La posta di fratel Arturo

Cari amici,
Un monsignore romano, esperto nel far virare la sua barchetta fra i bastimenti di grande tonnellaggio ancorati nel porto vaticano, preoccupato di formarmi alla virtù della prudenza, ricorreva spesso all'immagine di un compasso che traccia al centro una piccolissima curvatura che diventa molto ampia alla periferia. Non so dire se il monsignore sia riuscito nel suo intento di formare il discepolo, ma le esperienze fatte nella lontana periferia mi hanno persuaso che l'esempio era abbastanza verosimile. L'ho scoperto, meditando sull'effetto negativo degli aggettivi, e voglio alludere a due sostantivi danneggiati fortemente dalla compagnia di aggettivi.
Il primo sostantivo è "scelta dei poveri" che è sorto da una presa di coscienza ecclesiale nel Concilio Vaticano II. Nel contesto in cui era nata la decisione - quella di scegliere i poveri -, pare volesse orientare i progetti pastorali a partire dai bisogni reali dei poveri. E, di fatto, la scelta finché rimase nella sua nascente novità, ha convertito al popolo non pochi pastori. Era evidente che scelta dei poveri non voleva dire chiudere le porte delle chiese ai ben vestiti e ai bene alimentati. Voleva dire al ricco Zaccheo che non poteva ricevere la salvezza se non avesse fatto una revisione della sua attività professionale e del suo sporco guadagno. La revisione lo avrebbe portato alla coraggiosa decisione di fare amici quelli che aveva danneggiato con tanta disinvoltura. Solo così l'ospite Gesù si sarebbe sentito comodo a casa sua da dichiarare: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa di ricco". La scelta della prospettiva dei poveri voleva dire al riccaccio, sbozzato nel capitolo 12 di Luca, che sta camminando verso la sua irreparabile e irreversibile rovina se continua "ad accumulare tesori per sé e non arricchisce davanti a Dio".
Frase che esegeticamente non vuol dire al ricco che può continuare ad accumulare, facendosi firmare il visto di entrata in paradiso dal parroco a cui ha regalato il campanile, ma vuol dire che la ricchezza serve prima di tutto a soddisfare bisogni essenziali di ogni membro della comunità.
Gli aggettivi che accompagnano la "scelta dei poveri", e cioé "preferenziale" e "non esclusiva", tracciano una curva così ampia in periferia, da nascondere il sostantivo che accompagnano permettendo ai ricchi di occupare i primi posti nelle "sinagoghe" (= templi cattolici) e di scaricare il presidente di quelle assemblee della responsabilità di fare accenno al fatto che in quelle comunità esistono gli impoveriti dalle attività colpose se non colpevoli di coloro che sono lì, presenti per accogliere il corpo di Cristo. Queste attività, se sono colpose nei protagonisti, per mancanza di informazione e di illuminazione, diventano colpevoli nel presidente dell'assemblea.
Forse al <centro> gli aggettivi aggiunti a "scelta dei poveri" sono più innocenti: volevano scoraggiare esclusivismi demagogici. Ma alla <periferia> la curva si è ingrandita enormemente, tanto da giustificare rappresaglie contro chi cerca di fare reale e vera la scelta solennemente indicata dal Concilio nel quale, secondo gli insegnamenti che abbiamo ricevuto, si è espresso lo Spirito Santo.
L'altro aggettivo malizioso è "selvaggio", che viene dopo il sostantivo capitalismo. Nessun aggettivo calzerebbe così bene col suo sostantivo come l'epiteto di "selvaggio" applicato al capitalismo. Ma, nei diversi contesti in cui viene usato diventa limitativo e offre la possibilità di distinguere un tipo di capitalismo accettabile da uno da rifiutare. Ora, la visione capitalistica dell'economia è errata fin dalle sue radici: è contro la verità. E' come dire che la grossa Bibbia che ho qui sul mio tavolo, serve a sbatterla sulla testa di chi entra nella mia camera, per ucciderlo. Perché è quasi da pedante ricordare che 1'economia è la legge della distribuzione di beni per soddisfare quelli che Giovanni XXIII chiama i diritti naturali della persona. Mentre nella concezione capitalistica avviene il rovesciamento totale: l'economia è vista a senso unico - quello della produzione e dell' offerta. La domanda, che racchiude i veri bisogni della persona e che diventa nella situazione attuale il simbolo di infinite ingiustizie e di innumerevoli e vari casi di morte, non entra assolutamente come voce nei programmi economici. Evidentemente i produttori devono studiare le possibilità di accettazione dei mercati e vedere come creare i desideri per aumentare le possibilità di assorbimento dei prodotti, trascurando i bisogni sempre più drammatici delle comunità in cui si aprono i mercati. Questi ostentano la loro abbondanza sotto gli occhi di milioni che possono solo attendere la morte come la fine di una esistenza insopportabile.
Insegnare ai giovani come camuffare il capitalismo con l'aggettivo di selvaggio, perché accettino questa società e, soprattutto, ammirino i modelli che ne traggono vantaggio, è farsi responsabili della corruzione.
Ci mettiamo le mani nei capelli alle notizie di aggressioni esercitate su bambini, ma lo scandalo di cui parla il Vangelo con parole così severe, non è solo scandalo sessuale. E' soprattutto quello che deforma la capacità critica di giudicare quello che è male e solo male, tagliando alle sue radici la facoltà caratteristica dei giovani: quella d'impegnare la loro vita a costruire qualcosa di nuovo, di altro.
Ci si lamenta che la gioventù non abbia ideali, ma gli ideali non nascono nel vuoto: nascono dalla critica e dal ripudio del vecchio. Basta leggere il passaggio del Vangelo sulle toppe di stoffa nuova su abiti vecchi e sdruciti (Le. 5, 36-39) per concordare con questa origine degli ideali.
So perfettamente che una società nuova non nasce improvvisamente; che è necessaria una lunga attesa. Ma un elemento essenziale della formazione cristiana deve essere la capacità di essere inattuali fino ad essere derisi per la inattualità; e la pazienza di attendere.
Quando, nel tempo della nostra gioventù, ci parlavano di democrazia e di una struttura politica altra da quella fascista, sapevamo bene che questo ci collocava fuori del tempo e delle opportunità che offriva il presente, ma gli insegnamenti che ci impartivano gli educatori erano accompagnati dalla convinzione che l'ideale ha sempre come contenuto le cose che non sono.
E che saranno, se sappiamo lottare con fermezza, e volere - fortemente volere - che queste avvengano.
vostro


fratel Arturo


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1996, Ottobre 1996

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -