Il ritorno a casa di don Sirio

Il 23 febbraio di quest'anno, a quattordici anni dalla sua morte, le ceneri di Don Sirio sono state trasportate alla Chiesetta del Porto per esservi tumulate.
Al progetto di riportarlo a casa abbiamo tenacemente lavorato da quando, in estate, una serie di coincidenze aveva fatto sorgere l'idea attorno alla quale abbiamo da subito coinvolto la città. Personalità della cultura, cittadini di ogni tendenza politica e il mondo delle istituzioni si sono mobilitati firmando in centinaia una petizione indirizzata alle autorità competenti per superare gli ostacoli burocratici legati alla possibilità di essere tumulati fuori dall'ambito del cimitero.
Alla fine, dopo mesi di impegno, quando si è sparsa in città la notizia che l'ultimo sabato di febbraio Don Sirio sarebbe tornato a casa sono arrivate adesioni e richiesta di partecipazione alla giornata.
Ma non ci aspettavamo la folla che ha voluto accompagnarlo nel suo ultimo viaggio, quando ci siamo ritrovati in centinaia perché nessuno voleva mancare. Vi era gente di età diversa, studenti e vecchi amici, persone di ogni ceto sociale e animate da differenti motivazioni: tutti insieme abbiamo fatto corona a questo evento apparso, nel suo svolgimento, come quello di un fiume che per quanto lungo e sinuoso sia il suo corso deve arrivare al mare.
Nella Chiesetta del Porto è cominciata la sua solitaria avventura e lì si è conclusa, confortata dall'abbraccio ideale della città.
Ci fa piacere offrire ai lettori la cronaca di una giornata che ha saputo coniugare familiarità ed ufficialità. La manifestazione ha avuto inizio in Comune, dove, in una sala di rappresentanza gremita, l'urna delle ceneri tenuta in mano da don Luigi è stata accolta dal sindaco a nome della città.
È seguito un mio breve intervento che tratteggiava l'iniziativa.
Si è poi formato un corteo aperto da una gru che in rappresentanza del mondo del lavoro ha voluto trasportare le ceneri del primo prete operaio italiano. Subito dopo seguivano le bandiere, i labari dei Comuni e delle associazioni e la gente. Superato il canale,
la popolazione della darsena ci ha accolti assiepata lungo la strada principale: il passaggio è stato salutato dal canto delle sirene dei cantieri navali e delle barche che in suo onore si erano pavesate a festa. All'arrivo alla Chiesetta il vescovo di Lucca Monsignor Bruno Tommasi ha benedetto le ceneri e Don Rolando ha letto una citazione di Aldo Capitini. Poi don Luigi ed io lo abbiamo ricordato:
Luigi dandogli il ben tornato nella sua zolla di terra posta - come ha ricordato - alla confluenza di tre elementi acqua terra e cielo che sottolineano la molteplicità della sua vita. "E' stato per me un privilegio vivergli accanto e vivere in questo luogo, ha concluso Luigi, e voglio testimoniare di fronte a voi e di fronte a Dio che mi impegno a raccogliere e continuare gli ideali per i quali ha vissuto e che mi hanno nutrito."
Io ho intrecciato le mie parole con alcune canzoni scritte da Don Sirio per il teatro popolare da lui composto ed eseguite dal coro che negli anni '70 lo seguì in giro per l'Italia.
L'evento è stato documentato da un video realizzato da alcuni giovani del Laboratorio Cinema di Viareggio; le Poste erano presenti con un annullo filatelico speciale dedicato alla giornata (chi volesse le cartoline ricordo può fame richiesta alla redazione).
Vi trascriviamo gli interventi per farvi assistere, seppure in differita, alla giornata, cominciando dal mio, pronunciato nella sala di rappresentanza del Comune.

"Un affettuoso benvenuto a tutti e in special modo all'anziano fratello di Don Sirio che è venuto da Loano insieme ai suoi familiari per essere con noi stamani.
Attorno al progetto di riportarlo a casa ci eravamo già mossi in agosto, ricordate? Un tam tam aveva diffuso l'idea e in tanti veniste a firmare una petizione popolare qui, nell'atrio del nostro Comune mentre altrettanto avveniva a Casoli e, generosamente, nel comune di Camaiore che cedeva Don Sirio sepolto dall '88 nel paese di Capezzano dove era nato.
Ci fu, in estate un grande darsi da fare perché sono molti gli obblighi burocratici da adempiere per potere portare i resti mortali di un defunto al di fuori del cimitero. E stato un cammino denso di difficoltà nel quale abbiamo avuto accanto gli uffici comunali preposti.
Il 17 gennaio 2002 a quattordici anni dalla morte è avvenuta l'esumazione; purtroppo nel cimitero di Capezzano il terreno argilloso non consente il drenaggio e al momento di scavare ci si accorse che la sua cassa era ricoperta da due spanne d'acqua.
Fu lì che decidemmo, di slancio, insieme alla famiglia di avviarlo alla cremazione: dopo tanta acqua tanto fuoco, che lo asciugasse, che lo alleggerisse dal lungo permanere nel grembo della terra avvolto da una sorta di liquido amniotico, le acque della sue seconda nascita. Ora abbiamo le sue bianche ceneri, la cremazione è avvenuta il 21 gennaio ed ha reso tutto più semplice in quanto alla burocrazia.
Tanto che mi sembra quasi che questa estate Don Sirio ci abbia messi alla prova per vedere se veramente lo volevamo, se per lui eravamo disposti, come nei miti e nelle favole, a superare i monti e le valli delle grandi prove.
In quest'ultimo mese, appena si è saputo che stavamo organizzando il suo ritorno a casa si è messa in moto una danza dei cuori: un richiamo gioioso da una persona a un'altra che ha coinvolto associazioni, privati, scuole, il nostro Comune, la Capitaneria del Porto, grafici e tipografie, consulenti musicali e l'intero mondo del lavoro... Ognuno arrivava con una proposta,
un'idea e mentre gli incarichi venivano divisi si moltiplicavano le adesioni. Intanto affrontavamo un problema: come trasportare la piccola urna delle sue ceneri senza usare il carro funebre così da salvare l'idea di fondo che era quella di un'accoglienza affettuosa e fraterna? Abbiamo pensato di impiegare un mezzo tipico del nostro mondo del lavoro e fra le varie possibilità (un trattore, un muletto ...) è emersa quasi subito la regina di questo tipo di macchine, una gru. E così, alta e svettante come una gazzella lo accoglierà nel suo grembo per portarlo a casa con leggerezza, addobbata con la bandiera della pace e fiorita di rami di ulivo. Dietro di lei i gonfaloni, le bandiere e tutti noi che - come dice l'innamorata del Cantico dei Cantici - lo abbiamo posto come un sigillo sul nostro cuore.
Che dalla Chiesetta lui ci guidi ancora e ci protegga ".

Arrivati alla Chiesetta, alla fine degli interventi, ho ricordato così Don Sirio:
"E' arrivato a casa, cari amici, è qui con noi! Come raccontarvi la gioia, come rimandare l'uno all'altro le emozioni... è qui.
Il suo corpo reso adesso così leggero dal fuoco, danza con il suo spirito nell'anima di tutti. E io voglio ricordarlo non solo con l'affetto del cuore, ma proponendolo a tutti voi come un modello a cui riferirsi. Perché sapete, mi domandavo durante il corteo, se lo abbiamo voluto, se lo abbiamo chiesto a gran voce, se lo abbiamo fatto venire qui e se lui ha consentito, dobbiamo in cambio dargli qualcosa, impegnarci ad accettare come fonte di ispirazione una persona che ha avuto in modo forte la tenacia delle convinzioni, la forza di portare avanti le sue idee.
Noi viviamo oggi in un 'epoca nella quale adagio adagio un grande patrimonio ideale (molto ampio, che apparteneva a tutti) è stato eroso, ci siamo un po' tutti accomodati, omologati, omogeneizzati.
Tanto più dobbiamo domandargli di aiutarci a volere fortemente alcune cose, anche se ci costano e significano la fatica di camminare tracciando una strada senza avere davanti nemmeno un sentiero battuto. Aiutarci a recuperare il gusto dell'avventura, dell'ignoto, dell'inventare il cammino. Qualcosa per cui valga la pena vivere lottando. Perché dico lottando? Perché una vita senza questa spinta, senza darci da fare, senza affrontare a piè fermo le difficoltà, una vita che non si tira indietro, non ha gusto, non ha sapore.
Sì, d'accordo, possiamo scavarci il nostro angolo tranquillo, fuori dalle onde, ma in fondo in fondo - e questa giornata lo dimostra - noi siamo contenti quando possiamo allargare il cuore e andare dietro a qualcosa di più grande e che ci prende. Certo, questa scelta bisogna pagarla, ma tanti di voi non si sono impegnati per questa giornata, non hanno rinunciato a una cosa o a un'altra, non hanno lavorato, non si sono dati da fare?
Lui è stato un lottatore. Ve lo ricordate? Così solido, così forte...
E ha dovuto lottare nella Chiesa, unicamente per essere povero fra i poveri. (I tempi sono cambiati ed ora abbiamo qui il nostro caro vescovo). Eppure, allora, negli anni '50, chiedeva semplicemente (come spiegavo giorni fa ai ragazzi di ragioneria e del professionale che mi hanno invitato a parlare di lui) di unirsi di fatto a una classe povera, sfruttata, emarginata: quella operaia. Compiere questo passo, dai privilegi del sacerdozio alla durezza del lavoro nei cantieri navali è stato un evento grandissimo, dal quale si intravede già la sua tempra di lottatore. Ha costituito un segno che tutti ancora ricordano: si dice di lui "il prete operaio" ... E dalla solidità di quel mondo, dalla solidarietà di quel mondo (dagli operai Don Sirio imparò a donare il sangue e dell'AVIS cittadino fu donatore, consigliere e poi presidente) da questa formazione lui ha imparato ad allargare il proprio orizzonte, buttando, come si dice, il cuore al di là degli ostacoli.
Sempre al di là, ampliando i suoi orizzonti. Sensibilissimo all'ingiustizia sociale, si temprò per essere capace di opporsi.

Coro "Proletario del mondo"
Proletario del mondo va bene morire ma da uomo che vive.
Morire ogni giorno e alla fine dei giorni creando la vita e vincendo la morte.
Tu solo Signore padrone del mondo: dall'opera forte delle tue dita fai nascere la vita.
Il tuo lavoro è valore di vita è storia di uomo di uomo che vive.

Certo, non fu benvisto dai benpensanti di allora, di qualsiasi sponda fossero, ma col tempo un numero sempre più grande di persone ha imparato ad apprezzarlo.
E quando lui negli anni '70 (quelli che io continuo a chiamare i magnifici anni '70) quando era facile comunicare, aggregarsi intorno ad idee, ampliò la consapevolezza dei problemi sul tappeto, divenne punto di riferimento per molti. Così nella lotta contro la scelta governativa del nucleare come fonte energetica: si formò allora vasta corrente di opposizione, anche perché non si trattava solo di una questione civile, il problema era collegato al nucleare militare, all'esistenza degli armamenti atomici in mano alle due superpotenze.
Lui non si arrendeva, non accettava che il mondo andasse allo sbaraglio senza prendere parte, posizione.

Coro "Ribellati o popolo"
Ribellati o popolo alla legge di guerra
Lavati il sangue che le mani ti macchia se vuoi che l'uomo
che ti è vicino o lontano un nemico non sia ma ti stringa la mano.
Ribellati o popolo se vuoi che Cristo ti senta fratello e il Padre del cielo ti consideri figlio.
Se vuoi che un mattino un sole nuovo splenda nel mondo, un'aurora di pace.

Don Sirio inventò uno strumento, quello del teatro popolare fatto con pochi mezzi, così, arrangiato, alla buona, che scrisse lui stesso, addirittura in versi! Era un mezzo per diffondere delle tematiche che gli erano care: quelle del primato della coscienza ( il titolo era: Il Cristiano dice No), quello delle ingiustizie sociali, incentrato sulla morte sul lavoro di un operaio (Una Fede che lotta) e infine, l'ultima, scritta a distanza di qualche anno su un tema che gli prese sempre più spazio nel cuore, diventando il tema portante degli ultimi anni della sua vita, quello della pace, alla quale dedicò l'ultima opera teatrale "Le Ombre di Hiroshima ".
Questo teatro, si faceva in una fabbrica occupata, in una chiesa (non qui a Viareggio), nelle scuole, nelle piazze, nei piccoli circuiti alternativi che allora erano molto vivi ... Si diffondevano le idee, veniva tanta gente ... chi canta qui stamani le canzoni scritte da Don Sirio è il piccolo gruppo degli antichi teatranti di allora. Io propongo ai tanti giovani qui presenti di prendere in mano questi testi e provare a farli rivivere.
Riprendo il filo della pace, un'utopia sempre più irrinunciabile, ogni giorno che passa. Non possiamo fare a meno di crederci, ma di crederci profondamente, di rivedere il messaggio di Don Sirio e di tanti altri, di tutti i nostri maestri della pace, di coloro che ci hanno indicato come fare, che ci spingono fuori dall'indifferenza generale, che ci aiutano a dire che non è accettabile non solo che un uomo sopraffaccia un altro, ma che una nazione, ufficialmente, si dia il diritto di sopraffare un altro paese. Che non è accettabile che delle giovani generazioni, tirate su normalmente, in famiglia, dall'oggi al domani (fra non molto per fortuna il servizio di leva obbligatorio sparirà) debbano trasformarsi in persone che uccidono per dovere, perché così bisogna fare.

Coro "O popolo, popolo"
O popolo, popolo dalla terra scardina via l'istinto maledetto che in tutti si annida.
o popolo, popolo respingi lontano chi di guerra e di sangue ha macchiato la mano.
o popolo, popolo, respingi i cannoni e come il sogno che Dio ha sognato
di spade e di lance fai attrezzi da grano.

Di fronte a tutto questo, se abbiamo portato Don Sirio qui, ponendolo, vi dicevo in Comune, come un sigillo sul nostro cuore dobbiamo dargli qualcosa in cambio, dobbiamo promettere di prenderlo come uno dei punti di riferimento della nostra vita. E lui ci proteggerà ... "

Maria Grazia Galimberti


in Lotta come Amore: LcA maggio 2002, Maggio 2002

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