Semi di resistenza

SCUOLA DELLA PACE
Cari amici, la nutrita partecipazione al primo anno della Scuola della Pace e l'interesse dei seminari che si sono svolti ci incoraggiano a proseguire in questo nostro progetto (sempre in collaborazione con le Edizioni Cultura della Pace e con la sponsorizzazione del Comune di Fiesole). Veniamo dunque a presentare il programma del secondo anno, che avrà come tema generale:
Violenza e pace nella storia dell'Occidente.
7-8 ottobre '95
Due figure di pace: - Erasmo da Rotterdam - Nevé Shalom (Franca Fabrìs, rappresentante italiana di Nevé Shalom).
25-26 novembre '95
Guerra e pace nel mondo classico (Adriana Cavarero, Univ. di Verona)
27-28 gennaio '96
Momenti e figure di storia femminile:
- l'esperienza femminile nella tradizione cristiana: tra potere e profezia (Adriana Valerio, Univ. di Napoli)
- l'esperienza femminile nella modernità: tra violenza e liberazione (Anna Rossi Doria, Univ. della Calabria).
24-25 febbraio '96 L'antisemitismo:
- di matrice cristiana: dal Nuovo testamento alla cacciata degli ebrei dalla Spagna (Piero Stefanì, teologo),
- di matrice laica: dall'Illuminismo alla Shoà (Stefano Levi della Torre, saggista)
23-24 marzo '96
- Dalle guerre di religione alla nascita della tolleranza e della libertà religiosa (Massimo Fìrpo, Univ. di Torino)
- Il passato vive nel presente: il dramma della ex Jugoslavia (Nicole Janigro, giornalista e saggista)
4-5 maggio '96
Politica e guerra nel pensiero moderno:
- '600 e '700 (da Hobbes a Kant) (Antonio Stragà, Univ. di Padova)
- tradizione marxista (da Marx a Gramsci) (Umberto Curi, Univ. di Padova).
L'iscrizione comporta l'impegno a seguire i sei seminari che compongono il ciclo annuale. Essa prevede il versamento di una quota di £. 30.000 ed è aperta fino al 10 settembre.
Armido Rizzi Centro Sant' Apollinare 50014 Fiesole (FI) tel/fax 055/599707

Anna Bravo e Anna Maria Bruzzone: "IN GUERRA SENZ'ARMI. STORIE DI DONNE 1943-1945", ed. Laterza 1955
In una discussione tenutasi a Torino il 7 marzo u.s., Bianca Guidetti Serra e Gian Enrico Rusconi hanno interrogato le autrici su alcuni punti nodali del loro lavoro. La prima ha chiesto, tra l'altro, se quella delle donne intervistate era guerra, e se si possa dire: non ho sparato, ma sono un partigiano. Il secondo ha osservato che oggi si sta spostando l'attenzione dalla resistenza armata a quella civile, passiva, "simbolica", la quale scivola, a suo dire, nell'attendismo e nell' opportunismo.
Bravo e Bruzzone, nota Enrico Peyretti su Il Foglio n.219, hanno dato risposte decise e chiare a queste osservazioni. Anna Bravo ha ricordato la ristretta definizione di partigiano, di carattere armista o milìtarìsta, data dall'apposita commissione istituita per legge nel dopoguerra, presso il Ministero della Difesa. Su quella base, si stabiliva una gerarchia tra partigiano (partecipante a tre azioni armate), patriota, benemerito. Gerarchia da rompere sia perché i resistenti non armati sono stati determinanti per la Resistenza, sia per la ricostruzione dell'immagine nazionale diversa da quella del cittadino armato.
La tematica nonvìolenta, la proposta di Gandhi di resistere a Hitler senza violenza, ha detto Anna Maria Bruzzone, era allora sconosciuta, ma noi abbiamo dato lo stesso valore a chi sparava e a chi ha nascosto in casa gli ebrei. Nel 'maternage' c'era anche una netta protesta: possiamo fare qualcosa, finalmente disobbediamo!
Occorre ridefinire la guerra. Questo è il tema - dice ancora Peyretti - su cui tante volte lavoriamo: la difesa non è solo guerra, né la guerra è la miglior difesa. Il concetto di giusta difesa è più ampio e articolato. Limitarlo alle armi significa difendere meno ciò che merita difesa. Sia nella storia che nella strategia non si può ulteriormente ignorare ciò.





in Lotta come Amore: LcA luglio 1995, Luglio 1995

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