ELIMINARE LA CAUSA PER METTERE FINE ALL'EFFETTO
Appello di Mons .Sabbah per la fine dell' occupazione israeliana
La via della pace in Palestina è una sola: quella che passa attraverso la fine dell'occupazione israeliana nei territori e la creazione di uno Stato palestinese, e che disinnescherebbe così la spirale di violenza perpetuata dal meccanismo di azione-reazione. Questo il punto di vista - e l'appello - del patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah, espresso in una riflessione che è stata diffusa ai media di tutto il mondo, proprio mentre l'Unione Europea ha raggiunto l'accordo su Betlemme e la basilica della Natività. Dopo 38 giorni di assedio, infatti, i Paesi della Ue hanno deciso (il 9 maggio) che i tredici palestinesi accusati da Israele di terrorismo saranno esiliati in Spagna, Italia, Austria, Grecia e Lussemburgo.
Di seguito riportiamo, in una nostra traduzione dal francese, il resto della dichiarazione di Sabbah.
1. Noi crediamo in Dio onnipotente e misericordioso, che può tare ciò che gli uomini non riescono ancora a fare. La pace autentica e un dono che lui solo può accordare. Ecco perché invitiamo tutti i credenti a perseverare nella preghiera e a restare saldi nella loro fede e nella speranza di vedere giorni migliori in questa terra benedetta da Dio e santa per le tre religioni che vi coesistono, ebraismo, cristianesimo e islam.
Piangiamo tutte le vittime, palestinesi e israeliane e condividiamo profondamente il dolore dei loro genitori, parenti e amici.
Ogni essere umano ci è caro, e difendiamo la vita, la dignità e la sicurezza di ogni persona, palestinese o israeliana. Crediamo che solo le vie della pace possono condurre alla pace.
2. Lo Stato di Israele esiste e ha il diritto di esistere e di vivere nella sicurezza.
Lo Stato palestinese non esiste ancora. Ha il diritto di esistere e di vivere nella sicurezza.
3. Lo Stato d'Israele occupa territori che appartengono ad altri. I palestinesi sono sotto occupazione militare israeliana, con tutto ciò che questo comporta a livello di privazioni o di limitazioni della libertà e di umiliazioni.
I palestinesi hanno il diritto di veder finire l'occupazione militare israeliana dei loro territori, imposta nel 1967, e di crearvi un loro Stato indipendente. Fintanto che l'occupazione dura. Hanno il diritto e il dovere di reclamare la loro terra e la loro libertà e di portare avanti la resistenza per arrivare a questo scopo.
Di nuovo, crediamo che, in questa resistenza, solo le vie della pace possono condurre alla pace.
La radice del conflitto
4. Il conflitto tra i palestinesi e gli israeliani non è fondamentalmente una questione di terrorismo palestinese che minaccia la sicurezza o l'esistenza dello Stato di Israele. Alla base si trova l'occupazione militare israeliana che provoca la resistenza palestinese, e questa, a sua volta, è percepita come una minaccia per la sicurezza di Israele. Continuare a parlare di terrorismo palestinese senza vedere il diritto dei palestinesi alla libertà e alla fine dell'occupazione equivale a condannarsi a non vedere la realtà, a restare quindi impotenti nel trovare una soluzione.
5. Ecco perché bisogna prima di tutto eliminare la causa per mettere fine all'effetto. vale a dire per mettere fine alla violenza globale. Ci sarà un bel lottare contro le manifestazioni esteriori della violenza con condanne, rappresaglie, o con una guerra dichiarata: fin tanto che durerà la causa, si produrrà l'effetto. Fintanto che durerà l'occupazione. il ciclo di violenza continuerà. Da entrambe le parti, innocenti e combattenti continueranno ad essere uccisi.
Mettere fine all'occupazione
6. Essendo l'occupazione militare israeliana dei territori palestinesi la causa di ogni violenza, finita l'occupazione cesserà la violenza. Se davvero Israele ha la volontà sincera di mettere fine a ogni violenza, il mezzo da utilizzare non sono la guerra o le rappresaglie, ma una azione rapida per mettere fine all'occupazione.
Ecco perché Israele, l'Autorità palestinese e la comunità internazionale devono riprendere il più presto possibile a questo scopo dei colloqui, nuovi e sinceri.
Mettere fine alla violenza
7. Sì insiste spesso sulla necessità di fare dichiarazioni di condanna della violenza. Condannare la violenza è necessario. Ma eliminarne la causa, cioè l'occupazione, è più efficace. Analogamente dire che la violenza da parte palestinese è di tipo terroristico, e quella di parte israeliana un diritto alla legittima difesa, rende inutile qualsiasi dichiarazione e rende impossibile la cessazione della violenza. Ecco perché, più che delle condanne, ciò di cui abbiamo bisogno è un' azione che metta fine a ogni forma di violenza mettendo fine alla sua causa primaria, l'occupazione.
Pace, riconoscimento reciproco e sicurezza
8. Che cosa vogliono i palestinesi? Vogliono la loro libertà, la loro terra e il loro Stato indipendente. Che cosa vogliono gli israeliani? Vogliono la loro sicurezza, all'interno di frontiere sicure, al riparo da ogni attacco e da ogni minaccia. Ora, le due esigenze sono interdipendenti: l'indipendenza palestinese, dopo la fine dell' occupazione , porterà con sé la cessazione di ogni violenza e di conseguenza la sicurezza per Israele.
Ma, invece di mettere fine all'occupazione, il governo israeliano la mantiene e utilizza i mezzi - le rappresaglie e ultimamente la guerra dichiarata - che portano proprio all'opposto della sicurezza, in particolare ad un aumento delle reazioni e della violenza da parte palestinese, e quindi ad una maggiore insicurezza per gli israeliani. In effetti, le oppressioni e le umiliazioni imposte al popolo palestinese non possono che produrre reazioni di violenza da parte palestinese che minacciano la sicurezza del popolo israeliane e riempiono il suo animo di paura e rancore
9. Se il governo israeliano cerca veramente te la sicurezza, la repressione violenta che ha attuato finora non è la strada giusta. Di fatto, la sua violenza ha fatto nascerenuove forme di violenza da parte palestinese. E anche la sicurezza del suo popolo è sempre meno garantita. Dovrebbe dunque prendere l'altra strada, la sola che possa generate la sicurezza dichiarate di voler mettere fine all'occupazione il più rapidamente possibile e cominciare tempestivamente colloqui seri e rapidi a questo scopo.
Domande
10. Perché gli israeliani non, si decidono a compiere questo passo verso la pace? In effetti, fare la pace dipende soprattutto da loro. Essi solo possono mettere fine all'occupazione, e aprire anche la strada alla pace. Perché gli israeliani rifiutano, fino ad ora, di restituire ai palestinesi i territori occupati nel 1967 ,che sono solo 5.000 kmq., vale a dire il 22% di tutta la Palestina storica, della quale Israele copre il 78% dal 1948?
a. Israele coltiva ancora il sogno di appropriarsi di tutti i territori palestinesi, ma senza i palestinesi? Dopo quasi 100 anni di conflitto, è tempo di riconoscere che questo sogno è impossibile. Oggi ci sono tre milioni di palestinesi nei territori occupati. Bisogna che Israele accetti di trattare con questa realtà palestinese viva e non pensi più a eliminarla o a darle un sistema qualsiasi di occupazione occulta o di apartheid.
b. Israele non ha fiducia nei palestinesi, non crede che i palestinesi, in uno Stato indipendente possano diventare dei vicini pacifici? Questo sospetto non è fondato.
Le manifestazioni dell' ostilità palestinese nel tempo attuale non sono dovute ad una ostlità innata contro il popolo israeliano, ma sono l'espressione della resistenza del popolo palestinese a ciò che esso considera come un tentativo di sottrazione e di espulsione dalla sua terra. Una volta eliminata questa minaccia, l'ostilità cesserà.
Guardando al futuro
11. Se Israele non vuole credere alla possibilità della fine dell' ostilità nell' animo degli israeliani e dei palestinesi, la regione è condannata ad una guerra e ad una violenza permanenti. Sarebbe il blocco totale per la regione e per la sopravvivenza di Israele nella regione. L'unica via di uscita dal blocco consiste nel credere alla pace e nel costruire la pace con mezzi pacifici e non con misure di violenza.
12. Israele vivrà sempre circondato da Paesi arabi, ivi compresa la Palestina. Fino ad oggi, Israele non è riuscito ad allacciate relazioni normali con essi. In effetti, la politica seguita da Israele e dalla comunità internazionale, con il pretesto di proteggere il nuovo Stato d'Israele mantenendo l'ingiustizia commessa contro i palestinesi, ha suscitato e conservato atteggiamenti ostili in tutti i Paesi arabi. Se si vuole proteggere qualcuno non lo si circonda di nemici, ma di amici.
Bisogna dunque cambiare politica, al fine di trasformare i Paesi vicini in Paesi amici. Questa trasformazione non è impossibile. Basta rendere giustizia ai palestinesi, mettere fine all'occupazione e creare lo Stato palestinese.
I palestinesi, una volta soddisfatti, liberi e indipendenti nel loro Stato, diverranno amici di Israele. Una volta divenuti amici i palestinesi, saranno amici anche gli altri Paesi arabi. Solo così Israele, circondato da vicini amici, vivrà nella sicurezza voluta.
La proposta dell' Arabia Saudita di concludere una pace generale con Israele, adottata dal summit arabo di Beirut nel marzo 2002, è un .segno ed un invito per Israele: i Paesi arabi sono pronti a fare la pace con . Israele, Stato e popolo.
13. Le Nazioni Unite hanno già preso tutte le decisioni richieste per risolvere il problema. Ma la comunità internazionale manca di coraggio per adottare le misure necessarie e rendere operative le proprie decisioni, come ha fatto in altre situazioni. Di nuiovo, per garantire la pace nella regione, bisogna cambiare politica: occorre costruire l'amicizia tra i popoli sulle fondamenta della giustizia e del pari rispetto per tutti i popoli.
Gerusalemme, 8 maggio 2002
Michel Sabbah
Patriarca latino di Gerusalemme
Da Adista n. 40 del 20 maggio 2002
in Lotta come Amore: LcA novembre 2002, Novembre 2002
Luigi Sonnenfeld
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