Lasciamoci toccare dalla vita

Cari amici lettori, vi scriviamo in questo incerto inizio di settembre di un'estate avara di sole. Speriamo che, in ottobre, quando vi giungerà questa nostra lettera, il cielo prenda fuoco avvampando di colori le montagne e preparandoci con fiducia ad attraversare i rigori invernali.
Contrariamente a quanto temevamo, nel numero scorso, non siamo stati costretti a inventare un'impresa editoriale per poter arrivare a voi senza una troppo onerosa tassa di spedizione. Siamo sotto l'ombrello dell' A.R.C.A., l'associazione presieduta da don Beppe. Abbiamo corretto e aggiornato alcuni dati al Tribunale, e la Posta ha accettato il nostro inserimento nella fascia delle pubblicazioni a regime agevolato. Comunichiamo queste notizie relative all'inevitabile burocratico in quanto l'esistenza di piccole testate, come la nostra, è legata ad una navigazione a vista tra gli scogli dei decreti, delle circolari, della interpretazione spesso discorde di giudici, direttori delle Poste, ecce ecc. Per cui la circolazione di notizie, informazioni, avvertimenti, può interessare chi si trova nelle stesse nostre difficoltà.
Vorremmo infatti solidarizzare con gli amici de "Il foglio" di Torino che lamentano itinerari simili ai nostri con la penalizzazione di una parolina da aggiungere alloro statuto (cosa che costa sempre cara) perché risultasse "chiara" (dopo 25 anni di stampa e pubblica diffusione de "Il foglio"!) la loro intenzione di pubblicare un periodico. Notizia che essi comunicano nel loro ultimo numero pubblicando a fondo pagina un commento dal titolo eloquente: "Burocrati cocciuti e un milione in fumo". Per fortuna si sta lavorando in tutti i campi per semplificare le procedure!
La navigazione a vista è sempre faticosa, anche al di fuori del campo dei piccoli periodici. E' fatica quotidiana di quanti non salgono sui grandi bastimenti delle ideologie e dei sistemi di pensiero che attraversano la vita senza scomporsi di fronte alle tempeste e alle ondate che la possono rendere difficile e agitata. Chi infatti decide di guardare le cose dall'alto dei ponti dalle arcate agilmente disegnate dalle idee e dalle teorie, sia per paura che per prudenza o anche semplicemente per non volersi mescolare con la gente qualsiasi e avanzare la pretesa di distinguersi ad ogni costo, non rischia davvero di bagnarsi neppure i piedi! Ma chi - per necessità o anche per volontà e decisione personale - accetta il confronto con la realtà di ogni giorno non può non "sporcarsi le mani" e cioè interagire con ciò che è altro in una continua modificazione e scoperta di sé.
"La morte non chiude la storia" non è solo un motto che contiene la speranza che la realtà di cammini umani degni di memoria non sia cancellata dall'oscurità della morte, ma anche e soprattutto un invito a coltivare la vita sempre nuova e mai, anche nei suoi percorsi apparentemente più ovvii, simile a se stessa.
Il cambiamento non è un'ipotesi da temere e comunque da riservare solo per le situazioni che vanno modificate in quanto di per sé cattive o dannose.
La vita stessa si esprime in un cambiamento continuo.
Eppure siamo più inclini a privilegiare i valori che sottintendono la continuità, il permanere, la crescita sì, ma dell'esistente già conosciuto e accettato.
L'esistere ognuno nella propria dimensione in una attenta avarizia di contatti e commistioni che non siano - pretestuosi o meno, questo ha poca importanza - arricchimenti di sé.
Attenti a fuggire ogni contatto e confronto che possa portare dentro di noi una autentica crisi e cioè ogni ferita che, se anche ci strappa lacrime amare, ossigena il nostro sangue e la nostra vita. Siamo malati di intangibilità, perché ciò che si tocca vorremmo si trasformasse in oro valutabile in termini di ricchezza e di possesso e non riusciamo ad accettare che divenga umanità. E cioè relazione, scambio, invito dell' altro - di tutto ciò che è diverso da sé - a scoprire e ad essere continuamente sorpresi da noi, a noi stessi sconosciuti.
Lasciamoci toccare dalla vita, anche se la sua mano a volte ci stringe fino a farci urlare dal dolore, dalla paura, dalla solitudine. La stretta di mano della vita ha sempre comunque un calore comunicativo che invano cerchiamo nell'astrazione, nella dilatazione di sé, nel sogno.


Luigi


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1996, Ottobre 1996

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