemente logica, ma, nella realtà, illogica. Altrimenti finiscono solo con l'esaurimento completo delle forze, come fu il caso della Germania nel '45. Dopo 60 milioni di morti.
Non varrebbe la pena di cercare di spezzare il meccanismo della violenza prima?
Se ci sarà una nuova guerra, quante generazioni ne porteranno le ferite?
Vincenzo Zamboni
via Fama 2/B 37121 Verona
21/12/02
in Lotta come Amore: LcA maggio 2003, Maggio 2003
Luigi Sonnenfeld
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