Il castagno di Camaldoli

Ho avuto la fortuna di poter trascorrere due giorni nel monastero di Camaldoli, per partecipare ad un "seminario" (parola che evoca possibilità di raccogliere "semi" buoni per la vita) organizzato dal piccolo gruppo dei preti-operai italiani.
Il tema di riflessione era davvero ampio e aperto sui problemi dell' attualità economica, finanziaria, sociale, religiosa: una specie di sguardo sul mondo per tentare di cogliere i segni dei tempi, partendo da quei fenomeni che ormai sono giudicati irreversibili e che incidono in maniera determinante sulla situazione di milioni di persone. Abbiamo cercato di scrutare la condizione globale del mondo stando chiusi dentro un'ampia sala, quasi affondati in grandi seggioloni, tutti presi dai relatori che abilmente ci hanno guidati con riflessioni molto stimolanti. Abbiamo tentato di comprendere qualcosa di un alfabeto economico diffuso dai mezzi di comunicazione di massa (quelli, appunto, dell'era dominata dal "silicio"): e questo non tanto per una curiosità tecnica o scientifica, ma per vedere un po' più a fondo cosa significano, oggi, parole "storiche" come capitale, profitto, finanza, economia, lavoro, occupazione, ricchezza... Abbiamo puntato il cannocchiale sul drammatico problema dell'esclusione di miliardi di uomini e donne dal "processo produttivo", in forza di un principio che sembra fondare in modo indiscutibile il movimento economico dei paesi ricchi: il profitto deve essere spinto al massimo, la ricchezza deve produrre sempre più ricchezza, a qualunque costo. Fosse anche la fame e l'impoverimento di milioni di esseri umani. Oggi, si è detto (e i dati lo confermano) è possibile "in tempo reale" spostare, per la prima volta, interi capitali da un posto all'altro sulla terra, incidendo in modo diretto sulla condizione materiale della gente e sulla stessa "condizione di vita" della terra (l'ecosistema è stato attaccato con una violenza mai vista prima). La "cultura del successo" come segno di intelligenza, coraggio, capacità imprenditoriale (e di "benedizione celeste"!) sostiene da alcuni decenni tutto questo movimento economico che determina situazioni mai immaginate. Cosa fare per resistere a tutto questo? Come reggere alla forza di una "cascata" di tale potenza, dove l'acqua del fiume precipita a valle con una forza d'urto inarrestabile? Che senso nuovo ed autentico possiamo dare a parole antiche (alcuni dicono "vecchie") come Giustizia, Amore, Fratellanza, Etica, Povertà, Mistica?
* * *
Con tutti questi pensieri (e molti altri) nell'anima mi sono addentrato, la mattina dell'ultimo giorno, nello splendido bosco che sovrasta il monastero. Il bosco ha sempre rappresentato una forte attrazione per me; il bosco di Camaldoli è davvero stupendo, una vera e propria foresta secolare. Mi piacerebbe potervi camminare per qualche giorno, senza mai uscirne: gli alberi di tante varietà e di età diversa hanno un fascino tutto speciale. Essi sanno raccontare tante cose per chi sa ascoltare la loro voce, specialmente quando il vento passa tra i loro rami e li rende più ciarlieri. E poi ci sono i fiori, come in quella stupenda mattina di maggio e l'acqua dei ruscelli davvero "sorella umile e casta" ... E poi ad una curva del sentiero, possono apparire famiglie di daini al pascolo, dai grandi occhi dolci e col naso sempre all' insù a fiutare l'aria senza sosta: il nemico può essere sempre in agguato, si sa. Camminando per il piccolo sentiero, con passo calmo e sereno, mi sono trovato ai piedi di una pianta di castagno davvero speciale. E' un castagno "famoso": mi sono ricordato, in quel mattino di luce, di aver visto una cartolina che lo riproduce con un monaco che legge (o prega) stando seduto dentro al suo tronco completamente vuoto. La gloriosa pianta ha vicino una scritta che la forestale vi ha messo per onorarne la veneranda età: si pensa che abbia da 300 a 500 anni! Molto simpatica ed indicativa mi è apparsa la finale della scritta: "Tutta la parte interna del tronco (completamente vuoto!) ha solo funzione meccanica e di sostegno. La parte viva e vitale della pianta che permette la circolazione della linfa è solo quella circolare, periferica del fusto. Per questo la pianta può continuare a vivere".
Ho guardato con particolare amore il vecchio castagno, sulla cui corteccia esterna dei timidi rami osavano mettere in bella mostra tenere foglie accarezzate dal sole del primo mattino: la sua "periferia" era davvero viva e vitale! Mi è sembrato di buon augurio questo incontro non programmato: il mio "ultimo relatore", esemplare straordinario di una foresta antica e bellissima, mi ha voluto dare (almeno così mi è parso) una magnifica lezione di speranza. Può darsi che volesse aiutarmi a volgere con più attenzione lo sguardo alla "periferia del mondo", ad indagare più attentamente i segni che salgono da tutti i "sud" che i molti "nord" tentano in ogni modo di asservire alle proprie logiche di sfruttamento e profitto. Forse il suo era un invito a non temere lo "svuotamento" da tutto ciò che è superfluo, che non conta, che si può anche perdere, anzi, che è meglio perdere... Chissà! Stando all'interno del suo tronco, interamente avvolto dalla straordinaria capacità di accoglienza del suo "vuoto", mi è sembrato di capire che la sua muta, ma eloquente lezione era un grande inno alla vita.



don Beppe


in Lotta come Amore: LcA giugno 1997, Giugno 1997

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