E' morto don Beppe, prete degli "ultimi"

"Non ho tempo per dire messa tutti i giorni: ho cose più importanti da fare", diceva qualche volta. Tra queste cose importanti non c'era sicuramente quella di pensare a se stesso.
Così don Beppe Socci è andato incontro alla morte senza aver tempo per preoccuparsene...
...Un infarto improvviso, devastante. Inutili i primi soccorsi all'ospedale di Viareggio, inutile la corsa disperata verso Pisa: è morto sull'ambulanza, lasciando i suoi occhi come speranza di luce per qualcuno, la sua vita come grande messaggio.
Ma anche un dolore lacerante, un senso di vuoto, quasi rabbia, che fa dire "non potremo tirare avanti senza di lui"; una disperazione che attanaglia chi gli è stato intorno, chi l'ha visto spendersi per gli altri, per gli ultimi, sempre senza distinzioni, senza chiedere patenti o redenzioni - tanto da sentirsi rimproverare qualche volta anche da chi gli stava vicino tanta disponibilità illimitata -, convinto che solo così poteva cercare di seguire il filo vero del messaggio evangelico.
Roberto Bernabò - Il Tirreno - 20 gennaio

E' morto don Beppe, prete operaio
E' morto don Beppe. Quattro parole e poi il silenzio, lo stordimento, la terra che frana sotto i piedi. Ieri è cominciata così una delle giornate più tristi di Viareggio, da ieri siamo più poveri. "Non riesco a riprendermi, era una persona così vitale". E' lo sfogo immediato dell'ex sindaco Andrea Palestini. "Era un uomo che nessuno proprio poteva collegare con l'idea della morte. Don Beppe era l'essenza della Darsena con le sue attività, gli operai, i pescatori, i sentimenti religiosi...". Sì, don Beppe era una figura di rottura con tutti i cliché. Prete operaio, animatore della cooperativa Crea, motore del laboratorio Arca dove tanti ragazzi disabili hanno imparato lavori artigianali... E quanti, in città, hanno fatto impagliare le sedie a quei ragazzi!
Beppe Nelli - La Nazione - 20 gennaio


"Ci chiedevamo: ma lui che ne pensa?"
Per molti anni, quando la darsena era veramente un quartiere operaio (oggi sono oltre 2.000 lavoratori in meno), non c'era fatto significativo che non vedesse la partecipazione attiva di Don Beppe. Noi stessi spesso ci chiedevamo: Beppe cosa ne pensa? Lui ci sarà? E di solito non mancava, come nella lunga quanto inutile battaglia per salvare la Fervet, nei momenti difficili per la Sec o i cantieri Benetti, nel quotidiano impegno a favore dei lavoratori. Spesso ci anticipava specie quando si trattava di problemi legati alla pace, al militarismo, all'obiezione di coscienza. Così come ha anticipato tutti, comprese le istituzioni, quando si è trattato di mettere in piedi qualcosa di veramente concreto per aiutare le persone in difficoltà.
Roberto Pucci - La Nazione - 21 gennaio


Beppe era questo!
Immediatezza, questa la prima cosa, la prima sensazione che ho provato conoscendo Beppe. Fu al Capannone, naturalmente, assieme ai ragazzi...
... A me che chiedevo quali fossero le attività "Non è a me che devi chiedere", diceva, "parla coi ragazzi, sono loro i veri protagonisti del Capannone". Beppe era questo. La sua anima, la sua mano, la sua direzione c'erano, ma riversati sugli altri.
Mai invadente, mai appariscente, anche se in primo piano. La sua era una presenza discreta, ma molto presente.
...Voleva essere il tramite, non il personaggio di spicco, segnalava sempre qualcosa di buono che si stava facendo insieme, anche se era lui l'anima propulsiva. Immediato, diretto, con quella capacità tutta toscana di venire subito al punto, con semplicità, senza fronzoli, efficace. Beppe era questo.
Angela Rosi - Luna Nuova - febbraio '98


"L'amore conosce la sua profondità solo al momento del distacco" (Gibran)
Avevo conosciuto Beppe da non molti anni, ma l'intesa con lui era stata immediata. Ci accumunava il servizio ai fratelli in difficoltà. Inoltre per me era anche un prezioso punto di riferimento per superare le difficoltà legate ai problemi dei profughi albanesi. La sua esperienza fatta in occasione dell'intervento in Albania con il M.I.R. è stata determinante per risolvere alcune situazioni.
Nella bottega dove lavorava si praticava un artigianato dal sapore antico e con tempi di lavoro a misura d'uomo. In essa ha trovato accoglienza ogni tipo di emarginazione: dai disabili ai disadattati agli immigrati. Ma era soprattutto un luogo di scambio di esperienze e valori: mentre le mani intrecciavano i fili di paglia, il cuore si arricchiva di amicizia e si alleggeriva delle angosce.
Franco Brogi - Caritas di Firenze - febbraio 1998


Ho visto passare il popolo di don Beppe.
Un lungo corteo accompagnava don Beppe per l'ultimo saluto al palazzetto dello sport in Darsena. Tra quei volti riconoscevo i compagni, i fratelli direbbe Beppe, con cui ho condiviso per alcuni anni l'esperienza del teatro di Don Sirio, delle battaglie nonviolente contro, alla ricerca di un punto fermo per rilanciare quel "far guerra alla guerra, per poter iniziare a costruire la pace"...
Scorrevano davanti ai miei occhi i volti dei pescatori, i giovani, tantissimi giovani mescolati agli anziani, gli handicappati, gli ultimi, le autorità, i volontari, le donne a formare quei gruppi di umanità diversa che oggi è sempre più difficile incontrare, così "intrecciata" e varia.
Ho visto passare il popolo di don Beppe. Tante persone, ognuna delle quali ne portava dentro una parte, un saluto, un sorriso.
Intorno alla sua bara, ai preti operai ed ai più stretti compagni di strada, da quel popolo commosso, traspariva il lavoro tenace e caparbio di un uomo mite che si è fatto "trasparente" alla Parola cui è stato fedele ed innamorato fino in fondo.
Un lavoro buono, per il quale, certo, ne è valsa la vita, caro Beppe.
Guglielmo Sonnenfeld - Luna Nuova - febbraio 1998


Ciao Beppe, maestro di sorrisi.
...Quei sorrisi che lui ha insegnato a tutti perché "non costano nulla e sono quanto di più rivoluzionario c'è".
Piangere don Beppe che non c'è più sarebbe la cosa più naturale. Ma c'è la sua lezione, viva, feconda, che ti dice di far vincere la speranza. Così, scosse dall'onda della commozione, oltre tremila persone passano dalle lacrime al sorriso mentre una vibrazione attraversa tutti, in un palazzetto dello sport diventato il luogo per ritrovarsi insieme e dire "Ciao Beppe". All'ultimo momento infatti il programma è stato cambiato. Nella chiesa dei Sette Santi Fondatori in via Trento non sarebbero potute entrare che poche decine di persone mentre era tutto un quartiere, tutta una città che voleva salutare il suo prete operaio; il prete del sorriso e della mitezza, ma anche il prete schierato, il prete della non violenza, che sapeva unire l'altezza della riflessione all'agire quotidiano umile.
Tante motivazioni, tante ragioni per esserci. Un lungo serpentone così si è mosso alle 14.30 dalla chiesetta del porto, mentre sulle barche dei pescatori sventolavano le bandiere nere, i consigli di fabbrica srotolavano i loro striscioni e sulle porte di tutti i negozi brillava un "Grazie Beppe ... indifferenti mai", firmato dai ragazzi della Crea...
Un saluto davvero inusuale... Così per più di un'ora, subito dopo le letture, al microfono vanno in tanti per offrire uno spicchio della loro esperienza, per passare agli altri una testimonianza.
Ecco i vecchi amici preti operai che ricordano di aver imparato da Beppe "la capacità di fare le cose serie con ironia", ecco chi, indicando quella folla che riempie il palasport si chiede "Ma chi lo diceva che per il prete non era il caso di andare a lavorare in fabbrica?", e qualcun altro che ripercorre il cammino di Beppe con don Sirio Politi, stella di questa comunità, faro di quest'esperienza di preti operai.
Poi tante testimonianze comuni per ricordare che Beppe era un rivoluzionario non violento; la suora che ringrazia Dio per averci dato Beppe con il suo amore per i piccoli; il parrocchiano che invita gli altri a proseguire nel segno del suo insegnamento; il prete che ne trae una lezione per tutti i sacerdoti della Versilia... E' un fiume in piena che travolge tutto.
Ciao Beppe.
Il Tirreno - 22 gennaio 1998


in Lotta come Amore: LcA aprile 1998, Aprile 1998

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