NAFTA for Africa

È fatta. Con il voto del senato, l'11 maggio scorso, si è concluso a Washington l'iter parlamentare dell' African Growth and Opportunity Act (Agoa), quella legge che Clinton aveva promesso due anni fa in pompa magna lungo il suo periplo africano al fine di favorire gli scambi commerciali con il continente nero e gli investimenti statunitensi. (Nel testo finale di legge sono stati inclusi anche 25 paesi caraibici). Abbiamo chiesto ad Alex Zanotelli, che ha intuito la pericolosità di questo disegno fin da quando Clinton lo preannunciò al G-7 di Denver nel '97, di commentare per Nigrizia il varo di questo "Nafta for Africa" (,'Nafta" è l'Area nordamericana di libero commercio, che ha già prodotto i suoi effetti nefasti e cui rassomiglia l'Agoa).
"Questa legislazione deve essere collocata in un contesto economico-politico ben preciso di mire americane. E quando si dice "americane", si intende che fanno da supporto ai grandi potentati economici, cosicché la politica si riduce a copertura di decisioni economiche. In questo senso va capito quanto affermò Ronald Brown, segretario di stato al commercio, nel dichiarare - pubblicamente - che il tempo dell'egemonia economica e commerciale dell'Europa in Africa era finito: "l'Africa ora ci interessa ".
Una dichiarazione, aggiungiamo noi, che viene curiosamente a inverarne un'altra, proferita da tutt'altra bocca trent'anni prima: "Gli Stati Uniti non avevano colonie in questo continente ed ora lottano per penetrare nelle chiuse riserve dei loro soci. Certamente l'Africa, nei piani strategici dell'imperialismo americano, costituisce la sua riserva a lunga scadenza" (Che Guevara).
Torniamo a Zanotelli. "Bisogna mettere in questo contesto la guerra di Kabila (Brown parlava proprio nel '96), finanziata dagli Usa proprio per avere accesso, insieme alle multinazionali dei diamanti e dell' oro del Sudafrica, alle miniere e alle grandi ricchezze del Congo-Zaire, soppiantando così le potenze europee.
Quando Kabila vince e poi si mette a fare una politica nazionalista, ecco immediatamente la reazione. E riparte la guerra, tuttora in corso in Congo, una guerra voluta, perché le multinazionali possono così fare quello che vogliono. Meno stato c'è, meglio è. Col suo viaggio nel '98, Clinton visitò le nazioni in Africa che riteneva più presentabili per inaugurare quello che chiamava il Rinascimento africano. Un viaggio estremamente importante perché la finalità non era andare a tessere le lodi dei vari Museveni e Kagame, come ha fatto; ma era soprattutto il lancio della politica economica americana verso l'Africa e la preparazione del Nafta for Africa. Va dunque situata qui questa legislazione voluta per aprire l'Africa subsahariana al grande mercato: la nuova frontiera dove piazzare i prodotti delle multinazionali ("un mercato potenziale di 700 milioni di consumatori", ricordava la sottosegretaria agli affari africani, Susan Rice, alla vigilia del viaggio presidenziale), ma anche dalla quale pescare le ricchezze che a loro servono. Quindi adesso l'Africa interessa agli Stati Uniti in chiave proprio imperiale".
E antiamericanismo aprioristico? "Guardate chi c'è dietro a questa legge - ci fa notare padre Alex -: le grandi multinazionali. Si sono anche ufficialmente costituite, a tal fine, nella Agoa Coalition Inc. consultare, su Internet, www.usafrica.org, (ndr). Alcuni nomi: Texaco, Mobil, Amoco, Caterpillar, Occidental Petroleum, Enron, General Electric, Chevron, Kmart... Sono fra le peggiori, note a livello mondiale per essere tra quelle che violano di più i diritti umani. Persino il New York Times in un editoriale del '98 ha scritto: "Ma questa legislazione non è che un pacchetto di benefici a favore delle fiorenti multinazionali e una minaccia per la sovranità degli stati subsahariani che gli stessi sostenitori della legge dicono di voler aiutare". E il New York Times, lo sappiamo, è la voce del padrone.
Il Nafta è insomma un'espressione della volontà delle multinazionali di aprirsi ai mercati africani e di creare questa nuova possibilità che la legge chiama, con un termine che è ormai eufemistico, free trade: libero commercio. Durante il viaggio di Clinton lo slogan del viaggio era: Trade, not aid (Commercio, non aiuto). Strano "libero" mercato, d'altra parte. Una rete di ong, chiese e sindacati ha denunciato a metà aprile, dall'isola Maurizio, come "gli Usa restringano unilateralmente il mercato ai soli paesi africani che si sottomettano alle loro condizioni".
Che sono, chiaramente, quelle che fanno parte del pacchetto di Fondo Monetario e Banca Mondiale. Se non c'è nessuna menzione degli aggiustamenti strutturali è perché gli vanno benissimo. Né c'è alcuna menzione - che per lo meno faceva capolino nella legislazione "alternativa" di Jessie Jackson Jr. - del debito, se non nel mero ambito dell'iniziativa Hipc della Banca Mondiale. Non solo. C'è nella legge la clausola che le nazioni africane dovranno diventare membri della Organizzazione mondiale del commercio, con tutte le regole che questo comporta. Così, mentre l'Accordo multilaterale sugli investimenti è stato sconfitto in sede Ocse, il club dei paesi più industrializzati, le idee fondamentali del Mai rientrano adesso, in pillole, attraverso l'Agoa. Vi ritroviamo infatti gli abbattimenti delle barriere doganali; l'apertura agli investimenti, riservando alle multinazionali lo stesso -trattamento dovuto alle imprese nazionali... È una maniera di immettere l'Africa nel mercato mondiale, in questo momento per lei difficilissimo, in un modo neocoloniale, neo li peri sta, tra i più vergognosi che esistano. E un modo, ritengo, di uccidere gente: ecco perché ho già usato l'espressione 'genocidio pianificato'''.
E le conseguenze non sono solo per l'Africa. "Provo rabbia - conclude Alex nella sua conversazione con Nigrizia - per il silenzio totale in cui avvengono queste cose, un' omertà e una cecità che fanno paura. C'è l'incapacità o la non volontà di smascherare i meccanismi imperiali - economico-imperiali. Il silenzio che ho trovato in Europa mi ha fatto davvero impressione. lo non chiedo all'Europa carità, chiedo semplicemente che guardi ai propri interessi!
Gli interessi "politici" sono irrilevanti ... vecchi ricordi storici, ormai quello che è importante è l'aspetto economico, d'accordo. Ma per l'appunto i paesi dell'Unione europea hanno grossi interessi in Africa, che verranno spazzati da questa mossa. Non c'è stata riflessione o pochissima, quando è da più di tre anni che negli Stati Uniti l'Agoa sta andando avanti. Nemmeno in Italia se ne è parlato, mentre l'Italia dovrebbe giocare un ruolo estremamente importante verso l'Africa.
E la nazione d'Europa più vicina all' Africa, dovrebbe fare da ponte. Invece c'è, da parte di tutti, di tutti i partiti, un disinteresse totale. Capisco le destre... ma anche una larga parte della sinistra non ha riflettuto su queste cose. ~ questa maniera verremo travolti tutti.
E inutile, poi, parlare di politica: é semplicemente il mercato che fa tutta la politica.
Ed è già in dirittura di arrivo un grande "Nafta" per la Cina. E così che il mercato avanza".




in Lotta come Amore: LcA luglio 2000, Luglio 2000

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