Impressioni estive

In questo tempo d'estate che, quando il giornalino arriverà a destinazione, avrà ormai passato la mano all'autunno (almeno ufficialmente), ci sono state molte cose che mi hanno "impressionato": cose, cioè, che mi sono penetrate nell'anima con intensità e forza, lasciandovi un segno nuovo o rinnovandone di antichi.
Impressioni non superficiali, appunto, come la stessa parola porta nel suo significato letterale: una specie di timbro, di marcatura, di traccia che incide la superficie ed entra in profondità. Penso che accada normalmente a tutti: nel piccolo spazio della propria vita ciascuno raccoglie, più o meno consapevolmente, immagini, notizie, racconti individuali o collettivi, avvenimenti che poi diventano una specie di bagaglio interiore che accompagna il proprio viaggio. Queste riflessioni scritte rappresentano un modo semplice, ma sincero, di tenere aperto un "colloquio" con gli amici che con molta bontà continuano a leggere questa specie di "lettera circolare" che, più o meno regolarmente, entra in casa propria.
Il primo fatto che sicuramente ha posto a tante persone degli interrogativi è la sentenza di assoluzione per il capitano delle SS Erich Priebke, accusato per la strage delle Fosse Ardeatine, a Roma. L'impressione molto forte che la sentenza ha suscitato dentro di me è stata causata dal fatto che quest'uomo sia stato giudicato da un tribunale militare, in base ai codici militari, secondo una logica tipicamente militare, qual'è quella della "esecuzione di ordini". Può darsi che questa sia una mia particolare "devianza", ma la cosa mi ha realmente stupito profondamente. Di fronte ad una strage di così grandi proporzioni, voluta come una crudele rappresaglia su civili indifesi ed estranei ai fatti in questione, com' è possibile appellarsi al "diritto militare" e di conseguenza al principio dell'obbedienza agli ordini? "Ti assolviamo perché hai eseguito fedelmente un compito che ti è stato imposto dai tuoi superiori"! Principio di un' etica terribile, eredità di una visione morale fondata sulla forza e sulla abolizione della responsabilità personale. Questa sentenza, così assurda ed estranea a quel principio "non scritto" i cui segni chiarissimi si ritrovano nel lungo cammino umano a vari livelli, potrebbe segnare un punto non indifferente nel percorso di necessaria liberazione da una visione "sperzonalizzata" della responsabilità di fronte al bene come al male: un punto di grande regresso, di ritorno all'indietro. Da questa sconfitta del diritto e del senso autentico della giustizia, dovrebbe venire una grossa provocazione a lavorare perché si radichi sempre più nella coscienza di tutti la necessità di non coprire col mantello dell'obbedienza agli ordini qualunque comportamento sociale, politico, religioso. Penso alle mie "impressioni" più fresche, immagini dolorose e angoscianti di una umanità spinta alla distruzione e alla morte (data e ricevuta), come i giovani soldati russi mandati in Cecenia; i poliziotti sud-coreani che hanno massacrato (obbedendo agli ordini) i giovani studenti loro concittadini; i soldati giordani che hanno represso - per ordine del "re" - la loro stessa popolazione in rivolta per il prezzo del pane; i poliziotti della repubblica democratica francese, patria della "moderna" concezione dello stato, che hanno fatto sloggiare con la forza e la brutalità (resa molto evidente dalle stesse immagini della TV) il gruppo di nord-africani rifugiati all'interno della chiesa di S. Bernardo, a Parigi, perché "senza documenti". Sono segni di una realtà umana i cui rapporti sono fondati sulla cultura dell'obbedienza ai superiori (re, generali, presidenti. prefetti, questori ... ); cultura la cui radice, nella sua più tremenda espressione, ha potuto trovare una specie di giustificazione etica nella sentenza sui fatti delle Fosse Ardeatine: una sentenza, in fondo, "coerente" se collocata dentro questa visione delle cose e fondata su questo principio della morale militare (ma, non solo ... ). Forse sarebbe il caso di suggerire ai giudici del tribunale che ha assolto Priebke e dichiarato "prescritto" quell' atroce delitto, di leggersi con calma "L'obbedienza non è più una virtù" di don Lorenzo Milani, per vedere se sono ancora in grado di scoprire dove occorra cercare la vera radice del "diritto".
Il secondo motivo delle mie impressioni d'estate è sicuramente un po' particolare, forse anche assai inusuale per me (ma solo in apparenza): mi è capitato, in un momento di pausa, di leggere una interessante presentazione dei famosi frammenti di papiro ritrovati in Israele, nelle grotte di Qurnran (nel 1955): brandelli di fogli di papiro che risalgono certamente al periodo antecedente l'anno 68 dopo Cristo, anno nel quale fu chiusa la grotta vicina al Mar Morto. Collegati a questi preziosi resti degli scritti evangelici, ci sono poi dei minuscoli "francobolli" di papiro databili (secondo studiosi molto esperti) intorno all'anno 70 dopo Cristo: sarebbero frammenti del Vangelo di Matteo (cap.3, 5, 26). Questi reperti archeologici cristiani hanno fatto sobbalzare di gioia tutti gli studiosi e nello stesso tempo hanno aperto tutta una serie di approfondite ricerche e discussioni. Fa veramente piacere anche a me pensare che esistono prove documentali, se pure in particelle così minuscole, della vita del Signore Gesù e della testimonianza apostolica riguardo a Lui a al suo insegnamento. Documenti storici di un evento di salvezza e di amore che abbraccia l'universo, frammenti di un mistero rivelatosi dentro le pieghe delle vicende umane e perciò degni della massima premura e del più attento studio. Ora, più o meno nello stesso tempo, ho avuto la fortuna di leggere una riflessione molto seria di un prete che vive in Brasile, in mezzo alle persone più martoriate dalla violenza e dall'ingiustizia sociale, p. Julio Lancelotti. Mi è venuto quasi spontaneo accostare queste due realtà, perché anche lui parla della scoperta di un "documento" fondamentale nel quale bisogna saper "leggere" molto attentamente per costruire una storia di salvezza, di dignità, di vera umanità. Un "documento" che non è né di papiro né di altro materiale, ma che è fatto dal "Corpo magro, sfinito, assassinato, violentato, prostituito, nero, il corpo della donna, il corpo dei bambini che chiedono elemosine". Julio lo chiama, con un linguaggio davvero significativo, "il documento storico degli esclusi". Dice: "Il corpo degli esclusi è il loro documento storico e dobbiamo imparare a leggere la storia degli esclusi a partire dal loro corpo, perché è l'unico documento storico che gli esclusi possiedono. Dobbiamo imparare a costruire la storia a partire da questo documento storico che noi consideriamo un documento sacro perché è il documento dove sta scritta tutta la storia dell'esclusione, della miseria, della tortura. Il documento storico degli esclusi è il loro corpo". Questi frammenti di pensiero mi hanno fatto riflettere molto, penetrandomi nell' anima, risvegliando antiche sensazioni ed emozioni. Mi sono tornate alla mente certe mani screpolate dal vento, dalla terra, dal lavoro quotidiano; certi volti solcati in profondità e segnati per sempre dalla fatica, dall' acqua, dal sole; certi corpi di uomini, di donne, di bambini che sono davvero un "libro aperto", tra le cui pagine non è difficile scoprire il segreto di una vita. Chissà perché mi è venuto spontaneo collegare immediatamente i frammenti straordinari dei papiri dei primissimi tempi cristiani e i frammenti di una storia umana che scorre sotto i nostri occhi quotidianamente. Basta fermarsi un momento e, senza neppure il bisogno di una lente d'ingrandimento né la conoscenza di lingue antiche, a tutti è data la possibilità di decifrare il percorso di un'intera esistenza e da lì partire per costruire cammini di speranza. Perché ciò che è sorprendente, come dice molto bene Julio Lancelotti, dalla lettura attenta e appassionata di questo "documento storico" può nascere la speranza, come energia e forza liberatrice. Così egli scrive: "A San Paolo noi chiamiamo la nostra speranza, speranza testarda, speranza che sussiste senza ragione apparente... è una speranza che marcia anche se ci tagliano i piedi... una speranza che vive anche se è colpita al cuore!".


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1996, Ottobre 1996

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