Carissimi amici lettori, leggerete queste righe già nel pieno dell'estate. Noi le scriviamo alla fine di maggio. Passerà poi un mese (qualcosa di più, forse, che qualcosa di meno) per la stampa e la spedizione. Già la spedizione! Sembra che per avere le "agevolazioni" dell'abbonamento postale dobbiamo "metterci in regola". Oh, intendiamoci, sono anni che ci mettiamo in regola con la circolare di turno, con le tariffe che cambiano continuamente, con le modalità con cui predisporre le singole copie, i singoli mazzetti per "cap" (codice di avviamento postale), il tipo di spago da usare, i nodi con cui fermare il suddetto spago, ecc. ecc.
Ma questa volta la regola consiste nel fatto che dobbiamo esibire il certificato della locale Camera di Commercio, Industria e Artigianato che sancisce la nostra iscrizione all'albo (udite, udite!) delle "imprese" che svolgono attività editoriale nel campo della stampa periodica.
Se state leggendo, vuol dire che il certificato è stato fatto e quindi l'iscrizione è avvenuta.
E allora, abbiate rispetto perché siamo ufficialmente editori!
Quante cose...!
Ringraziamo, comunque, tutti gli amici che trovano il tempo di farci sapere loro notizie, di sostenerci nello sforzo "editoriale", di scambiare con noi parole, scritti, memorie, sogni e idealità.
La "rete" di Lotta come Amore è leggera, leggera, ma tiene.
Tiene anche la vita della Chiesetta del Porto, nascosta più che mai nel periodo estivo dal fogliame folto dei platani che l'abbracciano. Resiste - grazie a Dio - un sottile filo di vita che la ricollega ad una memoria ricca di eventi, di coraggio umano, di fede.
Ma questa memoria alimenta prospettive? L'interrogativo non è superfluo.
Essere giudicati "buoni e bravi" è cosa che fa sempre piacere. E, certamente, per le persone che si riparano all'ombra delle nostre attenzioni, è importante che le nostre energie rimangano salde anche con l'avanzare dell'età. L'interrogativo però si propone di riflettere su una "continuità" che non è esattamente quella che si intende sottolineare quando - a chi ce lo chiede - si dice che "le cose vanno avanti". Perché nel rotolare di giorni, uno dopo l'altro, può essere che si inneschino derive anche di forte intensità che, sulla superficie dello stesso mare, portano insensibilmente su rotte assai diverse da quelle di partenza. Una continuità apparente che può trarre in inganno coloro che non sanno che la "continuità" tra memoria e prospettive si alimenta negli strati profondi della vita, là dove non conta tanto che "le cose" vadano avanti, quanto che vivano le ricerche, le lotte, i sogni.
Questa "continuità" può essere anche molto... discontinua! Può avvenire, a volte, solo proprio grazie al fatto che "le cose" non vanno più avanti e ne sopravvengono altre che non sostituiscono semplicemente le prime, ma ne esprimono lo spirito vivo, e spiegano, in contesti diversi e in sempre nuovi linguaggi, la medesima storia.
Non sono andati avanti "la terra da coltivare, il fuoco delle forge nell'officina e quello del grande camino in cucina" che Maria Grazia ricorda della vita della comunità a Bicchio. Certamente la nostra è una vita semplice, ma non so quanto, paragonandola a quella di allora - e siamo alla fine degli anni '60 -, possa essere ancora definita "vita povera, scelta di classe... ". Se non altro con quella chiarezza di percezione e di incarnazione di quegli anni.
E' vero, comunque, che in linea con 1'esperienza di altri preti operai , "ci siamo legati alla normalità della vita, ad una vita tutta vista dal basso".
E' andata avanti - possiamo allora chiederci - quella ricerca che Arturo Paoli delinea quale "percorso della ragione che torna ad abitare nel corpo prima, nella natura poi, e infine nell'umanità"?
"Di idee e di sassi si fa presto a caricassi" soleva dire spesso Sirio citando un vecchio adagio popolare e, per lui, che idee ne aveva davvero tante, era vitale trovare delle forme concrete in cui sperimentare, verificare, incarnare e quindi dare corpo a ciò che maturava nel cuore e nell' anima. Ora - diciamolo francamente - siamo assai più poveri di idee, ma anche se ne conservassimo appena un mazzolino, nulla ci esime dal cercare di dare concretezza di storia - sia pure esilissima e nascosta - a quello che si muove dentro di noi. Con quella dolce fiducia e testarda speranza che da sempre abbiamo letto animare il cuore del seminatore evangelico.
Il lavoro di questi anni con il disagio, quasi del tutto vissuto sul versante dell' assistenza, ci ha permesso di verificare quanto sia importante una puntuale attenzione alla persona. Che tale si scopre nella possibilità concreta di stare insieme agli altri con percorsi di autonomia anche minimali purché effettivi. Non è solo un processo da applicare a persone gravate da forti handicap, ma, in generale, a tutti. A cominciare da chi scrive.
Giovani, donne, anziani, e cioè gruppi sociali che conoscono maggiormente gli ostacoli verso una vera integrazione sociale, sanno bene quante e quali difficoltà sorgono nel momento in cui - dalla comprensione puramente teorica di questo percorso - si passa a dei tentativi pratici. Eppure sono proprio questi tentativi, anche nella loro frammentazione e parzialità, a permettere la ricomposizione di aspetti diversi della vita e quindi delle persone. Sono autentici, concreti, non ideologici percorsi di pace.
La memoria corre indietro nel tempo "ai grandi camini delle forge e della cucina", al lavoro nei cantieri, sulle barche da pesca, in ospedale... alla vita che fluisce nelle relazioni, nelle solidarietà quotidiane, nelle lotte intrise di forti idealità.
Alla maturazione non solo di esperienze, ma di vera e propria umanità.
Quale prospettiva se non quella di riprendere il cammino con forte consapevolezza? Di uscire fuori da una logica di "conservazione dell'esistente" che tale non è perché ogni giorno i venti della vita (fortunatamente!) erodono la base di ogni realtà che si pietrifica nella memoria da conservare?
Quale prospettiva se non quella di stringere di nuovo i fili di cammini solidali perché le persone possano incontrare se stesse sulle sottili trame di concreti tessuti sociali?
Perché la chiesetta non sia solo la casa dove abitano due scapoli, gli handicappati un "comodo" mantello di assistenza per difendersi dalla realtà, gli impegni quotidiani i segni devozionali a un dover essere che ha "sbiagiulito" nell'intenzionalità le sue ragioni...
Luigi
in Lotta come Amore: LcA luglio 1996, Luglio 1996
Luigi Sonnenfeld
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