...Di tavoli, torri, televisori e l'amore

Ogni tanto rifletto sul problema di come amare il mio prossimo in modo concreto. Quanto è facile mandare soldi lontano quando succede qualche catastrofe, e quanto è difficile, invece, mettere una famiglia di albanesi nella seconda casa (vuota da anni) per un po' di tempo, o semplicemente mettersi a sedere di proposito accanto ad un extracomunitario sul pullman, e magari conversare con lui del più e del meno.
Inevitabilmente cerco di fermarmi qui, perché queste sono situazioni non frequenti e quindi il disagio morale che ci creano è di breve durata e facile da ignorare (e poi la seconda casa non ce l'ho!). Purtroppo però queste considerazioni a volte mi portano ad esaminare i rapporti che ho con i vicini - i colleghi, gli amici, i genitori, mio figlio e mio marito - e mi sembra che più si stringe il cerchio, più difficile diventa la questione. Ho l'impressione che siamo in tanti ad aver bisogno di riordinare le priorità e di rianalizzarle spesso; di imparare a mettere le persone prima delle cose.
La causa di queste riflessioni, questa volta, è stata lo spostamento di un tavolo! In casa mia il televisore è in salotto, un salotto non grandissimo che faceva anche da tinello fino a qualche settimana fa. Abbiamo deciso di provare a mettere un tavolo nella cucina che in passato abbiamo sempre ritenuto troppo piccola per questa soluzione e mangiare lì, per sfruttare diversamente la sala dove passiamo la maggior parte del tempo in casa. Nostro figlio ha due anni e mezzo e volevamo dargli più spazio per ballare, cadere e rompere cose varie. Quindi abbiamo effettuato questo cambiamento per motivi molto materiali. C'è stato anche qualche altro effetto materiale: si fa prima ad apparecchiare e sparecchiare; si sporca un'area più ristretta e quindi si fa prima a pulire; abbiamo un piano di lavoro in più, Ma siamo rimasti piacevolmente sorpresi da quanti effetti collaterali non materiali ci sono stati. Mangiare in uno spazio più intimo, diciamo, per non dire quasi claustrofobico, e SENZA TELEVISORE, ha avuto il risultato che ci guardiamo negli occhi, parliamo e giochiamo molto più di prima.
Tempo fa ho letto di una ricerca che indagava su come i figli percepiscono l'amore dei genitori. In questo studio c'erano dei ragazzi che non ritenevano affatto di essere amati anche se i genitori volevano loro bene. La ricerca tendeva a capire perché in certe famiglie i figli percepivano l'amore dei genitori ed in altre, no. Tutte le famiglie studiate erano "normali" nel senso che non erano presenti traumi come il divorzio, la violenza o la scomparsa di uno dei genitori, ecc. Erano tutte famiglie "stabili" dal punto di vista emotivo. Le conclusioni di questo studio erano che il tatto, il contatto visivo, l'attenzione concentrata sul soggetto avevano un 'influenza notevole. Non era questione solo di stare insieme ai figli, ma come starci. Lo vedo con mio figlio. Ci sono determinati momenti della giornata in cui non gli basta solo la mia presenza fisica. Per esempio, io sto pulendo i vetri, e lui sta costruendo una torre. Ad un certo punto vuole assolutamente o aiutarmi a pulire i vetri o che io costruisca la torre insieme a lui. Non essendo amante di attività casalinghe, opto quasi sempre per la torre. Certo, portare questo comportamento all'estremo, come faccio io, vuol dire finire così:
MARITO: "Mamma mia, come sono sporchi i vetri!"
IO: "Cosa preferisci, caro, che la casa sia pulita o che tuo figlio si senta amato?!" (Sapere di certe ricerche fa proprio comodo, a volte.)
Ma sto perdendo il filo. Volevo dire che anche noi grandi, sicuramente, percepiamo l'amore nello stesso modo dei bambini. Questo tipo di stare insieme qualitativo diventa più difficile poi man mano che i figli crescono. Molti di noi insegnano ai figli, con l'esempio, che esprimere l'amore attraverso i gesti, le coccole, le parole e l'attenzione focalizzata è appropriato solo quando il soggetto è un bambino. Va a finire che teniamo dentro che cosa significano per noi gli altri. e gli altri fanno la stessa cosa e poi ci chiediamo come mai la solitudine è il male del nostro secolo.
Se ci si pensa bene, come trattiamo gli altri, come ci si sta insieme, è una delle poche cose che siamo in grado di controllare in questa vita. Possiamo decidere di ascoltare con attenzione quando il marito parla delle soddisfazioni e delle frustrazioni della sua giornata, o possiamo leggere il giornale. Possiamo dire quanto ammiriamo un'amica per come ha affrontato una situazione difficile, o possiamo parlare delle previsioni del tempo. Possiamo tenere la mano di un genitore, seduto insieme a noi sul divano mentre guardiamo la TV, o possiamo resistere a quest'impulso. Possiamo. passeggiando di domenica, chiedere a nostra figlia adolescente quali sono le qualità che apprezza negli amici, o possiamo continuare a tenere la radio incollata all'orecchio. La scelta è nostra.
Io sono convinta che se riuscissimo a fare uno sforzo in questo senso, staremmo molto meglio. E poi sarebbe un piccolo passo verso un amore che tocca i membri più lontani del cerchio di cui parlavo prima, credo. "Amare il prossimo": tre paroline semplici che rappresentano una dura battaglia quotidiana per una realtà più cristiana, anche dentro i muri di casa. Forse se cominciamo un passo per volta, con i piccoli gesti, saremo sorpresi un domani da quanta strada abbiamo fatto.


Shevawn


in Lotta come Amore: LcA dicembre 1991, Dicembre 1991

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