Ogni tanto, anche se per brevi momenti, mi capita di trovarmi solo sulla spiaggia che si apre sulla distesa del mare ai limiti del piccolo fazzoletto di terra sul quale vivo la quasi totalità della mia vita quotidiana. Sono momenti molto belli nei quali mi ritengo fortunato di poter dolcemente affondare i piedi sulla sabbia fine e morbida, mentre lo sguardo spazia verso l'orizzonte totalmente aperto, senza confini né barriere. Con lo sguardo, anche il cuore e l'anima si aprono ad una misura di comunione con la vita che mi ridona il senso della leggerezza e della fiducia dentro la fatica delle vicende piccole o grandi di cui è intessuto il nostro cammino.
Sento quasi fisicamente che il mio respiro ritrova la sua ampiezza e la sua apertura e mi sembra di essere più capace di ascoltare, tra l'andare e il venire incessante delle onde, il misterioso "soffio della vita". Quasi il respiro di Dio. Tutto questo, per me, non è davvero vuoto sentimento romantico o sentimentalismo di superficie. Su questo tratto di spiaggia, pieno di mille cose portate dal mare, ricoperto soprattutto di radici, rami, spesso di interi alberi venuti qui chissà da dove, ho trovato il mio "romitorio", il mio semplice eremo nel quale mi lascio andare dolcemente, senza sforzo al ritmo interiore dei pensieri e delle riflessioni. Pensieri e riflessioni che avranno sicuramente la stessa mobile consistenza della sabbia, ma che rappresentano un modo semplice di cercare di accogliere sulla misteriosa spiaggia dell' anima questo inarrestabile fluire del mare della vita. Dall'ultimo numero del nostro giornalino sono passati diversi mesi. E' stato un periodo veramente carico di rivolgimenti, di mareggiate, di un vorticoso ribollire di vicende: mi è impossibile farne un elenco preciso, dettagliato. Ma precise e dettagliate sono le sensazioni che mi hanno attraversato l'anima, le "ondate" che sono venute ad arenarsi sulla spiaggia del cuore portando con se una grandissima varietà di materiali d'ogni genere.
In questo tempo mi sono sentito molto simile alla spiaggia sulla quale il mare scarica da sempre tutto ciò che riesce a portare a riva. Mi è arrivata soprattutto l'ondata di sofferenza e di angoscia indicibile delle popolazioni balcaniche, in modo particolare della Bosnia, così oppresse e schiacciate da una logica di morte che sembra emergere da chissà quali profondità di pura follia e di incredibile assurdità. Mi ha ferito in maniera drammatica la misura della crudeltà che questa guerra ha manifestato ed espresso, il grado di disumanizzazione che ha raggiunto, l'impossibilità di trovare vie di ragionevolezza e di riflessione. Il grido delle migliaia di profughi in fuga dalle loro case, dai paesi, dalle città mi ha raggiunto e penetrato l'anima. Mi sono sentito a lungo interpellato da questa terribile tragedia che prima di tutto ha fatto nascere dentro di me un senso di enorme impotenza. L'amore, la pace, la fraternità, la convivenza nella diversità, la possibilità di comunione, di amicizia... tutto è messo in questione da questo impazzimento di cui la guerra balcanica e espressione tragica e terribile. Mi sono interrogato a lungo sul mistero dell'amore di Dio, sul suo "silenzio" dentro il fluire della storia, sul significato che tutte le religioni hanno realmente nel tessuto vivo dell'esistenza concreta delle persone. L'economia, la politica, la cultura, la razza, la patria...
Quanti fili legano misteriosamente fra se il fragile tessuto dell'esistenza umana e la possono rendere una meravigliosa realtà di luce e di vita, oppure un groviglio terribile di orrore e di morte.
Nel mio eremitaggio marino, spesso battuto dalla brezza invernale, ma anche illuminato dalla luce straordinaria di certi tramonti trasparenti e dolcissimi, ha bussato molto spesso alla porta questo senso di misteriosa solitudine in cui certi avvenimenti non possono non sospingere e a volte rischiare di soffocarci. credo di aver compreso meglio, più in profondità, chi è lacerato dal dubbio sul senso della vita, sul significato della storia, sul valore di una fede che non riesce a trasformare la durezza dei nostri cuori di pietra per farne dei cuori di carne palpitante, viva, aperta all'incontro e alla comunione.
Mi è tornata molto spesso alla mente la vecchia affermazione filosofica: "l'uomo è un lupo per l'uomo"... E nello stesso tempo, in modo quasi impercettibile, sono riaffiorate dalle profondità dell'anima le stupefacenti parole di Gesù (forse fiorite anche in lui lungo le rive del mare di Galilea): "Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi... Non portate con voi né bastone né borsa né due tuniche ... ". Parole meravigliose, cariche di luce e di forza, indicazione precisa di una scelta da compiere ogni giorno, ad ogni levar del sole. Parole di lotta e di amore straordinario, di scelta di vita fraterna, di rinuncia cosciente ad ogni forma di potere opprimente e violento, di coraggiosa volontà di affrontare la vita secondo una logica di attenzione amorosa per ogni essere vivente, di dialogo, di incontro, di premurosa condivisione, di disponibilità - se necessario - al dono di se, sempre, senza eccezione alcuna. Nel mio camminare sulla sabbia ho ripensato a lungo, a cuore aperto, a tutta la storia di Gesù, alla sua vita, alle sue parole, al suo misterioso destino, raccogliendo attraverso di lui tutto questo groviglio del mistero del mondo. Soprattutto il dolore, l'odio, la malvagità, la pazzia, l'assurdo... l'incapacità terribile di "vedere" la verità delle cose, di amare senza timori, di essere semplicemente delle creature in mezzo ad altre creature, di abolire alla radice i maledetti concetti di appartenenza alla razza, alla patria, alla casta, al partito, alla religione... La visione evangelica è davvero straordinaria perché la storia di Gesù apre su orizzonti illimitati, aperti, senza misure e senza confini: proprio come questo mare il cui orizzonte mi si allarga davanti ricolmato di luce, cullato dalla musica dolcissima dell'acqua che rifluisce verso la terra portando con se i colori del cielo. Mi sale su dall'anima una voglia grandissima di essere pienamente uomo, di quella umanità sognata da Dio e realizzata in modo così unico da Gesù Cristo. Mi pare di capire come non mai prima d'ora il senso profondo di questa sua frase: "L'opera di Dio è questa: conoscere te, Padre, e colui che hai inviato". Questa è la radice, il segreto, la forza, l'energia, il progetto... La ricerca cristiana mi obbliga a scrivere sempre piu a fondo, dentro la dura scorza della vita, nelle terribili contraddizioni della storia, nel mistero della malvagità e della crudeltà delle creature, senza difendermi dal male, dalla violenza, dalla pazzia che sembra dominare e determinare lo svolgersi delle vicende e il ritmo della vita. Nel profondo di questa desolata solitudine mi è di nuovo apparso il meraviglioso splendore dell'avventura di Cristo. La sua pienezza di umanità, la sua forza, la sua lotta, la sua immensa dolcezza e nello stesso tempo la sua durissima capacità di resistenza, il suo amore capace di croce... Ho sentito rifiorire dentro di me la fiducia e la speranza. Nonostante tutto, non posso maledire la vita. Voglio raccogliere tutto dentro di me, senza difendermi da niente, aperto e disponibile come questa spiaggia che sopporta i miei passi, sulla quale si sono radunati detriti di ogni genere venuti da lontano. Anche sulla spiaggia dell'anima mia ci deve essere posto per le lacrime amare degli orfani della Jugoslavia smembrata e divisa a colpi di odio e di fucile (serbi, croati, sloveni, cattolici, ortodossi, musulmani), per l'indicibile dolore delle donne violentate, per i morti di fame e di freddo, per le strade delle città e i campi sportivi trasformati in cimiteri, per i cuori degli uomini e delle donne di ogni etnia induriti dalla vendetta, per il tragico destino della città di Sarajevo che rappresenta il drammatico simbolo della resistenza e della follia prodotte dalla guerra. Certamente tutto questo è niente di fronte al terribile rumoreggiare di questo mare agitato da una tempesta carica di distruzione e di morte. E' la mia piccola lotta, il mio piccolo contributo di amore, la mia debolissima maniera di partecipazione ad una storia di lacrime e sangue che spezza l'anima. Sento pero che mi è chiesto di compiere questo gesto di profonda umanità, dentro me stesso, abbattendo ogni barriera etnica, religiosa, sociale. Sento molto intensamente che questa è una via di liberazione, una strada decisiva da percorrere con tenacia e fedeltà: superare "dentro" ogni concetto di appartenenza che soffochi e chiuda, che innalzi frontiere, steccati, divisioni, limiti, confini... Non è vuota poesia o inutile utopia né assurdo sognare e fantasticare: "Nostra patria è il mondo intero, nostra legge è la libertà" e ugualmente nostra razza l'umanità, nostra regola l'amore, la fraternità, l'amicizia, l'accoglienza delle diversità, il rifiuto di ogni logica di guerra, di sopraffazione economica, di volontà di dominio.
Sento con molta umiltà e dolcezza che tutto questo sogno è una realtà possibile e concreta e la voglio raccogliere con estrema semplicità ma anche con tutta la tenacia della mente e del cuore. La raccolgo di nuovo come una preziosa conchiglia venuta da lontano a posarsi sulla fragile sabbia della mia vita: il mistero di Gesù, di quest'uomo meraviglioso e straordinario che mi è stato dato d'incontrare sul mio cammino, mi ha riaperto sentieri e spazi di liberazione. "Figlio dell'uomo - Figlio di Dio": pienezza di vita liberata da ogni logica di morte, forza liberatrice di energie di comunione e d'incontro, radice capace di sostenere scelte di rifiuto di ogni appartenenza che produca strutture di violenza e di sopraffazione (anche se "benedette"!). Lotta per una umanità liberata a misura del progetto del suo Creatore. Amore per un'esistenza umana abitata dal sentimento dolcissimo della fratellanza universale. Terra e Cielo che si incontrano, si riconoscono e si accolgono in un unico abbraccio.
don Beppe
in Lotta come Amore: LcA maggio 1993, Maggio 1993
Luigi Sonnenfeld
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