La posta di fratel Arturo

Cari Amici d'Italia,
all'aeroporto di Foz do Iguaçu un' ondata infantile che mi viene incontro e quasi mi travolge, spenge il resto di pena che porto con me dal distacco da fratelli e amici. Quella dolcissima pena che "'ntenerisce il core - e d'amore punge il peregrin" anche se non è tanto novo peregrin, ma abituato a partenze e ritorni.
Dopo questa accoglienza festosa, mi viene incontro l'immagine spaventosa della FAME. Piove ininterrottamente da tre settimane, le baracche della mia favela sono invase da acqua e fango. La stanzetta sulla riva dell'Iguaçu, luogo del mio "deserto", emerge di appena un metro dalle acque che hanno risalito l'argine di circa l0 metri, e continuano a crescere. La vicina capanna dei pescatori è scomparsa, hanno avuto il tempo di salvare gli attrezzi della pesca e le cose più importanti, mentre il mio tavolo di lavoro e il giaciglio sono sott'acqua. Ma la perdita non merita nemmeno un sospiro di rimpianto, messa a confronto della tragedia di famiglie che vagano per le strade in cerca di rifugio. Pare che abbiano salvato solo i bambini che portano in collo o trascinano nella marcia aggrappati
alle loro gambe.
Eppure questo paesaggio così fosco è attraversato da un raggio di speranza. La fame è studiata, catalogata, pare uscita dalla clandestinità delle baracche e, messa sui tavoli dei laboratori sociologici, scopre la sua vera identità. Un giornale non certamente sovversivo, il Jornao do Brasil, che corrisponde al nostro Corriere della Sera, porta a titoli di scatola: "L'anima della fame è politica". Non è un'anima infusa da Dio o dal Destino: è politica. E in articoli scritti dalle penne più prestigiose e competenti del Brasile, si mette a nudo la vergogna della fame: 32 milioni di persone che vivono nell'indigenza, la popolazione dell' Argentina.
"Come morire di fame accanto a 70 milioni di tonnellate di cereali, di 8,5 milioni di ettari di terra adatta ai cereali, in un paese che è il terzo esportatore di alimenti sulla terra? Considerando che tutti questi brasiliani miserabili si sazierebbero con il 20% degli scarti, la fame di 32 milioni rivela l'essenza umana del loro paese che è capace di negare la condizione di vita al 20% della popolazione" (Herbert de Souza, sociologo). Questa rivelazione sarebbe solo scandalosa e non farebbe che aumentare la nostra indignazione e misurare la nostra impotenza, se non fosse un punto di partenza per affrontare la calamità. Di fatto per iniziativa di un vescovo cattolico, don Mauro Morelli e del sociologo "Betino" si stanno formando nel paese dei comitati per debellare la fame. "C'è una tremenda forza di cambiamento nell' aria, sulla terra. Esiste un movimento potente che tesse la novità attraverso migliaia di gesti di incontro. C'è fame di umanità fra noi", conclude l'articolo. Sento il vento dello Spirito e spero che soffi anche fra noi e raggiunga l'Africa, l'Asia, le terre devastate dalla fame, e ci spinga all'accoglienza di fratelli che da quelle terre sono arrivati da noi, forse guidati dall'intuizione che un cristiano non può non accogliere, non può chiudere la sua porta. E noi siamo una nazione cristiana, anzi cattolica che crediamo voglia dire autenticamente cristiana, discendente dalla generazione degli apostoli.
Mi diceva il vicario generale di questa diocesi che i ricchi cattolici, o cattolici ricchi, quelli che vanno al lavoro con cravatta, discutono la loro adesione a questi comitati contro la fame: "Non ci sarà dietro la manovra del partito dei lavoratori?". Ho appena finito di leggere il bel libro di Ettore Masina su Romero (E.Masina "Oscar Romero" ed. Cultura della Pace) e vi ritrovo con tristezza la meschina, ripetitiva difesa dei benpensanti cattolici per camuffare e drappeggiare di stoffe preziose l'alzata di spalle di Caino: "Che c'entro io con mio fratello?". Vorrei combattere la fame ma non voglio intrupparmi con i sovversivi. A questa lotta contro la fame hanno dato il nome persone di grande spicco. Ma vanno a messa la domenica? Amano il Papa?
Amici miei, voglio essere fedele a Cristo fino alla morte e ogni giorno di più mi sento appassionato di Lui, ma non rinunzierò mai al mio metodo di analisi e di critica: - "Tutto ciò che divide e separa manifesta assenza del Dio vero. Dov'è carità e amore lì c'è Dio; dov'è separazione, diffidenza, esclusione, élitismo (non sono come gli altri... ) lì Dio non c'è". Se ho il dono della profezia e conosco tutti i misteri e tutta la scienza; e se anche possiedo tutta la fede, sì da trasportare le montagne, ma non ho la carità, non sono niente. E la carità comincia dall'accorgersi che il fratello vicino a me respira, ma non vive. E io ho giurato di difendere la vita. Non assumendo questa responsabilità, tutto quello che faccio è paglia o qualcosa di peggio.
Vi abbraccio con affetto "saudoso" (pieno di nostalgia).


fratello Arturo


in Lotta come Amore: LcA gennaio 1994, Gennaio 1994

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