Che un giovane in un campo! Così recita un vecchio adagio contadino che valorizza l'esperienza di chi ha già vissuto una vita, anche se ormai ridotto all'angolo del focolare, rispetto alla vitalità e all'efficienza del lavoro delle forze giovani. Questo proverbio è stato messo in crisi dal sistema di sviluppo iscritto nel ciclo della industrializzazione. L'accento è stato posto sulla innovazione con la conseguenza di ripone in soffitta ogni sapere derivante dal confronto con ciò che si è già vissuto.
Eppure oggi assistiamo ad una generale caduta di tensione rispetto alle aspettative che il nuovo pareva voler riservare: il mercato 'giovane' e rampante che sembrava sul punto di dilagare oltre i muri, appare costretto a tirar giù la maschera e a mostrare di nuovo il volto vecchio devastato da sete e fame di potere. Il 'giovane' ordine mondiale, abile nel mostrare i muscoli quando si tratta di combattere contro un nemico dichiarato, è costretto poi ad arretrare confuso davanti al degenerare dei conflitti in risse a tutto campo. E compaiono di nuovo le ben note diplomazie a difesa degli interessi costituiti. Le 'giovani' nazionalita' , poi, sembrano volersi servire della ricetta più antica del mondo per rafforzare la propria identità e cioè scoprire un nemico contro cui levarsi in armi.
Di fronte alle scricchiolanti avventure di una realtà che sembrava decollata verso i cieli rosei del benessere e dell'equilibrio, hanno buon gioco tutti coloro che risollevano i colori delle antiche saggezze e dei vecchi equilibri. Il 'vecchio' - dall'antiquariato dei mercatini alle aste miliardarie dei pezzi unici, dall' inossidabile età dei politici alle nostalgie del carroccio e delle città-stato, dall'esportazione geriatrica dei giapponesi alla nostrana gita 'con pentolame ' - tutto il vecchio numericamente rilevante, viene riciclato in appetibili fette di concupiscenza economica, politica, culturale e religiosa.
Il 'vecchio' è di nuovo e tutto nel campo a contendere al 'giovane' il futuro. Perfino la 'vecchia' guerra è tornata tra noi, disinvolta e accattivante prostituta imbellettata di nazionalismi e rivincite, a battere strade di morte.
No. Non vogliamo unire le nostre voci a questo coro che richiama il passato, compreso quello delle chiese affollate. Questo coro, in realtà, 'nel canto' non c'è mai stato, ma ha solo badato, nelle diverse contingenze storiche, a non perdere potere (e lo dimostra il sollevarsi qua e là di simulacri delle famiglie che un tempo reggevano i popoli, quando era ben chiaro a chi toccava tirar la carretta e a chi menare la frusta...).
L'aver ripreso questo proverbio non è per alimentare il gioco di concorrenze tra generazioni, il vecchio contro il giovane o viceversa. E' per sottolineare semmai l'assurdo di una contrapposizione quando viene a mancare un elemento indispensabile. Perché abbiamo presente il giovane, il vecchio e il campo, ma dimentichiamo il fuoco. La luce e il calore. La trasformazione incessante, l'energia. Senza questo elemento il vecchio è letteralmente spento e il giovane nel campo non può voltare il capo e sentirsi a casa. L'uno condannato alla solitudine, l'altro privato dell'incontro, del riposo, della festa.
Senza il fuoco, senza il bruciore cauterizzante della vita, vissuta e non solo passata o bruciata essa stessa, siamo tutti vecchi. Impegnati sul campo giorno e notte, senza liberare l'immaginazione di fronte al multiforme divenire della vampa, siamo tutti vecchi.
Se c'e' il fuoco, anche il cantone più sperduto, anche l'angolo più' buio e disperso diventa e casa e calore e cibo e incontro. Non c'è povertà che non permetta di stringersi insieme anche di fronte a poche braci. Uomini e donne dai capelli bianchi ci hanno fatto il dono del loro sogno innocente, di un mondo amato nonostante tutto, di un mondo buono, anche se arato a sangue. Popoli dispersi e sepolti negli angoli bui della storia raccontano i loro sogni di dignità umana. Amici che camminano con noi testimoniano la trasformazione e l'incontro. Occorre non dimenticare di custodire il fuoco perché la parte giovane di noi si possa dedicare al campo e seminare e crescere frutti di umanità. Occorre non dimenticare il fuoco perché allora si può davvero diventar vecchi senza che la vita diminuisca e il desiderio e il sogno.
La Redazione
in Lotta come Amore: LcA dicembre 1991, Dicembre 1991
Luigi Sonnenfeld
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