Cari amici,
Davvero é Pasqua? Nella sindrome della vecchiaia (o anzianità secondo gli eufemismi in uso) sta la scomparsa del tempo che accosta la pasqua al natale. Ripenso agli anni lontani in cui questo spazio mi pareva lunghissimo. L'impressione é accresciuta qui dove lo spazio è riempito dai mesi caldi e molto caldi. Anche se le giornate, quando si vivono, si fanno molto pesanti, lo splendore della luce annulla la lunga monotonia del tempo. Voi state accogliendo la primavera, e noi stiamo congedando l'estate che qui si allontana con i colori e i suoni vivaci della samba, e non indulge alla malinconia dei nostri autunni, che tanto dolci mi appaiono nella lontananza. Questo scorcio del '97 é stato per me un tempo di grazia, anche per le visite di amici e soprattutto per il ritmo di silenzio e di riflessione che ho potuto mantenere. Sono stimolato a cercare questo tipo di silenzio dallo stress che si vive alla periferia della società neo liberale, il cui ritmo di crescita é misurato dal progresso della morte; secondo me, non esiste altro rimedio allo stress. Quello escogitato dai grandi hotels statunitensi é solo relax che non chiude le porte alla responsabilità di seminare morte, mediante gli stessi programmi che aprono nuovi orizzonti alla tecnica. Questo silenzio non é rifiuto della responsabilità, ma é rifornimento di speranza. Il mio romitaggio sul fiume é scomparso per parecchie settimane sotto le acque dell'Iguaçu cresciute oltre trenta metri. È riapparso rivestito di limo, e mani amiche lo hanno liberato; presto mi accoglierà. Intanto ho trovato un rifugio nella stessa chacara Aliança; ed é di li che vi mando queste mie righe.
Non m'interesso molto alle cronache d'Italia e del mondo, e questa distanza mi permette di seguire il cammino del regno che è l'eterno, il permanente nel tumultuoso succedersi degli avvenimenti in superficie. Forse i laici potrebbero trovarsi d'accordo con me cambiando il nome alla mia ricerca con quello hegeliano di storia della libertà. Di fatto il vangelo é essenzialmente un messaggio di liberazione. Le lettere di Paolo hanno accolto questo messaggio dandogli uno sviluppo considerevole, ma non si può dire altrettanto del cristianesimo successivo. Le apparizioni storiche della libertà come quella emersa nella rivoluzione francese e nelle rivoluzioni liberali, sono state spesso combattute dalla chiesa che si é sempre rifiutata di scoprirvi dentro quella libertà "in cui Cristo ci ha liberato". L'aspetto più grave e più preoccupante della crisi che ci coinvolge, é quello di aver perduto il senso della storia, come divenire di "qualcosa" e come speranza di raggiungerla. Questo qualcosa che diviene nel tempo, pareva unicamente affidato ai partiti politici, tanto che, scaduti i partiti, questo qualcosa sembra inabissato con loro. Se tutto non fosse molto serio, si potrebbe cedere alla tentazione di fare dell'umorismo nell'osservare persone che guardano fissamente alla loro sinistra abituati a vedervi qualcosa, sorpresi di trovarci il nulla.
Pare che non esista storia: solo il tempo diviene. Eppure la storia è solo storia dell'economia, o propriamente storia monetaria più che economica, perché la moneta ha cessato di essere simbolo dell'economia cioè di beni da distribuire, ed è simbolo di se stessa e, quindi, feticcio. L'attributo che ha dato alla moneta Carlo Marx oggi diviene trasparente. Economia globale é nella realtà chiesa idolatrica globale di cui tutti noi siamo i seguaci più o meno docili e coscienti. Per cui storia é cronaca della corruzione o decomposizione sociale. Appare sempre più difficile identificare i corrotti; in una religione chi può dire chi é più e chi è meno religioso? Nella società monetaria tutti siamo coinvolti nella stessa idolatria. Cade opportuna l'osservazione di Paolo che partecipa ad una società con caratteristiche simili alla nostra: "Vi ho già scritto di non aver nulla a che fare con chi vive nell'immoralità. Ma non pensavo certo a tutti quelli che, in questo mondo sono immorali, invidiosi, ladri, adoratori di idoli. Altrimenti dovreste vivere lontano da ogni terra abitata"(I Cor.5,9). I "pentiti" che godono le più alte pensioni o gratificazioni dello stato, sono il simbolo del cadavere insepolto della mafia, che collabora direttamente alla decomposizione sociale.
La società ecclesiale non pare rappresentare un'alternativa a questo divenire della corruzione, perché ha affidato a un partito piuttosto la conservazione di se stessa, che la storia del regno. I grandi principi e le denunzie roventi fluttuano nell'aria come palloncini iridescenti che spariscono nel nulla perché staccati dalla realtà, dalla storia reale del regno. La speranza di una società rinata punta eccessivamente sulla apparizione del nuovo secolo, ed é addossata ad un programma di celebrazioni dell'evento di duemila anni fa, piuttosto che investita nella storia reale del regno. La chiesa accetta passivamente la convivenza con la società monetaria, forse non convinta che contenga in sé intrinsecamente la negazione del Dio della Bibbia. Pare che i responsabili siano stati abbagliati dalla chiarità improvvisa di un risveglio religioso di quella parte della società tradizionalmente estranea alle forme di religiosità che parevano esclusive del popolo o popolino. Solo nel documento di Medellin, a mio avviso, appare la critica di quella religiosità, il dubbio che si ispiri a una certa convenienza politica. Questa improvvisa conversione che coinvolge in una pietà acritica, i dirigenti della società monetaria, ha distratto la chiesa dalla fedeltà alla storia del regno.
I programmi religiosi, le adunate di massa dei giovani e dei non più giovani non rappresentano una alternativa alla società monetaria, alla storia della corruzione; piuttosto ne rappresentano una implicita giustificazione. Le grandiose adunate fasciste che accendevano l'entusiasmo annunziando l'avvento di una società nuova, preparavano una guerra i cui fuochi non sono ancora spenti. Non penso in assoluto di istituire un confronto fra le convocazioni fasciste, attraversate da fremiti di odio, e le convocazioni cattoliche, le attuali e quelle programmate per l'anno giubilare, dove si parla solo di amore e si vivono momenti di autentica amicizia.
Il confronto che viene spontaneo a chi partecipò a queste adunate, attese i tempi nuovi promessi, e si sentì trascinato nel gorgo di una guerra che non si cancellerà mai dalla nostra memoria, vuole solo alludere alla promessa del futuro. Sono convinto dall'esperienza che una speranza non incarnata nella realtà storica, é sempre fallace, anche se punta ad una eternità promessa. Il vangelo ci parla di un vecchio che non voleva morire, prima di aver avuto la garanzia dell'avveramento della liberazione qui e ora. Gli entusiasmi che vengono dal di fuori e dall'alto non hanno mai impedito alla vita umana di appassire nella tristezza e nella delusione.
La storia del regno tuttavia continua: per l'assistenza dello Spirito, è possibile riconoscerla e seguirla dentro la permanente sconfitta dei poveri. Non é facile accettare che siano i poveri a fare la storia, anche se la scelta di Gesù dovrebbe convincere il discepolo. Anche se Hegel, il più rigoroso dei filosofi, elevando a categoria filosofica l'affermazione che ai poveri è affidato l'eterno rinnovarsi della storia, dovrebbe convincere i laici. Forse se lo capissero i poteri costituiti cesserebbe la dialettica storica, e la storia stessa si congelerebbe. Non era possibile pensare che la storia dell'alleanza cominciata con Abramo continuasse e si aprisse ad un'epoca nuova per lo sconfitto, giustiziato fuori della porta sulla croce. E che la "giustizia stesse dalla sua parte" come egli stesso aveva dichiarato e non dalla parte del sinedrio. Era difficile credere che la storia fosse affidata al crocifisso piuttosto che all'impero romano avviato al suo tramonto. I due vecchi che consumano gli occhi e il cuore, guardando al di la della porta del tempio, sono il simbolo di quelli che attendono qualcosa, quelli che credono nella storia e che collaborano al suo divenire. L'attesa programmata non è più attesa. Colgo la testimonianza di un laico: "Essere inattuali rispetto al pensiero unico, alla logica dell'economia generalizzata (o globale) che afferma il capitalismo come natura, vuol dire affermare la differenza rispetto a questo contesto... Solo cosi si potrà essere in attesa di una società che viene" (A. Bonomi, Il trionfo della moltitudine, ed. Boringhieri, pag. 129). Un credente non ha di che riempire questa attesa di sicurezze messianiche, ma ha di che riempirla di speranza. Sa come incoraggiare l'attesa misurandola su quella secolare di Simeone e Anna. Il credente sa che la pazienza dell'attesa si attinge nella preghiera e nell'amore solidale con le vittime della crudeltà sociale. Sa che l'attesa diventa gioiosa, quando nel tempo appaiono squarci di fraternità e di pace.
Vi saluto con molto affetto nella nostra intramontabile amicizia.
fratel Arturo
in Lotta come Amore: LcA giugno 1997, Giugno 1997
Luigi Sonnenfeld
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