La posta di fratel Arturo

Le righe che sto per tracciare per il primo numero di Rocca dell'anno 2001, sono guidate dall'intenzione di scrivere una lettera confidenziale ai miei lettori. Prima di tutto vorrei dichiarare che significa per me una ricerca di senso conseguentemente dove è possibile inseguirla. Ricercare il senso è ovviamente cercare il senso del vivere. Si vive anche senza senso ed è quello che fa la maggior parte delle persone, una maggior parte sempre più numerosa, perché ricercare il senso è meno comodo, è doloroso, e addirittura appare un'impresa impossibile.
Pochi eletti sempre meno numerosi rappresentano l'eccezione. Cercare il senso significa affrontare il problema dell'insicurezza collettiva collocando la propria identità nel rifiuto di identità posticce ed erosive offerte dai supermercati, dalle discoteche, dai giochi della Tv e dal delirio di perdersi nel ritmo frenetico dei negozi finanziari e dalle varie pratiche religiose. Per un seguace di Cristo il rinunciare alla ricerca di senso significa rifiutare la responsabilità di costruire il Regno.
Il che vuol dire perdere il senso autentico della fede.
Dove cercare questo senso? Quarant'anni fa ad un giovane che avesse rivolto questa domanda ad Arturo, Arturo avrebbe risposto: nella preghiera, nella meditazione della Parola di Dio, nella ricerca di far cambiare la tua identità umana con la tua identità religiosa. Non sono sicuro che avrei risposto unicamente così, perché mi sarei sentito richiamato dalla risposta che Gesù dà ad un giovane inquieto: và - vendi - dallo ai poveri, ma in tutti i modi i miei consigli sarebbero stati piuttosto sulla linea dell'essere, mentre oggi sono piuttosto sulla linea del fare. Il perché di questo spostamento viene chiarito dagli eventi. La secolarizzazione, l'urgenza di un'etica, e soprattutto, il punto cui è arrivata "la nostra società trionfalistica, autocompiaciuta, cieca e ipocrita senza pietà per i suoi poveri" (Bauman). Una umanità capace di assistere allo spargimento di sangue dei ragazzi palestinesi armati di pietre contro i cannoni, e immediatamente cambiando canale dimenticarsi nella progressiva stupidità dei giochi televisivi. Come conseguenza, che a me pare logica, credo che il luogo dove cercare il senso, sia la stessa società. Ho detto spesso che i teologi di oggi sono i sociologi. Non quelli delle statistiche che finiscono sempre in pareggio, ma i sociologi apocalittici, quelli che, guidati da un criterio di giustizia e di verità, fanno luce sugli aspetti negativi, catastrofici della società che affonda. Eppure, seguendo queste analisi, mantenendo sveglio l'interesse per il Regno, è possibile trovare in questa letteratura delle tracce di speranza, degli accordi in armonia col Vangelo. Per esempio l'idea esplosiva di "separare il reddito minimo di sussistenza dall'occupazione", un'utopia di cui faccio in questo momento un semplice accenno promettendo di tornarci su. Che vorrebbe dire assicurare ad ogni essere umano il diritto di vivere: siete capaci di trovare un progetto più evangelico? Vorrei tranquillizzare i miei amici che il ricercare il senso del vivere nella società, non vuol dire abbandonare Dio. lo mi definisco un contemplativo, perché dedico tempo ogni giorno alla comunicazione con quel sommo amore, come lo definisce Dante. So che non entro nei numerosi modelli che sono nel deposito dell' Avvocato del diavolo, ma non ci posso far nulla. La vita mi porta fuori nella lizza dove Gesù ha gettato per sempre la causa del Regno. Non ho tempo di "modellarmi", Questa ricerca di senso implicata nelle vicende della società, non finisce mai, per cui non posso promettere di fissare un'identità poiché non sarà mai definitiva. Ma in un certo senso è già presente nella stessa ricerca che ci libera dalle angosce del nostro io e dalle schiavitù che ci vengono proposte nella moltiplicazione delle offerte di liberazione che discendono tutte dal tiranno omicida Mercato. Ora a voi giudicare se vi interessa questa ricerca di senso. Quello che apprezzo negli amici di Rocca è questo ascolto dei lettori. E i lettori non devono trascurare questo invito che viene loro rivolto.
La mia ricerca non si arresterà fino alla mia morte parziale o totale, quindi il produrla sulle pagine di Rocca o altrove è veramente secondario. Quando un credente è afferrato da quella responsabilità che trovo così grandiosamente rappresentata in un testo rabbinico, tornare indietro è impossibile. Queste parole ti rendono schiavo per sempre. Ed è quella schiavitù in cui scopri il sapore di quella libertà in cui coscientemente o meno hai posto il senso della tua vita. "Significato etico dell'attività umana... esso conta prima di tutto per gli altri. E questa la sua gravità, fa vivere o morire... nei suoi atti l'uomo è responsabile per tutti gli altri mondi e per tutti gli uomini".

Fratel Arturo
(da Rocca n.l/200l)


in Lotta come Amore: LcA aprile 2001, Aprile 2001

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