Cari amici italiani, il 25 settembre sono tornato in sede dal mio soggiorno italiano. Svolgo nella memoria in un processo lento la successione rapida di luoghi, di esperienze, d'incontri: Maguzzano, la Sicilia, Champoluc, Spello, l'incontro così pieno di emozione con i fratelli di Europa in Belgio. E l'incontro di Trevi con amici con cui riallacciare dialoghi che la lontananza non ha interrotto; qui ritrovo l'ambiente per rielaborare idee, impressioni, ricordi. Penso che questo ritorno in Italia - anche con la sua buona percentuale di fatica -, mi offre delle esperienze che mi aiutano a seguire le cronache del regno.
Il tipo di vita che svolgo qui sta presentando dei ritocchi notevoli. La mia massima preoccupazione, l'amministrazione della casa di Boa Esperança, con tutte le iniziative di assistenza e di promozione, sono ormai affidate a brasiliani. La "casa amarela" conosciuta dal suo colore giallo, e AFA (Associaçao fraternàl e de aliança) sono in buone mani, e io posso dedicarmi all'attività che mi è più congeniale, nella pace del mio domicilio campestre.
Non sono del tutto separato da Boa Esperança, dalla favela e dall'impegno liturgico. Vi tomo secondo le necessità, ma sollevato di un peso assai importante per me, che sono capace di perdere il sonno per aver dimenticato di saldare un debito di cinque dollari. Ognuno ha la sua "ghianda" e io trovo sempre più la mia. La nostra pace interiore non è solamente il frutto della relazione con Dio; è anche la conseguenza di fare quello che siamo nati a fare.
Credo di seguire un'ispirazione che mi viene dall'AMICO e vorrei dire, se non fosse poco gentile, mi perseguita da vario tempo.
Come sapete da informazioni, l'America latina in questi tempi è esposta a un intensissimo proselitismo di diversi culti cristiani (chiamarle sette è peggiorativo, è appunto poco cristiano). Nel circondario limitato di Boa Esperança sono in funzione cinque cappelle contro una cattolica. Il processo di smantellamento del cattolicesimo è comune a tutto l'occidente cristiano, presentando diversi aspetti. Negli ambienti dove la cultura industriale e urbana è più radicata, è più frequente l'uscita verso pratiche di meditazione, o quelle che si riassumono sotto il titolo "new age". Qui in America latina sono più diffuse le pratiche pentecostali, più semplici e vicine al popolo. La chiesa cattolica pare non considerare queste diversità del fenomeno certamente preoccupante. Reagisce con un metodo unico, reputandolo valevole per tutto l'orbe cattolico. Il rigorismo dottrinale, una accentuazione dell'ortodossia, il che in pratica diventa una intensificazione della catechesi per tutte le età, e una scrupolosa vigilanza sugli scritti dei teologi, con le conseguenti condanne. L'aspetto affettivo della reazione, diretto a colpire l'immaginario religioso, sarebbe coperto da progetti fastosi, cerimoniali a imitazione degli shows che tanto piacciono ai giovani e ai non giovani, che entrano nel progetto-giubileo.
Non so se questa reazione è producente nel cosiddetto primo mondo. Non lo è sicuramente né qui in Brasile, né più in generale in America latina. L'intensificazione catechetica o catecumenale giunge qui come un progetto di spiritualità intransigente, separatista, culturalmente definita e fissata nella cultura del primo mondo.
Ho accentuato la separazione di quelli che dovrebbero essere i responsabili, dalla parte popolare più debole e indifesa. Qui dove si presentava l'urgenza massima di una religione di integrazione, è arrivata una religione di accentuata separazione. Era inevitabile che si aprisse la breccia pentecostale. Il popolo, orfano, abbandonato da quelli che hanno il potere politico e dai nuovi santi, liberati dalle responsabilità verso i fratelli, trova in questi culti sollievo alle sue sofferenze sempre più profonde e il conforto di sentire che qualcuno viene a trovarlo in nome di Dio.
Prendete il tempo di leggere il capitolo sette di Marco, dove si parla di un certo metodo Korbàn; applicatelo a questi neocattolici di cravatta. Questi sacralizzando le forme di amore che dovrebbero prestare ai fratelli poveri, si lavano splendidamente le mani della loro esistenza. Poi organizzano congressi per studiare il fenomeno protestante in America latina e la conclusione è l'istruzione carente.
Non diranno mai: manca l'amore. Eppure Gesù ha denunziato sotto le diverse forme di fariseismo una mancanza di amore.
Mi sono incontrato con due giovani brasiliani che vivono in comunità, seguendo una regola evangelica. In questi ultimi mesi abbiamo chiarito con la corrispondenza il progetto nato in un incontro, di formare un centro di spiritualità dove preparare i giovani alla "responsabilità" verso gli altri, e soprattutto verso i coetanei. Alla mia morte vorrei lasciare qualcuno capace di mettere dinamiche di amore nel suo popolo, come contribuzione al "venga il tuo regno" che non è vera preghiera se non è vero impegno. Voglio chiarire che è lontana, lontanissima da me l'idea di formare una congregazione religiosa contemplata in uno qualunque degli articoli del diritto canonico.
Il centro del mio pensiero è il popolo orfano. Vogliamo sentirci della chiesa cattolica, ma siamo rivolti verso il regno più che verso la chiesa. Gesù mandò i 72 discepoli "davanti a sé", lungi, oltre, verso. Molto spesso le congregazioni religiose partono e poi tornano, chiudono la porta e si mettono a sedere e allora si dedicano alla casa. E questa è l'origine degli elefanti bianchi disseminati in terra cristiana e anche fuori...
Qualcuno di voi esclamerà: "Alla sua età, pensare qualcosa di nuovo?". Rispondo con le parole di Paolo che Dio sceglie sempre le cose che non sono, cioè quelle che prudentemente non sarebbero scelte. Poi vi faccio notare che la mia intenzione non è di "metter su casa", anche se un tetto ci vuole, ma di andare verso gli altri. Gesù mi dice che la sua tattica è farsi accogliere. E' stato il tema che quest'anno ho cercato di martellare a Trevi.
Sul tema "casa" vi racconto una bella storia... Quattro amici livornesi, Rolando (diacono e capomastro?) e Carla (moglie), Italo (parroco) e Ottorino (falegname), conoscendo Boa Esperança o direttamente o per riferimento, hanno concepito il progetto di un corso per saldatori, raccogliendo offerte di parrocchiani generosi.
Nonostante numerosi scambi di telefonate, fax, e-mail, all'arrivo non hanno trovato né locale, né alunni per iniziare il corso. Ciò era dovuto a un cambio rivoluzionario e alla nuova presidenza di AFA che non era in condizione d assumere gli impegni di quella scaduta.
Il mio compito è stato quello di andare a riprendere i fili per ricomporre quello che era successo nel passato. E' stato opportuno anche per chiarire molte cose. In questo spazio è avvenuto uno di quei fatti che Rilke chiama storie del buon Dio.
Il progetto "centro di spiritualità" comprendeva la costruzione di una casa in ferro e legno nella favela, come parte pratica del corso. Una mattina all'ora della contemplazione, ho sentite la voce "sono arrivati i costruttori del centro di spiritualità". Ed eccoli lì a lavorare da diversi giorni a costruire il centro. Solo la pioggia e il diritto di Dio al settimo giorno, concede loro riposo. Confesso che non mi sento molto comodo, stando nella mia deliziosa solitudine, mentre mi arriva il rumore degli strumenti che indicano uomini al lavoro. Poi penso che "molte sono le mansioni nella casa del Padre". Importante è assumerle e portarle avanti con responsabilità. A chi non è abituato alle decisioni improvvise dello Spirito, capricciose come il vento stando all'immagine biblica, riesce difficile accoglierle e comprenderle. Ho riflettuto su questo cambio di programma e mi è parso straordinariamente opportuno pensando all'effetto che avrebbe prodotto questa organizzazione di lavoro con una tecnica inaccessibile per chi vive in una baracca. Spesso da lontano è difficile pensare a questi sfasamenti che hanno causato dei danni profondi ai paesi definiti "in via di sviluppo". Sto rileggendo per la terza volta "L' occidentalizzazione del mondo" di Serge Latouche, utilissimo per chi vuol documentarsi sul male che ha fatto l'occidente cristiano credendo di costruire il miglior mondo possibile.
Vi vedo davanti a me e vi abbraccio uno a uno.
Fratello Arturo Paoli
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in Lotta come Amore: LcA febbraio 1999, Febbraio 1999
Luigi Sonnenfeld
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