Queste paginette...

Quando - e son passati quasi quattro anni - decisi di mettere il mio nome nell'elenco speciale dell'albo dei giornalisti per continuare Lotta come Amore dopo la morte di Sirio, avevo, più che idee chiare, una istintività forte in me. Non presi neppure in considerazione una prosecuzione del giornaletto tutta legata ad un rispetto per la memoria di Sirio e ai tanti amici che lo seguivano, anche se questa motivazione ebbe un suo peso tutto particolare in ordine alla continuità. Sentivo però nel profondo che occorreva accogliere molto onestamente la consapevolezza che stava per nascere un'avventura diversa dalla precedente. E avvertivo che proprio la radicazione in ciò che, fino ad allora, era stato comune per amicizia e condivisione, premeva perché si realizzasse la libertà di proporsi senza tentennamenti come novità.
Sono ben consapevole che Beppe ed io non rappresentiamo una novità nel senso stretto della parola! Ma nuove si presentavano le condizioni del nostro cammino comune e quindi anche di queste paginette prima letteralmente colmate dalla penna, dal cuore, dallo spirito di Sirio.
Non mi e' difficile confessare di non aver avuto altro che questa istintività condita di ingenuità e presupponenza insieme. Tant'è che la mia maggior preoccupazione fino ad oggi, è stata quella di non mancare all' appuntamento dei quattro numeri sia pure distribuiti irregolarmente nell'arco dell'anno. Maggiore preoccupazione rispetto ai contenuti del giornaletto, intendo.
Avercela fatta finora - grazie a Dio, innanzi tutto, e poi a Beppe, Arturo e a tutte le collaborazioni non firmate ma non per questo meno preziose -, è già un motivo di soddisfazione. Ma, appunto, questa fedeltà non solo non esaurisce, ma non ha neppure grande importanza nel contesto di questo giornaletto il cui titolo è così fragile nei confronti di possibili stiracchiamenti spiritualistici e intenzionalistici per cui l'amore può restare solo un sentimento e la lotta qualsiasi interiore rimescolamento.
Chi ci ha seguito in questi ultimi anni non può non aver notato una altalena di risultati nel modo di comporre il giornale e nei suoi contenuti. Essa segue l'altalena della nostra vita, della nostra presenza, della nostra più o meno cosciente identità di gente che vive qui nella Chiesetta del Porto. Questo mi appare non solo come un dato scontato per una pubblicazione come questa molto personalizzata, ma soprattutto un dato caratteristico da coltivare con attenzione fino al punto da mettere in questione la stessa fedeltà alla periodicità. Non si tratta tanto, per Beppe e per me, di mettere giù per iscritto un diario, una cronaca di avvenimenti, una riflessione giusto per fare uscire il giornalino. Pur attraverso la sua veste modesta, i discorsi più o meno centrati, la ripetizione a volte ossessiva dei temi e delle espressioni, ecc. ecc., queste paginette sono soprattutto la misura della nostra umile ma reale apertura "a tutto il mondo". Può sembrare davvero smisurato orgoglio e grandissima scemenza, ma dopotutto - e mi si scusi il bisticcio di parole - un porto, un vero porto, non può chiudere... la porta! E' necessariamente ospitale con tutti: per rifugio, riposo, riparazione, rifornimento... ma altrettanto necessariamente solo in funzione di RI-PRENDERE il mare. Anche se a volte - tante volte il porto si angoscia letteralmente vedendo quanta gente prende il mare affidandosi solo alla propria deriva. Questo giornaletto è misura quindi del nostro essere "porto": a noi stessi, agli amici come ai nemici, ai vicini come a coloro che vengono da lontano. E lo è "misura" non solo dalle parole che scriviamo, ma anche dai nostri silenzi che segnano i tempi della contraddizione e della sempre faticosa ricerca di autenticità.
Non preoccupatevi troppo quindi,cari amici lettori, se continueremo ad essere così poco precisi nelle nostre uscite. La responsabilità della tipografia e delle Poste è davvero minima nei confronti di questa nostra altalena tra parola e silenzio, silenzio e parola che segnano comunque i ritmi regolarmente atipici di questa nostra fedeltà di vita. Questo nostro lasciarsi andare ai ritmi ineguali di un andirivieni che non è solo di persone, ma di idee, impegni, lotte e, perché no, anche di convinzioni. Purché tutto non si risolva in uno smantellamento, ma in una continua ripresa.
* * *
Quale comunicazione queste paginette possono favorire? Esse paiono composte per lo più da monologhi recitati per un cerchio ristretto di persone già introdotte. Specie quando sono io a scrivere... !
Riflettendo in me stesso, parlandone con diverse persone, mi sono convinto che Lotta come Amore può avere una ragion d'essere in quanto esprime la fiducia di poter comunicare qualcosa di se. Non soltanto la propria esperienza, i propri impegni, le proprie lotte, ma quel sottile filo interiore che unisce - ombelico vitale - la coscienza di essere immersi in un rapporto di amore con la necessità di rompere ogni ristagno, pigrizia o intorpidimento che rende opaca la genuina trasparenza della vita. Quella turbolenza apparentemente caotica che ogni essere che si apre alla vita porta dentro e che vigila affinché gli occhi del cuore non si chiudano stanchi di solitudini e di amarezze.
Non è facile comunicare di se senza finire per raccontarsi, senza affrontare le forche caudine della vanità e del narcisismo. Non è facile soprattutto perché questa comunicazione, quando avviene realmente, trabocca l'esistenza fino a renderla nuova, irriconoscibile, e crea una necessità di riconciliazione con il nuovo di se che solo autentici anche se anonimi facitori di pace possono compiere senza irradiare veleni di angosce o esaltazioni.
Forse può aiutare una certa dose di autoironia oltre ad un'infantile, innocente spudoratezza. Ma sicuramente non è qui la chiave.
Eppure sento che questa - ancor non ben tracciata - è una linea di ricerca da perseguire attraverso queste paginette. Vorrei inoltrarmi di più su questo terreno ed incontrare persone che affrontano e soffrono questo cammino, che accettano consapevolmente di trasferire dal sapere e dal fare all'essere il livello della loro comunicazione.
Queste paginette sono aperte a questo e spero fiorisca il tentativo di offrire non tanto uno spazio bianco da occupare quanto una spinta fraterna perché ciascuno trovi modo e stile, luogo e mezzo perché questa comunicazione che ci espropria per poterci donare come nuovi a noi stessi e agli altri possa avvenire nella vita.


Luigi


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1991, Ottobre 1991

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