Gesù Cristo: quale centralità?

Si è parlato assai, nella fase preparatoria del Sinodo della Chiesa di Lucca, della necessità di riportare Cristo al centro della vita dei credenti e delle comunità.
A questo proposito vorrei porre un interrogativo: ci siamo chiesti se questo essere al centro sta bene comunque e dovunque a Gesù Cristo? L'iconografia ci consegna due immagini dell'essere al centro di Gesù: crocifisso in mezzo a due ladroni e mentre spezza il pane al centro di un gruppo di amici che, poco dopo, l'abbandoneranno e lo tradiranno.
E' vero che l'iconografia degli absidi delle grandi cattedrali ci mostra il trionfo di una centralità che assume l'universo e supera l'orizzonte del tempo, ma quanta e quale proiezione della centralità umana del potere emerge da queste opere imponenti che appartengono alla cultura dell'occidente! Una cultura che sempre più si manifesta come una cultura vincente piuttosto che una cultura rivelante.
Il nostro cristianesimo che di essa è rivestito e impastato, porta vistosamente i segni di questa contraddizione.
Non solo è nostro compito guardare avanti - verso l'inizio del 3° millennio incombente -, ma vivere il tempo presente, il crepuscolo di questo 2° millennio che si sta consumando.
Non dobbiamo forse prima cercare di congedarci da un cristianesimo nostalgico di una cristianità perduta o che comunque continua a proporsi come parola risolutiva per dare all'umanità un assetto stabile e pacifico?
L'ossessione per l'identità cristiana ha portato nei secoli a negare l'altro, ad aggredirlo, a sottrargli qualunque particella di verità e di valore (l'altro pagano, giudeo, indio, donna...).
E' vero, la modernità ha portato alla tolleranza religiosa. Ma come non sentire tutto il limite e l'insufficienza di una tale posizione?
Che significa in concreto il pieno riconoscimento della verità presente nell'altro?
Che vuol dire per il cristianesimo riconoscere la presenza di verità fuori dal cristianesimo?
Il soggetto delle Beatitudini non è il cristiano in quanto tale, ma l'uomo/donna che soffre e che spera.
Credo che anche solo il sospetto che l'Evento può accadere ovunque e in ciascuno, può consentire la percezione di una Parola libera di avvenire in ogni piccola e frammentaria parola umana. E può rendere appieno il compito di ognuno di narrare nelle proprie parole la Parola incontrata.
"Un giorno una donna stava ascoltando un prete che spiegava il cristianesimo agli abitanti di un villaggio.
Dopo un'ora la donna prese la parola: - Tu parli come i fari della tua macchina -. Il prete non capisce.
E lei, ancora: - Tu parli come i fari della tua macchina -.
Stupito, il prete chiede spiegazione. E la donna:
- Le tue parole abbagliano e spengono le nostre povere lampade a petrolio -".
Care amiche e cari amici sinodali, cosa vogliamo fare? Accendere fari potenti capaci di illuminare a giorno la verità del nostro cammino oppure abbassare le luci sopra di noi per lasciare che emergano le mille piccole tremanti fiammelle alimentate dall'olio della vita di uomini e donne. Queste fiammelle sono la strada.


Luigi


in Lotta come Amore: LcA giugno 1997, Giugno 1997

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