C'era un tempo - pochissimi anni fa - in cui
i Bambini comparivano a tratti
nella cronaca dei grandi:
la bambina bruciata dal napalm americano,
che sostituiva-accompagnava
il bambino affacciato al filo spinato
di uno dei campi di concentramento,
berretto in testa, o nudo nella neve;
i morti delle carestie "epocali"
o i bambini severini.
Entravano violentemente,
come ladri di tranquillità,
e poi non se ne andavano,
lasciando come i ladri tracce di ricordo,
da citare, da raccontare, magari da portare dentro:
avevano la severità,
ma insieme una dolcezza silenziosa,
quasi a tirare la manica, a disturbare troppo:
sguardi - volti - corpi che parlavano di morte,
ma come il bambino severino, mai dimenticando
di avere come vocazione e ruolo irrinunciabile:
quello di annunciare la vita
che prima o poi finirà per esplodere.
Da qualche anno i loro passi di cotone
sono diventati molto rumorosi,
come un'eco di fondo
che accompagna, precede, segue, circonda i passi
per quanto assordanti degli adulti.
Hanno incominciato,
con i loro cortei di milioni e milioni,
con l'invasione dei libri
(o si sono lasciati intrappolare?)
(o li hanno imprigionati con violenza?);
senza nomi, travestiti di numeri, senza colori,
abbigliati di fame,
senza speranza di vita, trasformati in percentuali,
senza latte, senza acqua potabile, senza fogne,
abitanti di tabelle e figure da discutere:
nelle grandi agenzie finanziarie
e politiche internazionali
anno dopo anno, rapporto sopra rapporto.
(o forse li abbiamo nelle nostre mani,
ora nessuno può dirci ormai che non siamo pieni
di coscienza e di responsabilità,
e che non li prendiamo sul serio).
Uno di questi bambini con vocazione di mimo ha
anche provato un giorno la vecchia strategia
dei suoi fratelli del Vietnam e Auschwitz:
in un punto sperduto del Sudan ha recitato la morte totale:
uno scheletro vestito di pelle,
solo, vegliato per l'ultimo respiro da un avvoltoio,
entrambi fotografati e premiati per la più bella
fedele attuale fotografia del 1993.
Non è invece arrivata nessuna fotografia
del corteo silenzioso dei bambini di Bhopal:
se ne sono andati nel vento lento
di quella notte di dicembre
avvolti in nuvole di gas con colori mai visti,
continuando i loro sogni di giochi
sono andati a raggiungere gli amici di Goiania
che si erano così innamorati
di quelle scorie radioattive luminose
che avevano di colpo creato isole splendenti
nelle montagne di rifiuti da mettersele dentro
nel corpo e nelle ossa fino a morirne.
Chi sa che cosa si saranno detti - se mai
da qualche parte in qualche sogno si sono
incontrati - con le bambine tailandesi
che fabbricavano bambole,
chiuse nella clausura della fabbrica
come le loro compagne
in quella delle case a ore per turisti,
bruciare senza echi di grida o affidate
alle cure discrete e sicure dell'HIV.
Chi sa se sono uguali i cortei di bambini
che vengono dal silenzio contemplativo dell' Asia
e quelli che giungono con memorie di canti,
di sole, di danza, di colori, di fantasia dal Brasile
dal Perù, dal Guatemala, da ... ?
Chi sa a che ritmo marceranno i bambini dell'Iraq
e quelli della Bosnia
con ancora nelle orecchie e nel cuore
lo spavento e lo stupore dei bombardamenti
e degli spari, e quelli della Somalia e del Ruanda
morti all'antica, di fame, di spada, di pugnale,
perché non c'erano risorse sufficienti
per una morte più moderna.
Forse avevano tutti la stessa infinita stanchezza:
o forse tutti la stessa inconfessata speranza
di scoprire che è stato solo un bruttissimo sogno
di quelli che tolgono il respiro e fanno piangere
fino a non avere più lacrime e voce.
Speriamo non vengano troppo precocemente
delusi dai loro fratelli appena più grandi:
scafati, violenti, armati, organizzati, ladri,
derubati, assassini e ammazzati, trafficanti e trafficati,
padroni e schiavi delle periferie di Los Angeles,
Ciudad de Mexico, San Paolo, Rio,
Lagos, Bogotà, Managua, New York...
Ai bambini che compongono questi cortei
che vengono da tutti gli angoli della terra
forse non importa molto parlare:
il vocabolario che hanno imparato è
così uguale - così limitato - così ripetitivo:
ed il racconto del gioco di cui sono morti
sembra diverso solo all'inizio.
Forse - ma non osano sperarlo - sarebbero
disposti a trasformarsi tutti in mimo,
come il loro amico solitario del Sudan,
se ci fosse la speranza che nei loro cortei
incominciassero a mescolarsi bambini
che raccontano il gioco della vita.
L'avevamo dimenticato
questo mestiere antico dei bambini.
Il 28 dicembre è stato sempre feriale,
lontano altro diverso, rispetto al 25:
il bambino era in salvo;
per i bambini c'erano le vesti rosse della festa,
il ringraziamento della santità.
Con la loro morte, pian piano
i bambini hanno invaso non solo i libri ma la vita.
I cortei non sono solo in cammino:
ci aspettano ad ogni angolo dei nostri centri storici,
occupano la piazza del paese,
incontriamo gli sguardi ai bordi delle autostrade.
Non è vero che sono anonimi:
hanno tutti un volto che conosciamo;
occhi che ci portiamo dentro,
voci che riconosceremmo tra mille,
storie che fanno impallidire le grandi preoccupazioni
che impegnano i nostri giorni.
Vorremmo tanto anche noi che fosse un sogno
per il quale fosse pensabile un risveglio.
Fino ad allora non abbiamo più bisogno di figli:
perché nei mimi silenziosi o urlanti di morte
dei cortei di bambini
possa mescolarsi il mimo della speranza:
è perfino inimmaginabile I'eccesso di tenerezze
di carezze, di voglia di rassicurazioni,
di amore, di cui c'è bisogno, e per quanto tempo
e per quanti bambini.
Gianni Tognoni
Segretario generale del tribunale dei popoli
Note
Severini: così vengono chiamati in Brasile quanti emigrano dal poverissimo Nordest verso i miraggi della capitale.
Bhopal: capitale del Madhya Pradesh (India). Nella notte del 2-3 dicembre 1984 la fuoriuscita di un gas dalla fabbrica di fertilizzanti della multinazionale americana Union Carbide provoca l'esposizione "ufficiale" di 521.262 persone, 6.000 delle quali muoiono subito e diverse migliaia subiscono gravi menomazioni permanenti.
Bambine tailandesi: nella fabbrica di bambole Kader, multinazionale cino-tailandese a Bangkok il l O Maggio 1993 per un improvviso incendio muoiono 189 persone e 500 rimangono ferite, molte erano bambine/operaie.
Goiania: in una discarica di questa città del Brasile, alcuni raccoglitori di rifiuti vedono un tubo di cesio proveniente dall'Ospedale disattivato della città. I cristalli di cesio, molto luminosi, attirano bambini e adulti che li raccolgono e li portano nelle favelas provocando morte e menomazioni. E' la catastrofe nucleare più grave dopo Cernobyl.
28 dicembre: la liturgia cattolica ricorda il massacro dei bambini fatto da re Erode. Il calendario riporta: Festa dei Santi Innocenti
in Lotta come Amore: LcA maggio 2002, Maggio 2002
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455