Perché la vita vada avanti

A tre anni dalla scomparsa di Michele, vi proponiamo ancora alcuni suoi scritti, semplici riflessioni di bambino.
Non ve li presentiamo come esempio di bello stile della nostra lingua italiana (la sua penna acerba è un boccio che non vedrà la fioritura della maturità), né come esempio morale da cui trarre insegnamenti per la vita (troppo poco l'ha conosciuta). Ci interessa invece far conoscere il percorso umano di Michele, comunicare a chi non l'ha conosciuto la gioia che ci ha dato vederlo crescere, assistere e contribuire al formarsi della sua personalità.
Muovendoci dietro le sue tracce, i temi scolastici, possiamo seguire i suoi primi passi nel mondo, sentire la sua gioia di fronte alle meraviglie della natura, l'ansia della scoperta di sé, della propria identità e poi, come avviene spesso, la paura di rimanere intrappolati dal proprio "io", il desiderio di superare i propri limiti nell'incontro con gli altri, di trovare altre dimensioni a cui poter attingere per vivere pienamente la propria vita.
Vi offriamo le sue parole, perché sono testimonianza della consapevolezza del vivere, della fatica di crescere e alimentate sempre dal desiderio di "volare" verso un mondo migliore, fatto di amicizia e di amore.
Questo Enza e Memo hanno scritto sulla prima pagina del foglietto che ci invitava ad incontrarci di nuovo nella Chiesa di S. Vito in occasione del terzo anniversario della morte per tumore, a sedici anni, del loro figlio più grande. Un incontro semplice e partecipato da giovani che hanno cantato e letto alcuni scritti di Michele. Tra questi, scegliamo questo tema scritto in III Media:
Che cosa ti aspetti dalla vita?
"Voglio una vita spericolata" dice Vasco Rossi... Io no. Non sono il tipo dell'avventura. Dalla vita io mi aspetto grandi amori, amori sinceri, amori giocati e sognati, sempre.
Oltre all'amore, mi aspetto una vita serena, ma allegra: vorrei restare sempre pieno di amici e non barricarmi in casa, allontanandomi irrimediabilmente da loro. Vorrei che gli amici mi sentissero davvero uno di loro, vorrei poter essere apprezzato per quello che sono e non per quello che sembro. Vorrei che tutti mi capissero e mi prendessero sul serio. Vorrei quindi avere con i miei amici un rapporto costruttivo e assolutamente non superficiale.
Per quanto riguarda la vita in sé e per sé, io, finita la scuola, sarei disposto a fare qualsiasi sacrificio, pur di affermarmi nella società e garantirmi un futuro. Il primo impatto è quello più importante, perché con esso potrei giocarmi anche gran parte della vita futura.
Mi piacerebbe essere un uomo di successo: scrittore, cantante, politico, corridore, imprenditore, tutto mi andrebbe bene. Vorrei "sfondare" e crearmi una nuova vita, viaggiare, conoscere sempre nuove persone ed avere sempre più amici sinceri, amici veri che sappiano anche aiutarmi nei momenti difficili.
E i soldi? Nella mia vita immaginaria non mi dovrebbero mancare. Ma non posso comprarmi una Porsche, senza un amico con cui divertirmi nei lunghi viaggi. Non posso farmi una villa principesca, senza qualcuno con cui dividerla. Vorrei poi essere apprezzato da tutti, senza giocarmi il mio ipotetico successo: non voglio che la gente per strada mi lanci uova marce o mi pianti gli occhi addosso. Meglio allora non essere nessuno, andare a fare il pescivendolo al mercato, ma avere il rispetto della società, o vivere al di sotto delle mie possibilità e non perdere il contatto con nessuno, per non offendere chi, magari un anno prima, mi avesse sentito parlar bene, mettiamo, del Comunismo e parlarne male dopo il suo crollo; a quel punto, sarei un falso, corrotto...
No, oltre all'amore, la vita non mi deve niente.

Così hanno concluso i genitori di Michele:

A rivederci
Scrive Michele nel suo tema "caro diario" (1993): "... Questa malattia immaginaria dura da quasi due anni, cioè da poco dopo che avevo iniziato a rinnegare il mondo, il modello e la vita che mi erano stati prospettati come l'unica e più ovvia possibilità. Da allora ho iniziato a vedere ogni cosa con i miei occhi... "
"Questa malattia immaginaria... " - L'adolescenza è un periodo critico fragile, indispensabile passaggio che Michele ha saputo cogliere con straordinaria lucidità.
Da ciò è nata l'idea di riunirci con coloro che fossero interessati ad un lavoro con i giovani, di tentare un'associazione che possa "riallacciare" i temi e le poesie di Michele con le incertezze, le gioie, le paure dei ragazzi che oggi affrontano la vita.
La scuola è certamente il luogo che ha permesso a noi genitori di raccogliere tante tracce lasciate da Michele e può essere il luogo da cui iniziare.
Una borsa di studio, la pubblicazione degli scritti lasciati, possono costituire il primo passo.
Coloro che fossero interessati a lavorare in questo senso con noi sono pregati di farcelo sapere.
Enza e Memo Sonnenfeld
Via C. Lorenzini , 40 - 55100 Lucca
tel. 0583/954614




in Lotta come Amore: LcA dicembre 1997, Dicembre 1997

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