La decisione personale, oggi

"Ciò che voglio sottoporre alla vostra attenzione è il modo con cui la cosiddetta informazione e comunicazione di massa rende sempre più difficile quella attività che S. Ignazio avrebbe chiamato elezione, libera scelta, decisione. La tesi che voglio esporre è la seguente: quanto più il mio pensare, il mio sapere è il risultato di quello che oggi si chiama comunicazione, meno mi posso decidere e compiere le scelte della mia vita tramite il mio sapere, il mio senso comune, la mia propria esperienza, quello che la cerchia di amici mi fa sentire come il bene. In altre parole, vorrei fare pensare sul pericolo implicito nell'intensità della comunicazione per il sapere sovrano e autonomo, che fonda la libertà che alla quale tanto teniamo sia nella tradizione classica occidentale che in quella cristiana e sulla quale si è formata la nostra cultura" .
Così ha iniziato la sua conversazione Ivan Illich aprendo la sessione 2002-2003 della Scuola della Pace della Provincia di Lucca. Il titolo era: "La decisione personale in un mondo dominato dalla comunicazione" .
E' stato un intervento di una grande intensità, ricco di spunti appena accennati come piccole finestre aperte che davano ampiezza di respiro al tema, l'ampiezza di una comunicazione di vita. Tutt'altro che facile da seguire, eppure, mentre Ivan parlava, cresceva l'emozione di essere come portati per mano a riprendere contatto con la dimensione personale come fonte di energia, espressione di dignità, libero dominio. Avrei voluto sbobinare l'intervento e riportarlo qui, ma mi sono reso conto che non sarei mai riuscito a rendere la forza e la vivacità dell'espressione, il tono, l'incisività sonora delle pause, la personalità capace di "celare" agli ascoltatori il cancro che gli deforma la metà del volto e lo debilita.
Voglio solo riportare quella parte del suo intervento che si sofferma su un documento ("avevo una copia; era sul mio scrittoio, poi qualcuno me l 'ha chiesta e non me lo ha più riportata") di Filippo II° imperatore conservato negli archivi di stato in Spagna.
"Vi voglio parlare di una piccola nota di un codice della metà del '500 che avevo sul mio scrittoio.
Filippo Il° , il successore di Carlo di Spagna, si alzava a mezzanotte, andava per un'ora in cappella e poi per due, tre ore allo scrittoio e prendeva le decisioni su quello che i suoi governatori gli mandavano da tutte le parti del mondo. Il fascicolo che mi interessava conteneva queste richieste dal Perù. Sapete che il cavallo e la vacca e i bovini in genere sono d'importazione nel nuovo mondo come pomodori e le patate lo sono per noi da là. La questione era questa: dato che venivano dalla Spagna degli emigranti e veniva loro dato un appezzamento di terra e si discuteva sui pezzi di terra perché fossero giusti, questi poi chiedevano di poter avere degli asini o dei muli. La questione era se il governatore doveva dare loro quattro asini o limitarsi a dargliene due. Questione del Perù che doveva essere risolta dalla Spagna... e ai margini del foglio scrive Filippo II°: "due, bastano". Senza dare altre spiegazioni: "due, bastano"! Interessante. Vi presento questo come una parabola della sovranità significata da una scelta: "due, bastano".
Non trovo altra cosa che proporre ai lettori di fare come Ivan quando preparava l'omelia. Non è vangelo, d'accordo, ma perché non provare a leggere e rileggere questa parabola finché non ci venga da ridere? Può darsi che entriamo in contatto con un livello più profondo di noi stessi e il riso liberi un sussulto di sovranità nel nostro mondo personale forse fin troppo sopraffatto dalla constatazione di dover decidere senza mai realmente poter scegliere: "dos, bastan".




in Lotta come Amore: LcA novembre 2002, Novembre 2002

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