Fabio e Sirio

Ho ascoltato il nastro registrato da amici attenti e premurosi di un intervento di Sirio durante una messa concelebrata con don Fabio Masi, un amico prete di Firenze cui era legato da sincera amicizia. Mi sembra che nelle poche battute di Fabio e nel discorso di Sirio ci siano gli elementi di un rapporto serio tra uomini.
Mi è parso anche che Sirio lasci trasparire la sorgente del suo vivere, quell'acqua che tonifica, alimenta, pulisce come acqua di fonte ed interessa tanto padre Mongillo e tutti coloro che hanno vissuto con Sirio in grande amicizia.
Gesù Cristo, la gente, una vita povera: potrebbe venir fuori un santino, eppure c'è un legame affatto banale che in Sirio non provoca tanto l'affermazione di una fedeltà, quanto di una meraviglia, di una sorpresa proprio perché gli ingredienti non sono quelli di una ricetta spirituale ben collaudata, ma terreno vitale di incontro e di scontro dove viene giocato tutto.

FABIO E SIRIO
C'è, a spezzare il pane con noi, don Sirio. In tutta la vita ci saremo visti forse quattro volte, ma credo sia une delle persone cui voglio più bene e che sono importanti per me. Anche se ci siamo visti poco io so quasi tutto di lui e lui, non so, ma credo sappia di me più di quanto io gli abbia raccontato in queste quattro volte. Questo vuol dire che ci si interessa, ci si preme. E io sono felice che voi lo conosciate, anche se lo conoscerete con lo stile della chiesa e cioè come il prete che parla mentre il popolo ascolta. E' una nostra scommessa quella di riuscire a far diminuire il prete e a far crescere il popolo cristiano: chissà se ci si riuscirà.
Comunque d'ora in poi potrete dire di aver conosciuto don Sirio. Lui è stato, insieme alla comunità in cui ha vissuto, una presenza appassionante nella Chiesa, una presenza tormentata e tormentante nella Chiesa italiana degli ultimi tempi. E' stato preteoperaio - io non so se sei il primo, ma insomma uno dei primi di certo -, sta a Viareggio, nella diocesi di Lucca, e non è un uomo solo. C'è un prete, tra l'altro amico mio carissimo ed è di Firenze, che sta con lui e intorno a lui gira una comunità. .
Io ho piacere che sia lui a testimoniare, a render conto della sua fede con povere parole, per quanto può. Un uomo secondo me - io ti dico come t'ho visto - la cui forza, ed è stata una forza notevole, nella vita è stata nella mitezza e nella nonviolenza. Ma di una mitezza che mai è rassegnazione o un tirarsi indietro. Questo è stato l'insegnamento che Sirio m'ha dato, quello che io ho recepito anche se sarà sicuramente molto più ricco. Volentieri quindi, e non per rinunciare a parlare, una volta tanto io ascolto la testimonianza, durante l'eucaristia, di un fratello nella fede.

Vi sono nella vita dei momenti in cui si ha la sensazione di toccare il fondo della sofferenza, dell'angoscia, dello sgomento, del dolore, della pesantezza della vita. Ci sono dei momenti in cui invece sentiamo qualcosa che ci ricolma e ci trabocca, ci travolge di gioia, di effervescenza interiore. Ecco questo giorno per me è proprio un momento di pienezza, di sovrabbondanza. Quasi direi: "Signore, Te ne ringrazio!".
E' cosa molto umile, molto semplice: credo che sono almeno vent'anni che non ci incontriamo dopo quelle poche volte in cui ci siamo incontrati e conosciuti e abbiamo vissuto insieme momenti piuttosto intensi. Momenti di reazione, di impegno e - diciamo la parola senza timori e senza paure - lotta all'interno della Chiesa per la speranza, la fiducia, quasi direi la sicurezza di ottenere un cambiamento dell'insieme della Chiesa secondo un progetto di fraternità, umiltà, di spirito evangelico.
Tanti anni, vero don Fabio? Tanti anni. Ma stamani, quando ci siamo abbracciati qui, ecco, quel momento in cui ho capito che realmente vale anche patire, soffrire, reggere, rimanere intenti, impegnati, fedeli perché sicuramente capita l'occasione in cui ci sentiamo veri, autentici. La vita passata non è trascorsa, non se n'è andata a vuoto, smarrita e perduta. Anzi, prevale la constatazione che tutto è stato un valore, che tutto è stato un'importanza, che tutto è stato una grande grazia di Dio. Tutto quello che e' stato vissuto. E ne abbiamo vissuto - veramente - di avventure nella nostra vita, tante avventure.
Ha detto molto bene don Fabio che anche se in tutti questi anni non ci siamo più incontrati però abbiamo continuato a conoscere uno dell'altro in qualche modo. Quasi direi, più per intuizione, ma specialmente credo proprio per una convinzione, una sicurezza di fedeltà. Io ero sicuro, sempre sono stato sicuro, che Fabio era fedele a quelle idee, a quegli impegni, a quei programmi, a quei progetti, a quelle lotte. Sicurissimo. Penso che anche lui abbia avuto la stessa impressione, lo stesso convincimento nei miei confronti. Sicurezza per una fedeltà, una continuità: non ci siamo arresi mai! Grazie a Dio, alla potenza del suo Spirito e anche forse ad una cocciutaggine che ormai è scesa in noi ed è rimasta bloccata in noi, direi proprio da tutta una potenza dell'Amore di Dio per noi e per quello che si poteva e si è potuto significare.
Ecco, questa fedeltà, questo non esserci arresi, questa continuità in tutto un programma. un progetto, per tutta una lotta vissuta, continuata, sofferta, pagata. Io avevo saputo, quando è successo che lui è stato preso, lasciatemi dire la parola - violentemente -, trasportato su questa vostra collina, e ho detto: Certo! E' una grazia di Dio per tutta quella gente - ve lo dico sinceramente, non è che lo penso in questo momento. Allora, quando l'ho saputo, veramente l'ho pensato -, una grazia di Dio per tutta quella gente, anche se mi è dispiaciuto per tutta l'altra del Vingone rimasta, perché sapevo quanto vi è stato di partecipazione così intensa, di coinvolgimento così appassionato. Però ho anche pensato: Guarda come Fabio è rimasto fedele, preciso, fino al punto che l' autorità è dovuta intervenire. Cose grosse, cose molto belle veramente.
Ecco, direi che tutta la storia nostra - non è che sto qui a raccontare cose che abbiamo vissuto, ma cose che stiamo ancora vivendo e non solo concretamente, perché io sono ancora il prete operaio di trent'anni fa. Trent'anni. Quest'anno il quindici d'agosto erano trent'anni da quando ho cominciato questa vita in mezzo agli operai del porto di Viareggio in una condivisione piena, totale, nella condizione operaia nella maniera più chiara e precisa, e poi tutto l'insieme di quelle lotte e poi quella ricerca di incidenza nella Chiesa e poi tutta quella respinta nei confronti dei grossi problemi che hanno travagliato questi trent'anni di storia e quindi tutto un impegno per l'ottenimento della legge per il servizio civile in alternativa a quello militare e poi le lotte contro le centrali nucleari molti anni prima di Cernobyl con una dedizione, un coinvolgimento, ma tutto quanto sempre a seguito di una coscienza popolare operaia entrata in questa realtà di fede e di vita sacerdotale fino alla necessità di un coinvolgimento a costo di tutto, pagando sempre qualsiasi prezzo fino ai tribunali, fino alla condanna al carcere, ma con disinvoltura, con serenità, Poi le lotte contro l'esercito, le lotte per la pace, con dedizione e impegno e coinvolgimento fino ad ora, fino a questi ultimi tempi, per una respinta piena e totale di tutto quello che può essere oppressione, schiavizzazione, sfruttamento ai livelli nostri di popolo, di gente, di umanità nel mondo intero, per una aspirazione ad una fraternità, ad un'uguaglianza, ad un'intesa, ad un vivere insieme da fratelli e non così: sfruttamenti, oppressioni, schiacciamenti, violenze, prepotenze, strapotenze - perché stanno veramente minacciando perfino la sopravvivenza dell'umanità. Contro, lotta serrata senza respiro, senza tregua, direi materialmente, senza pace, ma per tutta un'esuberanza, per tutta un'effervescenza; lasciatemi dire la parola - penso che la capirete -. per tutta una violenza di pace e di amore, di fraternità dentro il cuore, dentro l'anima, da effondere, da allargare in modo da coinvolgere questa nostra storia perché' non diventi storia di disperazione c di distruzione ma di costruzione di umanità.
In fondo è, caro Fabio, è stato bello. Io ogni tanto, alla mia età ormai davvero venerabile, ogni tanto ripenso a tutta questa storia di vita sacerdotale - son quarantatre anni che sono prete - e realmente devo dire - scusate se ve lo dico così a gran cuore perché mi piace tantissimo dirlo, perché è doveroso per me dirlo per dare lode e gloria al Signore datore di ogni dono, elargitore inesauribile di ogni bontà -, devo dire che questa vita impegnata, buttata là, coinvolta, 'sta vita che in fondo, spesso mi sono accorto che è rimasta travolta da questo Dio che è entrato nella mia vita, da questo Gesù Cristo che mi ha convinto e avvinto e affascinato e innamorato così perdutamente. La gente, il popolo, questa realtà umana, questa umanità, motivo, ragion d'essere della mia vita, è stata una cosa bella - davvero Fabio - una cosa bella meravigliosa straordinaria. E ogni tanto mi viene da dire: Signore Dio, grazie grazie perché mi hai dato e mi hai donato la possibilità di giocare la mia vita in un qualcosa di così splendido, di così bello, di così affascinante veramente che più non era possibile realmente. E poi vita povera, miserabile spesso, oppressa, depressa, schiacciata continuamente; continuamente.
Vi confesserò una cosa: due sere prima di Natale - forse ha saputo che non stavo bene di salute, sono ospite di Careggi, sono un po' un abitué perché è la quarta volta che vado in ospedale a Careggi negli ultimi due anni - è venuto il mio vescovo. E' venuto a trovarmi a casa. Dopo dieci anni, dieci anni è stato possibile che io parlassi; che "io" parlassi, perché parlava sempre lui e mi opprimeva, mi annientava. Faccio per dire, ma per dire che anche queste cose, ecco, non hanno non hanno importanza nemmeno la constatazione che forse è stato tutto inutile, che non abbiamo ottenuto nulla, che non abbiamo cambiato niente: perché in fondo cos'è cambiato nella Chiesa con tutte queste nostre lotte, con questi nostri sogni - io amo molto questa parola -; questo sognare a gran cuore senza stancarci mai, cosa ha ottenuto?
Non so, a volte mi sembro proprio di essere un prete che ha vissuto a vuoto. Perché non ho neanche la parrocchia, anche se ho tantissimi amici, ma così senza significato, senza avere nessun risultato pratico, senza nemmeno un'approvazione; ormai nemmeno il movimento dei pretioperai credo non può più avere neppure la speranza di un riconoscimento da parte della Chiesa perché son così tanti anni..., a vuoto, inutile, senza senso.
Mi consolo sempre con la parabola del seminatore che getta via il suo seme e qualche tempo fa mi è venuta questa considerazione che mi ha straordinariamente consolato. Fabio, te la dico perché può darsi che sia di consolazione anche per te, questo seminatore che getta via il suo seme e cade sulla strada e i passerotti glielo beccano, ma lui non se ne interessa per niente, e gli cade sopra i sassi e non porta frutto e gli cade tra le spine e rimane soffocato, va anche nella terra buona ma lui non guarda nient.. e sapete di che cosa è contento quest'uomo? Ecco la considerazione che mi è venuta: di avere alla sera, il sacco vuoto perché ha dato via tutto il suo seme, l'ha gettato tutto. Ecco, vedi Fabio, le nostre consolazioni: quello di aver dato tutto. Tutto, senza avere nessun risultato. E ultimamente ho anche con lettera a tutti i miei fratelli della mia diocesi il sostentamento del clero perché non voglio avere un sostentamento da quella chiesa e da quella diocesi che mai mi ha accolto o gradito nella pastorale che in qualche modo pure ho vissuto. Niente; così vivrò in qualche maniera, ma assolutamente nemmeno questa cosa ho potuto e voluto accettare.
Scusatemi ora tutto questo mio parlare così, ma vi accorgerete che è proprio a gran cuore e mi sembra proprio di parlare con fratelli e sorelle che, sì, insomma diranno a questo punto: ma non la smette più! Certo che la smetto immediatamente! Ma vi ringrazio perché mi avete dato l'occasione insieme a don Fabio di poter aprire qualcosa di quello che porto dentro e poterlo comunicare, offrire così a gran cuore. Perché queste sono le consolazioni, queste sono le gioie vere, profonde: questo parlarci cuore a cuore, questo offrire con semplicità, con serenità, non parole ma una vita e carne e sangue e anima e Fede e Speranza, tutto! Perché tutto è stato indiscutibilmente giocato per la gloria di Dio e per una testimonianza di fede cristiana tra i fratelli e le sorelle.



Sirio


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1991, Ottobre 1991

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