Negli ultimi giorni del 1998, ho raccolto in questo numero di Lotta come Amore contributi di amici che fecondano questa terra di vita e di umanità in diverse parti del mondo.
Mi pare che siano significativi di una resistenza attiva che - anche nelle pieghe più amare di storie di popoli che sembrano destinati alla tragedia -, sa esprimere tanto amore appassionato per la fatica gioiosa di essere donne e uomini in questo nostro tempo.
E' forse questo che spinge un buon numero di lettori (di amici, prima di tutto, anche se il loro volto mi è spesso sconosciuto) a scrivere poche righe, ma significative o a lasciare caldi messaggi in segreteria telefonica. Invitando a continuare questa modesta fatica dello scrivere ed inviare quelli che Beppe chiamava "pensieri positivi". Orme di vita vissuta, orme a volte profonde per i pesi di cui si è caricati, ma sulle quali ciascuno può misurare e appoggiare il proprio passo senza sentirsi solo, ma confortato da un cammino comune. Almeno nelle aspirazioni, nei desideri, nei sogni...
L'anno appena trascorso ci ha visto coinvolti in alcuni eventi che hanno contribuito al vivo ricordo di don Sirio a dieci anni dalla sua morte. Il più significativo è stato la commemorazione fatta nel febbraio scorso dal Comune, in un Consiglio comunale aperto, ne cantiere dove Sirio aveva lavorato più a lungo Il SEC, che da alcuni anni vive vicende travagliate a seguito di ricorrenti tentativi della proprietà di trasferire la produzione per indirizzare le ampie concessioni demaniali ottenute a tal fine verso indirizzi turistici per loro ben più remunerativi.
Tra gli "oratori ufficiali" anche Martino Morganti, francescano, da una vita ormai a Livorno. Studioso da sempre. Operaio per lunghi anni, ora in pensione. Pubblichiamo il suo intervento, lucido e significativo. Lo facciamo ora con un calore tutto particolare e tanto, tanto affetto avendo saputo che Martino sta lottando contro un male che lo invade. E cl la sua interessante intuizione di una sopravvivenza di Sirio a seguito di un "trapianto" di pensieri, convinzioni, orientamenti, sollecitazioni, sia per Martino - I parte nostra - un fraterno fiducioso forte abbraccio ed augurio.
L'ultimo degli avvenimenti commemorativi è stata l'intitolazione a Sirio - sempre da parte d Comune -, dello slargo tra le due darsene antistante alla Chiesetta. In quell'occasione, a metà dello scorso novembre, Maria Grazia ha offerto una testimonianza del legame intenso tra Sirio e quel luogo a lui ora intitolato: "Eravamo nel febbraio del '63, periodo del carnevale. Io, ventenne, venivo per la prima volta a Viareggio, per conoscere don Sirio. Avevo letto il suo primo libro 'Una zolla di terra', lo avevo contattato e lui mi aveva invitato a venire a trovarlo.
Era venuto a prendermi alla stazione con la sua amata R4 verdebottiglia. Quando imboccammo la via Coppino, mi disse in maniera solenne: 'Qui entriamo in darsena'. Ed io occhiavo in giro... lo specchio della darsena Lucca, le sue piccole imbarcazioni, la Torre Matilde in lontananza e poi, più avanti, l'inizio della darsena Toscana affollata di cantieri e pescherecci. Arrivati all'altezza della garitta della Finanza, Sirio disse (mi pare ancora di udirlo con quel tono tutto suo, un po' orgoglioso, un po' baldanzoso): "Da qui si entra nel mio regno". E ci inoltrammo nel largo spazio che porta alla chiesetta, dove ora siamo raccolti.
Sì, è stato proprio il suo regno, il suo sigillo, il segno che ha posto in questo mondo: l'abitare qui fra acqua, cielo e terra... la chiesetta e la casa, il lavoro e lo Spirito, la pace e la lotta".
E' appena tramontato questo decimo anniversario della morte di Sirio e già siamo a ricordare il primo anniversario della morte di Beppe. Questo avvenimento ancora incredibile, difficile da accettare data la forza, la vivacità di Beppe che dovunque arrivava coloriva e scaldava l'aria e il cuore. Quella stupefacente magia di uno 'gnomo' buono e benefico dalla barba arricciata, il cappello rosso in testa e gli occhi sempre sorridenti. Mai immobile, prima di quel triste 19 gennaio 1998 quando la morte lo restituì alla sua altezza di uomo impastato dalla vita.
Lo ricordiamo nella messa parrocchiale della domenica per incontrarci poi il giorno anniversario e percorrere le vie della città con una fiaccolata per lui e con lui a cercare di continuare a sognare e cercare pace.
Quindi, nella grande chiesa di S.Andrea in città, Renzo Fanfani preteoperaio introdurrà una memoria viva di Beppe che sarà arricchita da interventi dei partecipanti. Per terminare poi con una cena conviviale aperta a tutti.
Una festa, nella commozione che mette insieme lacrime e sorrisi e ammorbidisce il cuore rendendolo permeabile allo spirito forte delle speranza e della voglia di vita.
In questo anno, per me sono cambiate tante cose. Sono contento di ritrovarmi ora con qualche energia e con una fiaschetta piena di serenità alla quale attingere di tanto in tanto. Mi rendo conto che la morte di Beppe con cui dividevo la casa e la vita da dieci anni a questa parte, mi ha portato allo scoperto. In tanti sensi. Succede che in una vita di coppia (la nostra, strana che potesse essere e sembrare era - tutto sommato - una vita a due, uno strano impasto di due singoli estremamente diversi tra loro) si creino, in modo quasi automatico, dei ruoli e quindi una mai contrattata, ma non per questo meno netta, divisione di compiti.
Così, ad esempio, io mi cullavo nel fatto che Beppe era l'uomo della relazione facile, capace di parlare con tutti, di intessere e sciogliere i nodi della vita pubblica, sia nella dimensione quotidiana del lavoro che nella vita di chiesa Ma non solo.
Mi sento ora come se avessi subito una operazione chirurgica con la conseguente asportazione di una parte molto importante d miei organi vitali e sensoriali.
Per me, tagliato con l'accetta e felice di nascondermi per anni dietro la figura inavvicinabile dell'uomo del ferro, nero di carbone e sempre con qualcosa di incandescente in mano, la mancanza di Beppe è come aver perso la voce per comunicare e le mani per stringerne altre.
So che è voce comune che chi perde uno dei sensi, riceve una compensazione negli altri sensi residui che cercano di supplire. Non so ancora cosa si svilupperà in me per compensare, in qualche misura, questo inatteso e grave handicap. Forse solo la consapevolezza di accoglierne l'inevitabile limite.
Luigi
in Lotta come Amore: LcA febbraio 1999, Febbraio 1999
Luigi Sonnenfeld
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